Ciaikovski con gli occhi a mandorla
Ciaikovski con gli occhi a mandorla IL TOKYO BALLET QUESTA SERA AL PALASPORT Ciaikovski con gli occhi a mandorla La Compagnia giapponese replica (all'occidentale) "Lo schiaccianoci" Terzo e ultimo dei grandi balletti dì Ciaikovski, Lo schiaccianoci è approdato a Torino, a chiusura della stagione lirica d'autunno organizzata dal Regio al Palazzo dello Sport, in un'edizione indubbiamente originale. Non tanto per la coreografia che, sia pure sommariamente, si rifà a quella, conosciutissima, creata da Vainonen nel 1934 per il Kirov di Leningrado, ma per gli esecutori: una sessantina di danzatori e danzatrici giapponesi. Sembrerebbe che il balletto romantico-accademico occidentale debba risultare affatto estraneo alla mentalità e ai gusti di un popolo che della dama ha concezioni ed espressioni diversissime da quelle europee: il Tokyo Ballet vuole dimostrare il contrario. Questo complesso, la cui denominazione è «Ciaikovski Memorial Tokyo Ballet Company», non ha neppure dieci anni di vita. Fu fondato nel 1964 all'interno di una scuola di danza sorta quattro anni prima con la collaborazione e il contributo, naturalmente determinanti, di alcuni maestri del Bolscioi. Il che spiega sia la scelta della versione Vainonen per la coreografia che Hideteru Kitahara, anche primo ballerino e. interprete del ruolo del principe, ha cu- rato per questo Schiaccianoci, sia le caratteristiche tecniche del corpo di ballo e dei solisti nonostante la loro diversità fisica, contro la quale essi devono avere coraggiosamente lottato, dai modelli sovietici. E' abbastanza evidente che i ballerini nipponici sono ancora alle prime armi, occorrono decenni per creare una scuola e una tradizione ballettistica, ma è anche evidente che hanno già compiuto un notevole cammino e che, di questo passo, fra non molti anni il Tokyo Ballet potrà rivaleggiare con le più agguerrite compagnie dell'Occidente. Per ora è in una fase, diciamo così, ancora artigianale, contrassegnata da una grande diligenza e pulizia e da una ferrea volontà di riuscire. Lo spettacolo che il complesso ha offerto, nonostante le manchevolezze emerse soprattutto nel grande divertissement del secondo atto, è stato di un livello se non altro dignitoso. Certo, libretto e coreografia (come in tutte le edizioni sostanzialmente ancora quelli originari del 1892 di Petipa, o più esattamente di Ivanovj appaiono estremamente semplificati. La favola natalizia — un racconto di Hoffman edulcorato da Alessandro Dumas — della bambina che sogna la trasformazione in principe azzurro di uno schiaccianoci avuto in dono e con lui cavalca attraverso fantastiche avventure, è proposta nelle I sue linee più elementari, non ! dico senza i risvolti freudiani i dati ad essa da Nurejev, ma ' neppure senza quella comj plessità di intreccio che lascia \ intravedere la semplice lettu• ra dell'argomento contenuta ! nel programma. Eppure lo spettacolo, che si replica ancora stasera, ha un I suo stile e una sua piacevolez! za, anche nei costumi (la sceI nografia invece è ridotta necessariamente all'essenziale), i e ha incuriosito e divertito gli spettatori della prima di sabato sera, e alla fine li ha anche entusiasmati sino a spingerli sotto il palco a stringere le mani dei due primi ballerini. Uno dei quali era il citato Kitahara, ma della sua partner, come di tutti gli altri solisti, il programma non riportava i nomi che, del resto, non avrebbero potuto dire molto al pubblico torinese. Il quale tuttavia, anche senza di essi, conserverà del Tokyo Ballet e della sua ingenua freschezza un buon ricordo. Alberto Blandi Un passaggio dello "Schiaccianoci" interpretato dalle danzatrici del Tokyo Ballet sabato sera al Palasport Ciaikovski con gli occhi a mandorla IL TOKYO BALLET QUESTA SERA AL PALASPORT Ciaikovski con gli occhi a mandorla La Compagnia giapponese replica (all'occidentale) "Lo schiaccianoci" Terzo e ultimo dei grandi balletti dì Ciaikovski, Lo schiaccianoci è approdato a Torino, a chiusura della stagione lirica d'autunno organizzata dal Regio al Palazzo dello Sport, in un'edizione indubbiamente originale. Non tanto per la coreografia che, sia pure sommariamente, si rifà a quella, conosciutissima, creata da Vainonen nel 1934 per il Kirov di Leningrado, ma per gli esecutori: una sessantina di danzatori e danzatrici giapponesi. Sembrerebbe che il balletto romantico-accademico occidentale debba risultare affatto estraneo alla mentalità e ai gusti di un popolo che della dama ha concezioni ed espressioni diversissime da quelle europee: il Tokyo Ballet vuole dimostrare il contrario. Questo complesso, la cui denominazione è «Ciaikovski Memorial Tokyo Ballet Company», non ha neppure dieci anni di vita. Fu fondato nel 1964 all'interno di una scuola di danza sorta quattro anni prima con la collaborazione e il contributo, naturalmente determinanti, di alcuni maestri del Bolscioi. Il che spiega sia la scelta della versione Vainonen per la coreografia che Hideteru Kitahara, anche primo ballerino e. interprete del ruolo del principe, ha cu- rato per questo Schiaccianoci, sia le caratteristiche tecniche del corpo di ballo e dei solisti nonostante la loro diversità fisica, contro la quale essi devono avere coraggiosamente lottato, dai modelli sovietici. E' abbastanza evidente che i ballerini nipponici sono ancora alle prime armi, occorrono decenni per creare una scuola e una tradizione ballettistica, ma è anche evidente che hanno già compiuto un notevole cammino e che, di questo passo, fra non molti anni il Tokyo Ballet potrà rivaleggiare con le più agguerrite compagnie dell'Occidente. Per ora è in una fase, diciamo così, ancora artigianale, contrassegnata da una grande diligenza e pulizia e da una ferrea volontà di riuscire. Lo spettacolo che il complesso ha offerto, nonostante le manchevolezze emerse soprattutto nel grande divertissement del secondo atto, è stato di un livello se non altro dignitoso. Certo, libretto e coreografia (come in tutte le edizioni sostanzialmente ancora quelli originari del 1892 di Petipa, o più esattamente di Ivanovj appaiono estremamente semplificati. La favola natalizia — un racconto di Hoffman edulcorato da Alessandro Dumas — della bambina che sogna la trasformazione in principe azzurro di uno schiaccianoci avuto in dono e con lui cavalca attraverso fantastiche avventure, è proposta nelle I sue linee più elementari, non ! dico senza i risvolti freudiani i dati ad essa da Nurejev, ma ' neppure senza quella comj plessità di intreccio che lascia \ intravedere la semplice lettu• ra dell'argomento contenuta ! nel programma. Eppure lo spettacolo, che si replica ancora stasera, ha un I suo stile e una sua piacevolez! za, anche nei costumi (la sceI nografia invece è ridotta necessariamente all'essenziale), i e ha incuriosito e divertito gli spettatori della prima di sabato sera, e alla fine li ha anche entusiasmati sino a spingerli sotto il palco a stringere le mani dei due primi ballerini. Uno dei quali era il citato Kitahara, ma della sua partner, come di tutti gli altri solisti, il programma non riportava i nomi che, del resto, non avrebbero potuto dire molto al pubblico torinese. Il quale tuttavia, anche senza di essi, conserverà del Tokyo Ballet e della sua ingenua freschezza un buon ricordo. Alberto Blandi Un passaggio dello "Schiaccianoci" interpretato dalle danzatrici del Tokyo Ballet sabato sera al Palasport
Luoghi citati: Leningrado, Tokyo, Torino
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