Chiuso il convegno di giudici e giornalisti s'attende ora un intervento del legislatore di Ferruccio BorioSauro Manca

Chiuso il convegno di giudici e giornalisti s'attende ora un intervento del legislatore La giustizia e la necessità di una libera informazione Chiuso il convegno di giudici e giornalisti s'attende ora un intervento del legislatore Il capocronista de "La Stampa" Ferruccio Borio: "Il giornalista deve servire la verità, la giustizia, la libertà" - Esposizione di una drammatica casistica rilevata in tanti anni di esperienza - Contestato intervento del giudice Ramat - Magistrati in contrasto sul segreto istruttorio: c'è chi lo vorrebbe eliminare completamente, chi lo vorrebbe soltanto ridurre Con la relazione di sintesi presentata dal dottor Ferruccio Borio, capo cronista de La Stampa, si è concluso ieri il quindicesimo Congresso dell'Associazione nazionale magistrati. I risultati del dibattito aperto fra giudici e giornalisti non sono immediati, ma condurranno ad un'evoluzione del diritto in tema di segreto istruttorio e dei reati di opinione non appena il potere legislativo si accingerà a risolvere l'annoso problema della riforma dei codici. Primo a prendere la parola ieri mattina davanti alla grande assise è stato l'avvocato Silvano Rho, consigliere nazionale della federazione della Stampa, il quale ha affermato che la linea dell'organizzazione unitaria dei giornalisti italiani è indirizzata verso una radicale modifica delle norme di legge «ispirate a principi autoritari in contrasto con l'ordinamento democratico». Il giudice dottor Marcello Maddalena ha distinto fra il diritto di manifestare il pensiero proprio ed il diritto di essere posto a conoscenza di fatti altrui e di divulgarli; ha riprovato che, mentre si vuole sancire il diritto del giornalista a conoscere sempre gli atti processuali, si vorrebbe invece introdurre la norma secondo cui i giornalisti non potrebbero essere obbligati a rivelare i nomi delle persone che hanno fornito le notizie. Dell'informazione televisiva si è interessato il giudice dottor Giovanni Palombarini il quale ha elencato gli esempi di «non corretta informazione» da parte del telegiornale. L'istruttoria A fasore del segreto istruttorio si è pronunciato il giudice dottor La Monaca, il quale ha detto che si deve tutelare l'interesse dell'imputato a non subire condanne morali prima che la sentenza abbia accertato la sua colpevolezza. Contrario alla tesi precedente, ma anche contrastato da parte dei congressisti, è stato il segretario di «Magistratura democratica» Marco Ramat. Il giudice dottor Cucco ha contrastato la tesi emersa al congresso di Perugia, secondo la quale la disfunzione della giustizia è da attribuire alla pigrizia dei suoi componenti, e l'ha attribuita alla mancanza di mezzi. Il sostituto procuratore generale dottor La Cava si è pronunciato contro la critica dei gruppi di magistrati. Il giudice dottor Franco ha detto che « conservare l'attuale rigorosa normativa sul segreto istruttorio significa combattere una battaglia di retroguardia». L'abolizione dei segreti e dei reati di opinione è stata chiesta dal giudice dottor Calabrese. Una rielaborazione del rapporto «giustiziastampa» è stata auspicata dal giudice dottor Lupo. Il dottor Scalia è favorevole «alla più ampia libertà di stampa purché non si limiti al fatto iniziale ma anche a quello conclusivo, specialmente quando l'imputato è assolto». Il pretore dottor Cicala ha rilevato che un'istruttoria senza segreto non ha senso, specialmente quando si tratta del reato di peculato. Altri interventi sono stati apportati da parte del dottor Bonelli, del dottor Pastore, del dottor BuscaglinoStrambio, del dottor Protetì. Informazione Il giornalista Giancarlo Carcano, della giunta esecutiva della Federazione stampa, ha ricordato la lotta, dal '22 al '26, della Federazione per opporsi alla «fascistizzazione della stampa» ed ha aggiunto: «In questo dopoguerra non si riuscì a rompere taluni nessi con il giornalismo di regime». Il pubblicista avvocato Franco Silvestri ha detto che i temi comuni fra giustizia e stampa devono spostarsi verso la formazione del cittadino in funzione di un nuovo Stato. Terminati gli interventi e concluso il dibattito, il presidente dottor Serra ha dato la parola al dottor Borio che ha premesso: «La libertà d'informazione e di discussione con particolare riguardo alle pubbliche istituzioni è uno dei principi fondamentali della società democratica e del rapporto democratico tra i cittadini e le istituzioni. Non parlo come giurista, perché non lo sono, e nemmeno strettamente come giornalista a fini corporativi, perché non è mio costume. Mi servirò della larga dottrina che avete portato a questo congresso e di quel bagaglio di esperienze accumulate nella mia attività professionale da quando, nel '45, sono arrivato al palazzo de La Stampa scendendo da una camionetta partigiana, armi alla mano e cuore pieno di ideali e di speranze. Eravamo giovani e si volevano tante cose, quelle soprattutto che il fascismo aveva negato al popolo italiano per oltre vent'anni». «Con il ritorno della democrazia — ha proseguito l'oratore — molte cose si so- no fatte, anche sostanziali. Ma, lasciatemelo dire, proprio in questi anni in cui il fascismo tenta di risorgere non più strisciante ma pieno di iattanza ed alla luce del sole grazie alle nostre libertà costituzionali, molto ancora rimane da fare. Bisogna dare al giornalismo un'impronta netta contro l'autoritarismo settario e. a favore di quella giustizia e di quella libertà per la quale sono morti tanti nostri compagni». Gli esempi Il dott. Borio ha citato una ricca casistica di episodi accadutigli durante la sua direzione della cronaca de « La Stampa ». L'assassino che, scarcerato a pena espiata, pretese un indennizzo per la pubblicazione della sua liberazione e la rievocazione dei fatti di cui era stato protagonista. Gli eredi di un professionista rimasto vittima di un furto hanno mosso causa al giornale perché la pubblicazione del fatto ha recato un danno allo studio. Un giornalista contatta il responsabile di un reato, prima che la magistratura se ne interessi. Lo intervista, poi lo consegna alla polizia. Viene incriminato per violazione di atti istruttori. Sono episodi significativi che toccano ì punti oggetto del dibattito: incertezze delle norme, genericità del diritto d'informazione, contrasti sul rispetto della personalità umana, tutela della libertà di pensiero e di comunicazione. Il dott. Borio è contrario all'interpretazione di Domenico Bartoli secondo il quale la pubblicazione di una condanna come seconda pena ha scopo terapeutico o sociale. Altro intervento utile dei giornali è stata l'inchiesta sui rapporti cliniche-università, « senza la quale — disse un magistrato — noi non saremmo mai arrivati ad un'incriminazione ». Ricerca giornalistica e inchiesta giudiziaria sono proseguite senza interferenze e nel massimo rispetto dei propri compiti. « Analoghe inchieste — ha rilevato il dott. Borio — sono cominciate in altre città d'Italia. Ma dopo brevi notizie non s'è più saputo nulla. Per Torino un fatto è certo: il coraggio e la serietà di un'equipe giornalistica e di un magistrato hanno sollevato un velo su un problema di interesse nazionale ». Riagganciandosi al tema del congresso il dott. Borio ha auspicato: la soppressione dei reati di mera opinione, o la revisione della relativa disciplina per renderla conforme alle direttive costituzionali, in modo che non intralci la libera manifestazione di pensiero; la revisione della disciplina del segreto istruttorio in modo da limitarlo alle misure necessarie per garantire la funzionalità dell'istruzione; il ri¬ conoscimento della funzione fondamentale della libertà di critica e della pluralità dell'informazione su tutti gli aspetti del funzionamento della giustizia come forma di controllo da parte della pubblica opinione, ferma restando l'indipendenza della magistratura. Ed ha concluso: «Come giornalista affermo: il giornalista, organizzato nella Federazione nazionale della Stampa italiana e sotto la tutela dell'Ordine nazionale dei giornalisti, deve servire esclusivamente verità giustizia e libertà. Nel quadro di una nuova normativa, delineata come emerge dai punti sopra riferità, potrebbero cessare le ragioni anche per rivendicare un segreto professionale per i giornalisti e sarebbe opportuno rinunciare alla creazione di uffici stampa presso la magistratura per instaurare un rapporto diretto e responsabile tra giudici e giornalisti. E' evidente che con questo sforzo comune a questa breve sintesi noi non pensiamo affatto di fornire la carta taumaturgica per risolvere il problema "giustizia-informazione". Ma è stata un'occasione per riunire le idee e sottoporle all'esame dell'opinione pubblica». Sauro Manca II capocronista de « La Stampa » Ferruccio Borio (a destra) con il presidente della Provincia Elio Borgogno e l'assessore comunale Vinciguerra durante una pausa Chiuso il convegno di giudici e giornalisti s'attende ora un intervento del legislatore La giustizia e la necessità di una libera informazione Chiuso il convegno di giudici e giornalisti s'attende ora un intervento del legislatore Il capocronista de "La Stampa" Ferruccio Borio: "Il giornalista deve servire la verità, la giustizia, la libertà" - Esposizione di una drammatica casistica rilevata in tanti anni di esperienza - Contestato intervento del giudice Ramat - Magistrati in contrasto sul segreto istruttorio: c'è chi lo vorrebbe eliminare completamente, chi lo vorrebbe soltanto ridurre Con la relazione di sintesi presentata dal dottor Ferruccio Borio, capo cronista de La Stampa, si è concluso ieri il quindicesimo Congresso dell'Associazione nazionale magistrati. I risultati del dibattito aperto fra giudici e giornalisti non sono immediati, ma condurranno ad un'evoluzione del diritto in tema di segreto istruttorio e dei reati di opinione non appena il potere legislativo si accingerà a risolvere l'annoso problema della riforma dei codici. Primo a prendere la parola ieri mattina davanti alla grande assise è stato l'avvocato Silvano Rho, consigliere nazionale della federazione della Stampa, il quale ha affermato che la linea dell'organizzazione unitaria dei giornalisti italiani è indirizzata verso una radicale modifica delle norme di legge «ispirate a principi autoritari in contrasto con l'ordinamento democratico». Il giudice dottor Marcello Maddalena ha distinto fra il diritto di manifestare il pensiero proprio ed il diritto di essere posto a conoscenza di fatti altrui e di divulgarli; ha riprovato che, mentre si vuole sancire il diritto del giornalista a conoscere sempre gli atti processuali, si vorrebbe invece introdurre la norma secondo cui i giornalisti non potrebbero essere obbligati a rivelare i nomi delle persone che hanno fornito le notizie. Dell'informazione televisiva si è interessato il giudice dottor Giovanni Palombarini il quale ha elencato gli esempi di «non corretta informazione» da parte del telegiornale. L'istruttoria A fasore del segreto istruttorio si è pronunciato il giudice dottor La Monaca, il quale ha detto che si deve tutelare l'interesse dell'imputato a non subire condanne morali prima che la sentenza abbia accertato la sua colpevolezza. Contrario alla tesi precedente, ma anche contrastato da parte dei congressisti, è stato il segretario di «Magistratura democratica» Marco Ramat. Il giudice dottor Cucco ha contrastato la tesi emersa al congresso di Perugia, secondo la quale la disfunzione della giustizia è da attribuire alla pigrizia dei suoi componenti, e l'ha attribuita alla mancanza di mezzi. Il sostituto procuratore generale dottor La Cava si è pronunciato contro la critica dei gruppi di magistrati. Il giudice dottor Franco ha detto che « conservare l'attuale rigorosa normativa sul segreto istruttorio significa combattere una battaglia di retroguardia». L'abolizione dei segreti e dei reati di opinione è stata chiesta dal giudice dottor Calabrese. Una rielaborazione del rapporto «giustiziastampa» è stata auspicata dal giudice dottor Lupo. Il dottor Scalia è favorevole «alla più ampia libertà di stampa purché non si limiti al fatto iniziale ma anche a quello conclusivo, specialmente quando l'imputato è assolto». Il pretore dottor Cicala ha rilevato che un'istruttoria senza segreto non ha senso, specialmente quando si tratta del reato di peculato. Altri interventi sono stati apportati da parte del dottor Bonelli, del dottor Pastore, del dottor BuscaglinoStrambio, del dottor Protetì. Informazione Il giornalista Giancarlo Carcano, della giunta esecutiva della Federazione stampa, ha ricordato la lotta, dal '22 al '26, della Federazione per opporsi alla «fascistizzazione della stampa» ed ha aggiunto: «In questo dopoguerra non si riuscì a rompere taluni nessi con il giornalismo di regime». Il pubblicista avvocato Franco Silvestri ha detto che i temi comuni fra giustizia e stampa devono spostarsi verso la formazione del cittadino in funzione di un nuovo Stato. Terminati gli interventi e concluso il dibattito, il presidente dottor Serra ha dato la parola al dottor Borio che ha premesso: «La libertà d'informazione e di discussione con particolare riguardo alle pubbliche istituzioni è uno dei principi fondamentali della società democratica e del rapporto democratico tra i cittadini e le istituzioni. Non parlo come giurista, perché non lo sono, e nemmeno strettamente come giornalista a fini corporativi, perché non è mio costume. Mi servirò della larga dottrina che avete portato a questo congresso e di quel bagaglio di esperienze accumulate nella mia attività professionale da quando, nel '45, sono arrivato al palazzo de La Stampa scendendo da una camionetta partigiana, armi alla mano e cuore pieno di ideali e di speranze. Eravamo giovani e si volevano tante cose, quelle soprattutto che il fascismo aveva negato al popolo italiano per oltre vent'anni». «Con il ritorno della democrazia — ha proseguito l'oratore — molte cose si so- no fatte, anche sostanziali. Ma, lasciatemelo dire, proprio in questi anni in cui il fascismo tenta di risorgere non più strisciante ma pieno di iattanza ed alla luce del sole grazie alle nostre libertà costituzionali, molto ancora rimane da fare. Bisogna dare al giornalismo un'impronta netta contro l'autoritarismo settario e. a favore di quella giustizia e di quella libertà per la quale sono morti tanti nostri compagni». Gli esempi Il dott. Borio ha citato una ricca casistica di episodi accadutigli durante la sua direzione della cronaca de « La Stampa ». L'assassino che, scarcerato a pena espiata, pretese un indennizzo per la pubblicazione della sua liberazione e la rievocazione dei fatti di cui era stato protagonista. Gli eredi di un professionista rimasto vittima di un furto hanno mosso causa al giornale perché la pubblicazione del fatto ha recato un danno allo studio. Un giornalista contatta il responsabile di un reato, prima che la magistratura se ne interessi. Lo intervista, poi lo consegna alla polizia. Viene incriminato per violazione di atti istruttori. Sono episodi significativi che toccano ì punti oggetto del dibattito: incertezze delle norme, genericità del diritto d'informazione, contrasti sul rispetto della personalità umana, tutela della libertà di pensiero e di comunicazione. Il dott. Borio è contrario all'interpretazione di Domenico Bartoli secondo il quale la pubblicazione di una condanna come seconda pena ha scopo terapeutico o sociale. Altro intervento utile dei giornali è stata l'inchiesta sui rapporti cliniche-università, « senza la quale — disse un magistrato — noi non saremmo mai arrivati ad un'incriminazione ». Ricerca giornalistica e inchiesta giudiziaria sono proseguite senza interferenze e nel massimo rispetto dei propri compiti. « Analoghe inchieste — ha rilevato il dott. Borio — sono cominciate in altre città d'Italia. Ma dopo brevi notizie non s'è più saputo nulla. Per Torino un fatto è certo: il coraggio e la serietà di un'equipe giornalistica e di un magistrato hanno sollevato un velo su un problema di interesse nazionale ». Riagganciandosi al tema del congresso il dott. Borio ha auspicato: la soppressione dei reati di mera opinione, o la revisione della relativa disciplina per renderla conforme alle direttive costituzionali, in modo che non intralci la libera manifestazione di pensiero; la revisione della disciplina del segreto istruttorio in modo da limitarlo alle misure necessarie per garantire la funzionalità dell'istruzione; il ri¬ conoscimento della funzione fondamentale della libertà di critica e della pluralità dell'informazione su tutti gli aspetti del funzionamento della giustizia come forma di controllo da parte della pubblica opinione, ferma restando l'indipendenza della magistratura. Ed ha concluso: «Come giornalista affermo: il giornalista, organizzato nella Federazione nazionale della Stampa italiana e sotto la tutela dell'Ordine nazionale dei giornalisti, deve servire esclusivamente verità giustizia e libertà. Nel quadro di una nuova normativa, delineata come emerge dai punti sopra riferità, potrebbero cessare le ragioni anche per rivendicare un segreto professionale per i giornalisti e sarebbe opportuno rinunciare alla creazione di uffici stampa presso la magistratura per instaurare un rapporto diretto e responsabile tra giudici e giornalisti. E' evidente che con questo sforzo comune a questa breve sintesi noi non pensiamo affatto di fornire la carta taumaturgica per risolvere il problema "giustizia-informazione". Ma è stata un'occasione per riunire le idee e sottoporle all'esame dell'opinione pubblica». Sauro Manca II capocronista de « La Stampa » Ferruccio Borio (a destra) con il presidente della Provincia Elio Borgogno e l'assessore comunale Vinciguerra durante una pausa

Luoghi citati: Italia, Perugia, Torino