Le vele di Portsmouth "bianchi fantasmi,, fra tuoni e lampi nella notte, sulla Manica di Doi Malingri

Le vele di Portsmouth "bianchi fantasmi,, fra tuoni e lampi nella notte, sulla Manica Prime ore della grande regata sulle rotte attorno al mondo Le vele di Portsmouth "bianchi fantasmi,, fra tuoni e lampi nella notte, sulla Manica "Temporali, ma poco vento — radiotelefona il nostro inviato da bordo del Koala di Doi Malingri — il Canale è frequentato come una metropolitana" - Poche le notizie degli altri equipaggi: gli yachts hanno scelto rotte diverse (Dal nostro inviato speciale) Da bordo dello Cserb-Koala, 9 settembre. Da venti ore siamo impegnati nella prima tappa della Regata velica intorno al mondo. Doi Maligri, il comandante, legge; Sandro Loiacono, suo vice, gioca a scacchi con Riccardo Tosti; Alberto Passi sta al timone, assistito dalla giovane Cristina Monti. C'è sole. Tutto darebbe l'impressione di una pacifica seppure gigantesca crociera di 7200 miglia da Portsmouth alla punta meridionale dell'Africa. Nella notte, con vento sui 19 nodi, abbiamo cambiato vele otto volte. La barca cammina davvero. Robert Clark, il progettista dell'ultimo Gipsy Moth di Chichester ha fatto veramente un ottimo lavoro. Stamane alle otto e venti abbiamo avvistato una grossa vela. Pensando si trattasse di un concorrente, ci siamo impegnati per raggiungerlo. In un'ora e mezzo il bianco yacht molto più lungo e quindi teoricamente più veloce del nostro era superato. Tre belle ragazze e quattro uomini che stavano in coperta ci hanno salu- tati e fotografati con curiosità. Si tratta del Francia 1920 iscritto alla Round the world race. Sappiamo ben poco degli altri concorrenti. In regata si cerca quanto più possibile di viaggiare in incognito. I conti si faranno all'arrivo. Pascoli ed il suo Tauranga è stato uno degli ultimi avvistati ieri verso le 17. Al via da Portsmouth, Erik aveva distanziato sia noi che il «Guia» di Falk. Dopo cinque ore siamo però riusciti a portarci al suo fianco. Per una decina di minuti, bordo a bordo, Pascoli e Doi Malingri si sono scambiati messaggi. Erik ha chiesto se sapevamo la posizione di altre barche e a sua volta ha dato quelle che conosceva. Poi un saluto e lo Cserb gradatamente è passato avanti mentre il Tauranga allargava. Non c'è stato scambio di auguri. La rivalità è forte. Nella notte mentre si scatenava un temporale furioso con molta acqua e purtroppo con poco vento, abbiamo rivisto il Second Life, l'Otango ed altri due yachts non identificati ma sicuramente in corsa. Sotto i lampi che illuminavano a giorno il me.re i grossi colorati spinnaker assumevano aspetti mostruosi. Quando poi sono state accese le luci di crocetta durante le manovre il Second Life è parso per un istante un vascello fantasma. Paolo Bertoldi Lo yacht « Tauranga » di Erik Pascoli alla partenza della grande regata (Nostro servizio particolare) Da bordo del « Tauranga », 9 settembre. Erik Pascoli ha trasmesso: «Ci troviamo nel nostro vero ambiente, e i mille problemi che ci hanno angustiato fino all'ultimo sono alle nostre spalle. Il Tauranga è pronto per affrontare questa regata. A bordo siamo in undici: io, il secondo Guido Piazzini, mia moglie Zara e otto uomini, divisi in due guardie. Di questi undici, quattro sono italiani, cinque francesi e due svizzeri. Mi sarebbe piaciuto avere un equipaggio tutto italiano, ma per un complesso di ragioni è stato impossibile». «Nei giorni trascorsi a Portsmouth abbiamo potuto constatare con i nostri occhi che abbiamo alcuni avversari formidabili: il Pen Duick di Erik Tabarly, il Great Britain II di Chay Blyth e — se riuscirà a completare nel corso della prima tappa i lavori di bordo, anche il Burton Cutter di Leslie Williams saranno molto difficili da battere. Tra l'altro, il regolamento, pubblicato in forma integrale a sole quarantotto ore dalla partenza, li favorisce in modo eccessivo, perché il loro «handicap» nei confronti delle imbarcazioni più piccole, calcolato con il sistema del «time on distance», è affatto insufficiente per compensare la loro superiore velocità». «Se, per avventura, dovessimo avere ancora per diversi giorni un tempo simile a quello della partenza, cioè mare calmo e pochissimo vento, le barche più leggere potrebbero anche prendere su quelle più adatte al tempo cattivo un considerevole vantaggio. A mio avviso, la regata potrebbe decidersi nelle famigerate «Horses Latitudes», la zona delle calme tropicali così denominata nel '600 per¬ ché centinaia di cavalli inviati dagli spagnoli nelle loro colonie americane vi morivano di sete durante il trasporto. La barca che avrà la fortuna d'indovinare la rotta giusta, cioè di trovare l'ipotetico «buco» in questa cortina di bonaccia larga dalle tre alle quattrocento miglia, non avrà ancora vinto la tappa ma certo sarà, come si suol dire, a metà dell'opera». Erik Pascoli Le vele di Portsmouth "bianchi fantasmi,, fra tuoni e lampi nella notte, sulla Manica Prime ore della grande regata sulle rotte attorno al mondo Le vele di Portsmouth "bianchi fantasmi,, fra tuoni e lampi nella notte, sulla Manica "Temporali, ma poco vento — radiotelefona il nostro inviato da bordo del Koala di Doi Malingri — il Canale è frequentato come una metropolitana" - Poche le notizie degli altri equipaggi: gli yachts hanno scelto rotte diverse (Dal nostro inviato speciale) Da bordo dello Cserb-Koala, 9 settembre. Da venti ore siamo impegnati nella prima tappa della Regata velica intorno al mondo. Doi Maligri, il comandante, legge; Sandro Loiacono, suo vice, gioca a scacchi con Riccardo Tosti; Alberto Passi sta al timone, assistito dalla giovane Cristina Monti. C'è sole. Tutto darebbe l'impressione di una pacifica seppure gigantesca crociera di 7200 miglia da Portsmouth alla punta meridionale dell'Africa. Nella notte, con vento sui 19 nodi, abbiamo cambiato vele otto volte. La barca cammina davvero. Robert Clark, il progettista dell'ultimo Gipsy Moth di Chichester ha fatto veramente un ottimo lavoro. Stamane alle otto e venti abbiamo avvistato una grossa vela. Pensando si trattasse di un concorrente, ci siamo impegnati per raggiungerlo. In un'ora e mezzo il bianco yacht molto più lungo e quindi teoricamente più veloce del nostro era superato. Tre belle ragazze e quattro uomini che stavano in coperta ci hanno salu- tati e fotografati con curiosità. Si tratta del Francia 1920 iscritto alla Round the world race. Sappiamo ben poco degli altri concorrenti. In regata si cerca quanto più possibile di viaggiare in incognito. I conti si faranno all'arrivo. Pascoli ed il suo Tauranga è stato uno degli ultimi avvistati ieri verso le 17. Al via da Portsmouth, Erik aveva distanziato sia noi che il «Guia» di Falk. Dopo cinque ore siamo però riusciti a portarci al suo fianco. Per una decina di minuti, bordo a bordo, Pascoli e Doi Malingri si sono scambiati messaggi. Erik ha chiesto se sapevamo la posizione di altre barche e a sua volta ha dato quelle che conosceva. Poi un saluto e lo Cserb gradatamente è passato avanti mentre il Tauranga allargava. Non c'è stato scambio di auguri. La rivalità è forte. Nella notte mentre si scatenava un temporale furioso con molta acqua e purtroppo con poco vento, abbiamo rivisto il Second Life, l'Otango ed altri due yachts non identificati ma sicuramente in corsa. Sotto i lampi che illuminavano a giorno il me.re i grossi colorati spinnaker assumevano aspetti mostruosi. Quando poi sono state accese le luci di crocetta durante le manovre il Second Life è parso per un istante un vascello fantasma. Paolo Bertoldi Lo yacht « Tauranga » di Erik Pascoli alla partenza della grande regata (Nostro servizio particolare) Da bordo del « Tauranga », 9 settembre. Erik Pascoli ha trasmesso: «Ci troviamo nel nostro vero ambiente, e i mille problemi che ci hanno angustiato fino all'ultimo sono alle nostre spalle. Il Tauranga è pronto per affrontare questa regata. A bordo siamo in undici: io, il secondo Guido Piazzini, mia moglie Zara e otto uomini, divisi in due guardie. Di questi undici, quattro sono italiani, cinque francesi e due svizzeri. Mi sarebbe piaciuto avere un equipaggio tutto italiano, ma per un complesso di ragioni è stato impossibile». «Nei giorni trascorsi a Portsmouth abbiamo potuto constatare con i nostri occhi che abbiamo alcuni avversari formidabili: il Pen Duick di Erik Tabarly, il Great Britain II di Chay Blyth e — se riuscirà a completare nel corso della prima tappa i lavori di bordo, anche il Burton Cutter di Leslie Williams saranno molto difficili da battere. Tra l'altro, il regolamento, pubblicato in forma integrale a sole quarantotto ore dalla partenza, li favorisce in modo eccessivo, perché il loro «handicap» nei confronti delle imbarcazioni più piccole, calcolato con il sistema del «time on distance», è affatto insufficiente per compensare la loro superiore velocità». «Se, per avventura, dovessimo avere ancora per diversi giorni un tempo simile a quello della partenza, cioè mare calmo e pochissimo vento, le barche più leggere potrebbero anche prendere su quelle più adatte al tempo cattivo un considerevole vantaggio. A mio avviso, la regata potrebbe decidersi nelle famigerate «Horses Latitudes», la zona delle calme tropicali così denominata nel '600 per¬ ché centinaia di cavalli inviati dagli spagnoli nelle loro colonie americane vi morivano di sete durante il trasporto. La barca che avrà la fortuna d'indovinare la rotta giusta, cioè di trovare l'ipotetico «buco» in questa cortina di bonaccia larga dalle tre alle quattrocento miglia, non avrà ancora vinto la tappa ma certo sarà, come si suol dire, a metà dell'opera». Erik Pascoli

Luoghi citati: Africa, Francia, Zara