Dieci con lode al c.t. Defilippis

Dieci con lode al c.t. Defilippis Ha vinto anche tutta la squadra Dieci con lode al c.t. Defilippis (Dal nostro inviato speciale) Barcellona, 2 settembre. Felice Gimondi ha coronato da sua carriera con il successo più importante, l'unico che ancora gli mancava: aveva vinto due Giri d'Italia, aveva portato fino a Parigi la maglia gialla del Tour 1965, si era affermato in una Parigi-Roubaix, ma la maglia iridata gli era sempre sfuggita di mano, anche se le era andato molto vicino in due occasioni: nel 1970 a Leicester (terzo alle spalle del povero Mouse ré e di Mortensen) e due anni fa a Mendrisio, secondo dietro a Merckx. Sul rettilineo d'arrivo di Montjuich abbiamo visto spuntare per prima la sua alta figura vestita d'azzurro, in lotta a gomito a gomito con il giovane belga Maertens. In quei pochi secondi ci sono tornate in mente le parole con cui Felice, giovedì scorso, ci aveva confermato la sua decisione di non arrendersi fino all'ultimo centimetro di corsa. Si ricordava Mendrisio, si paventava la prospettiva di un'altra volata da perdere nel confronto con Merckx. Gimondi aveva commentato: « Una volata è sempre diversa dall'altra e questo sarà uno sprint di forza. Prima di disputarlo, non l'ho ancora perduto ». Gimondi passava per primo la linea, senza la possibilità — se no sarebbe caduto — di alzare le mani dal manubrio e dimostrare a braccia levate la sua incontenibile gioia. Ha continuato, è finito contro un muro di giornalisti, di pubblico, di polizia, da questo muro si sono sporte molte braccia, lo hanno sollevato, 10 hanno portato in trionfo sulle spalle fino al podio. A questo punto è scoppiato, sotto lo striscione d'arrivo 11 finimondo: la polizia, cercando di far largo a qualsiasi costo al campione del mondo, ha dato mano agli sfollagente senza economia e senza riguardi per nessuno. Molti giornalisti, la cui funzione consisteva appunto nel cercare di parlare col vincitore, sono stati diligentemente pestati, mentre nella confusione hanno logicamente approfittato i borseggiatori per farsi la giornata. Un collega di Roma, tanto per fare un esempio, è stato alleggerito di 140 mila lire proprio mentre aveva le mani impegnate a difendersi da un poliziotto troppo energico. Torniamo alla corsa, di cui l'emozionante volata tra Gimondi e Maertens ha costituito soltanto lo splendido epilogo. Nino Defllippis, che aveva dovuto subire molte critiche per l'esclusione a sorpresa di Gianni Motta dai ranghi azzurri, ha visto giustamente premiato il suo coraggio nel varare una squadra omogenea, ben disposta pur senza farne pubblicità, a lavorare coscienziosamente per Gimondi. Felice non era solo la bandiera intramontabile del nostro ciclismo, ma air. he il più in gamba di tulli, quello che avrebbe avuto le maggiori possibilità di restare a galla nel finale della prova iridata. Il drappello azzurro, ben guidato da un Defllippis, che non si pub solo definire fortunato per questo clamoroso esordio come commissario tecnico, ha funzionato bene, sin dalle prime fasi della corsa. Quando un lieve incidente — una pietra schizzata come un proiettile dalla ruota di un'altra bicicletta — ha messo temporaneamente in difficoltà Merckx, autorizzando la prima sortita degli spagnoli, Giancarlo Polidori è stato prontissimo ad accompagnare Martos ed Agostinho, Anche la fuga non si è spenta. Più tardi, quando il plotone sonnecchiava scuotendosi a tratti per qualche fiammata offensiva, Paolini, Battaglin o lo stesso Polidori, Bergamo e Poggiali hanno compiuto un oscuro, efficacissimo lavoro di ricucitura della fila, consentendo ai « grandi » e soprattutto a Gimondi di non sprecare prematuramente energie. Poi, nell'undicesima tornata, la corsa è arrivata al suo sbocco logico, portando alla ribalta, come in una ideale classifica, i «tre grandi» del ciclismo internazionale, Merckx, Ocana e Gimondi, accompagnati da quel Maertens che potrebbe essere l'uomo del futuro. La offensiva è nata da uno spunto di Perurena — uno spagnolo che, a dispetto di ogni polemica ha lavorato in piena collaborazione con Ocana — e da una pronta risposta di Merckx. Ai due si sono aggregati Ocana, Gimondi, Battaglin, Zoetemelk e Maertens ed il vero campionato del mondo è incominciato. Grazie a Merckx invece la fuga ha preso consistenza, inducendo gli altri a vincere ogni esitazione ed a cooperare senza riserve. Grazie a Merckx e ai suoi imperiosi scatti a ripetizione la pattuglia di testa si è ridotta a un quartetto, perdendo per strada per primo il nosrto Battaglin, aplauditissimo tuttavia per la sua generosa ed efficace prestazione, e poi anche Zoetemelk e Perurena. Il resto, la rabbiosa volata tra Maertens e Gimondi, Felice sul podio vestito dei colori dell'arcobaleno lo sappiamo già. L'avventura del Montjuich è finita con Defllippis ubriaco, si, ma di gioia, quasi incapace di parlare, per l'emozione datagli dal trionfale epilogo della sua prima esperienza di et.: una grossa soddisfazione guidare un « dieci » come questo, un « dieci » azzurro con lode. Gianni Pignata Barcellona. Gimondi esultante, Merckx affranto (Telefoto) Dieci con lode al c.t. Defilippis Ha vinto anche tutta la squadra Dieci con lode al c.t. Defilippis (Dal nostro inviato speciale) Barcellona, 2 settembre. Felice Gimondi ha coronato da sua carriera con il successo più importante, l'unico che ancora gli mancava: aveva vinto due Giri d'Italia, aveva portato fino a Parigi la maglia gialla del Tour 1965, si era affermato in una Parigi-Roubaix, ma la maglia iridata gli era sempre sfuggita di mano, anche se le era andato molto vicino in due occasioni: nel 1970 a Leicester (terzo alle spalle del povero Mouse ré e di Mortensen) e due anni fa a Mendrisio, secondo dietro a Merckx. Sul rettilineo d'arrivo di Montjuich abbiamo visto spuntare per prima la sua alta figura vestita d'azzurro, in lotta a gomito a gomito con il giovane belga Maertens. In quei pochi secondi ci sono tornate in mente le parole con cui Felice, giovedì scorso, ci aveva confermato la sua decisione di non arrendersi fino all'ultimo centimetro di corsa. Si ricordava Mendrisio, si paventava la prospettiva di un'altra volata da perdere nel confronto con Merckx. Gimondi aveva commentato: « Una volata è sempre diversa dall'altra e questo sarà uno sprint di forza. Prima di disputarlo, non l'ho ancora perduto ». Gimondi passava per primo la linea, senza la possibilità — se no sarebbe caduto — di alzare le mani dal manubrio e dimostrare a braccia levate la sua incontenibile gioia. Ha continuato, è finito contro un muro di giornalisti, di pubblico, di polizia, da questo muro si sono sporte molte braccia, lo hanno sollevato, 10 hanno portato in trionfo sulle spalle fino al podio. A questo punto è scoppiato, sotto lo striscione d'arrivo 11 finimondo: la polizia, cercando di far largo a qualsiasi costo al campione del mondo, ha dato mano agli sfollagente senza economia e senza riguardi per nessuno. Molti giornalisti, la cui funzione consisteva appunto nel cercare di parlare col vincitore, sono stati diligentemente pestati, mentre nella confusione hanno logicamente approfittato i borseggiatori per farsi la giornata. Un collega di Roma, tanto per fare un esempio, è stato alleggerito di 140 mila lire proprio mentre aveva le mani impegnate a difendersi da un poliziotto troppo energico. Torniamo alla corsa, di cui l'emozionante volata tra Gimondi e Maertens ha costituito soltanto lo splendido epilogo. Nino Defllippis, che aveva dovuto subire molte critiche per l'esclusione a sorpresa di Gianni Motta dai ranghi azzurri, ha visto giustamente premiato il suo coraggio nel varare una squadra omogenea, ben disposta pur senza farne pubblicità, a lavorare coscienziosamente per Gimondi. Felice non era solo la bandiera intramontabile del nostro ciclismo, ma air. he il più in gamba di tulli, quello che avrebbe avuto le maggiori possibilità di restare a galla nel finale della prova iridata. Il drappello azzurro, ben guidato da un Defllippis, che non si pub solo definire fortunato per questo clamoroso esordio come commissario tecnico, ha funzionato bene, sin dalle prime fasi della corsa. Quando un lieve incidente — una pietra schizzata come un proiettile dalla ruota di un'altra bicicletta — ha messo temporaneamente in difficoltà Merckx, autorizzando la prima sortita degli spagnoli, Giancarlo Polidori è stato prontissimo ad accompagnare Martos ed Agostinho, Anche la fuga non si è spenta. Più tardi, quando il plotone sonnecchiava scuotendosi a tratti per qualche fiammata offensiva, Paolini, Battaglin o lo stesso Polidori, Bergamo e Poggiali hanno compiuto un oscuro, efficacissimo lavoro di ricucitura della fila, consentendo ai « grandi » e soprattutto a Gimondi di non sprecare prematuramente energie. Poi, nell'undicesima tornata, la corsa è arrivata al suo sbocco logico, portando alla ribalta, come in una ideale classifica, i «tre grandi» del ciclismo internazionale, Merckx, Ocana e Gimondi, accompagnati da quel Maertens che potrebbe essere l'uomo del futuro. La offensiva è nata da uno spunto di Perurena — uno spagnolo che, a dispetto di ogni polemica ha lavorato in piena collaborazione con Ocana — e da una pronta risposta di Merckx. Ai due si sono aggregati Ocana, Gimondi, Battaglin, Zoetemelk e Maertens ed il vero campionato del mondo è incominciato. Grazie a Merckx invece la fuga ha preso consistenza, inducendo gli altri a vincere ogni esitazione ed a cooperare senza riserve. Grazie a Merckx e ai suoi imperiosi scatti a ripetizione la pattuglia di testa si è ridotta a un quartetto, perdendo per strada per primo il nosrto Battaglin, aplauditissimo tuttavia per la sua generosa ed efficace prestazione, e poi anche Zoetemelk e Perurena. Il resto, la rabbiosa volata tra Maertens e Gimondi, Felice sul podio vestito dei colori dell'arcobaleno lo sappiamo già. L'avventura del Montjuich è finita con Defllippis ubriaco, si, ma di gioia, quasi incapace di parlare, per l'emozione datagli dal trionfale epilogo della sua prima esperienza di et.: una grossa soddisfazione guidare un « dieci » come questo, un « dieci » azzurro con lode. Gianni Pignata Barcellona. Gimondi esultante, Merckx affranto (Telefoto)

Luoghi citati: Barcellona, Bergamo, Italia, Leicester, Parigi, Roma