Le 19 vele pronte al via di Paolo Bertoldi

Le 19 vele pronte al via REGATA MONDIALE Le 19 vele pronte al via I battelli partiranno sabato da Portsmouth per Città del Capo ■ Due gli yachts italiani (Dal nostro invialo speciale) Portsmouth, 2 settembre. Domenica a Portsmouth. E' il giorno più tranquillo della più tranquilla città di Inghilterra. I suoi abitanti paiono dormire come la dorata statua di Carlo I piazzata sui bastioni. Soltanto intorno agli « yachts » della « Round the World» c'è la folla di un campo da football. Barche da corsa sono già in banchina, esaminate da un popolo dove i bambini nascono marinai e persino sui campanili delle chiese c'è una nave al posto di un santo. Si attendono soltanto i due battelli polacchi, l'« Otago » ed il « Copernicus » rimasti in silenzio radio, più misteriosi di una sfinge. Si aspetta il venerando Keewydin varato sessanta anni fa in Svezia e pilotato da David Sundbraum, navigatore bruciato da tutti gli oceani. I ragazzi cercano Tabarly, l'asso degli assi, ma il luogotenente di vascello francese è nascosto nel ventre del suo impressionante ventidue metri. E' arrivato a notte fonda da Brest. Dalla cabina del « Kriter », la barca-reclame del vino di Provenza, escono bottiglie e bottiglie. I concorrenti festeggiano con vivacità la domenica inglese. Curiosità L'Italia è rappresentata da Erik Pascoli, giunto ieri con il suo « Tauranga ». Il « Guja » di Giorgio Falck si trova ancora a Gosport, dall'altra parte della baia. Herr Lupke, sfortunato concorrente del battello di Falck per la misura più piccola in gara, lo attende con curiosità. Il tedesco ha portato il suo «Nai Ut» da Wilhelmshaven per sentirsi comunicare di non poter correre. Lo yacht è fuori misura; troppo corto, metri 13 e venti (Il Nai Ut andrà in Sud Africa ugualmente ma per suo conto). Il «Guja» con i suoi 13 e 80 di lunghezza resta in gara per un soffio. In compen so ha un buon vantaggio. Tabarly con il « Pen Duick » per vincere nella prima tappa lun ga 7200 miglia deve giungere al traguardo di Città del Capo undici giorni prima della barchetta italiana. Nel bacino di Portsmouth c'è la forzata atmosfera di festa dei giorni precedenti un gran premio d'auto. I concorrenti sono tesi. Amano la vi cenda a cui si sono preparati, ma nel loro subconscio sfiorano i pensieri dei forti rivali che devono battere e soprattutto quelli relativi alle insidie della gara o ai dubbi sulla rotta. I « clippers » del secolo scorso, allargavano in Atlantico il tragitto fin verso le coste brasiliane per sfruttare i venti creati dalla depressione equatoriale. Al ventesimo meridiano avevano per boa il Trinidade. Gli yachts moderni possono stringere di più in bolina, cioè resistere al vento in prua e navigare quindi maggiormente verso Est. Tuttavia, rimane l'incertezza se allungare il percorso conservando maggiori probabilità di venti forti, oppure filare lungo l'Africa con il rischio di entrare in secca all'Equatore. Tattica « Mi regolerò sugli avversari » ha detto ieri l'italiano Falck del « Guja ». Un altro italiano, Malingri, prevede una rotta intermedia, ma deciderà soltanto al largo. Lo spinter dello Cserb è rimasto a fare carena a Cowes, lasciando aperto per gli inglesi l'interrogativo dello strano nome dato al suo « Kaola 50 ». « Cserb » significa Centro Studi ricerche Busnelli. La ditta di mobili lombarda ha messo a bordo del materiale da collaudare durante gli otto mesi di regata. C'è persino un libro su cui scrivere gli esperimenti compiuti sopra cuoio, tela ed altro materiale che verrà poi usato per fabbricare mobili. Il signor Busnelli ha par¬ zialmente finanziato l'impresa per venti milioni. Sessanta ne hanno anticipati i fratelli Nicolotti della Nord Cantieri, costruttori del « Koala». A loro volta proveranno il battello in un test veramente serio prima di riprodurlo in serie di lusso per la crociera. L'attuale versione da corsa, oltre ad essere spartana, è ermetica in quanto a chiusure. Sembra un sottomarino. Non ha buchi nella chiglia, le prese d'aria sono in acciaio avvitagli ad una base di gomma, i boccaporti inchiavardabili. Il « Koala » può fare capriole in senso laterale ed in avanti senza affondare. L'albero di 17 metri è saldamente piantato per la lunghezza di altri due metri nello scafo. I colpi di vento possono avere effetti tremendi sulla maestra e sulla mezzana. Un mese fa la barca sudafricana «Jakaranda», in allenamento nella « Channel Race », è stata disalberata. Un tronco pesante in acciaio inox è caduto sopra un membro dell'equipaggio che ne ha avuto la schiena spezzata. L'hanno trasportato in elicottero all'ospedale. Sta meglio, ma avrà gravi conseguenze per tutta la vita. Le tempeste nell'Atlantico non sono frequenti ma la seconda tappa, quella dei monsoni dell'Oceano Indiano e la terza di Capo Horn non si prospettano certo facili sotto tale aspetto. Altro pensiero, che non rallegra i concorrenti, è quello delle balene. Non i lobicefali lunghi al massimo sette-otto metri. Ne abbiamo incontrato un branco di una quindicina che ha navigato intorno al « Koala » mentre da Sud-Ovest di Brest puntava verso Nordovest diretto a Portsmouth durante la tappa di avvicinamento. Il pittore Loiacono ha potuto fotografarli bene poiché erano a pochi metri dal bordo, Le balene pericolose sono quelle blu di dimensioni gigantesche. Dicono che siano in estinzione, però non ne siamo sicuri. Con un colpo di coda pare spezzino lo scafo. Una barca di studenti sudafricani colpita da esse durante la «Città del Capo-Rio de Janeiro 1971 » è scomparsa. Avventura Contro queste ed altre insidie, l'assistenza sarà puramente radiofonica. Tutte le marine da guerra o mercantili delle nazioni poste sulle rotte delle quattro tappe sono state avvertite. I radiotelegrafisti rimarranno in ascolto, tuttavia per gli yachts le possibilità di lanciare l'S.O.S. restano minime. Oggi i concorrenti al «Round the World Race» gettano alle spalle l'ansia di tristi eventualità. La gara si prospetta soprattutto come una magnifica avventura. Yvonne Van De Byl, la nonna della corsa, ripete per ciascuno dei concorrenti di non temere il mare. E' nata a Portsmouth e sta sugli yachts da sempre. Anche lei tuttavia ha un timore segreto, non serio e tipicamente femminile: «Non voglio essere battuta da mio figlio Simone che fa parte dell'equipaggio dell'«Adventure» della marina inglese. Io sarò sullo "Jakaranga". Una mamma va rispettata, almeno come navigatrice ». In onore della cinquantaquattrenne Yvonne c'è stato un brindisi oggi da ogni socio dell'improvvisato Kriter Club. «Good luck», buona fortuna per lei e per ognuno dei 150 naviganti che su 19 battelli appartenenti a otto nazioni partiranno sabato prossimo a mezzogiorno per la più lunga e prima regata intorno al mondo mai effettuata. Sulle rotte di Magellano e di Cook la nautica di oggi muove con nuovi mezzi. Contamiglia perfezionati, apparecchi elettronici che indicano velocità e direzione del vento, timone a ruota e demoltiplicato. Chi muove i battelli però è sempre la vela, un'arte vecchia di millenni. Paolo Bertoldi Le 19 vele pronte al via REGATA MONDIALE Le 19 vele pronte al via I battelli partiranno sabato da Portsmouth per Città del Capo ■ Due gli yachts italiani (Dal nostro invialo speciale) Portsmouth, 2 settembre. Domenica a Portsmouth. E' il giorno più tranquillo della più tranquilla città di Inghilterra. I suoi abitanti paiono dormire come la dorata statua di Carlo I piazzata sui bastioni. Soltanto intorno agli « yachts » della « Round the World» c'è la folla di un campo da football. Barche da corsa sono già in banchina, esaminate da un popolo dove i bambini nascono marinai e persino sui campanili delle chiese c'è una nave al posto di un santo. Si attendono soltanto i due battelli polacchi, l'« Otago » ed il « Copernicus » rimasti in silenzio radio, più misteriosi di una sfinge. Si aspetta il venerando Keewydin varato sessanta anni fa in Svezia e pilotato da David Sundbraum, navigatore bruciato da tutti gli oceani. I ragazzi cercano Tabarly, l'asso degli assi, ma il luogotenente di vascello francese è nascosto nel ventre del suo impressionante ventidue metri. E' arrivato a notte fonda da Brest. Dalla cabina del « Kriter », la barca-reclame del vino di Provenza, escono bottiglie e bottiglie. I concorrenti festeggiano con vivacità la domenica inglese. Curiosità L'Italia è rappresentata da Erik Pascoli, giunto ieri con il suo « Tauranga ». Il « Guja » di Giorgio Falck si trova ancora a Gosport, dall'altra parte della baia. Herr Lupke, sfortunato concorrente del battello di Falck per la misura più piccola in gara, lo attende con curiosità. Il tedesco ha portato il suo «Nai Ut» da Wilhelmshaven per sentirsi comunicare di non poter correre. Lo yacht è fuori misura; troppo corto, metri 13 e venti (Il Nai Ut andrà in Sud Africa ugualmente ma per suo conto). Il «Guja» con i suoi 13 e 80 di lunghezza resta in gara per un soffio. In compen so ha un buon vantaggio. Tabarly con il « Pen Duick » per vincere nella prima tappa lun ga 7200 miglia deve giungere al traguardo di Città del Capo undici giorni prima della barchetta italiana. Nel bacino di Portsmouth c'è la forzata atmosfera di festa dei giorni precedenti un gran premio d'auto. I concorrenti sono tesi. Amano la vi cenda a cui si sono preparati, ma nel loro subconscio sfiorano i pensieri dei forti rivali che devono battere e soprattutto quelli relativi alle insidie della gara o ai dubbi sulla rotta. I « clippers » del secolo scorso, allargavano in Atlantico il tragitto fin verso le coste brasiliane per sfruttare i venti creati dalla depressione equatoriale. Al ventesimo meridiano avevano per boa il Trinidade. Gli yachts moderni possono stringere di più in bolina, cioè resistere al vento in prua e navigare quindi maggiormente verso Est. Tuttavia, rimane l'incertezza se allungare il percorso conservando maggiori probabilità di venti forti, oppure filare lungo l'Africa con il rischio di entrare in secca all'Equatore. Tattica « Mi regolerò sugli avversari » ha detto ieri l'italiano Falck del « Guja ». Un altro italiano, Malingri, prevede una rotta intermedia, ma deciderà soltanto al largo. Lo spinter dello Cserb è rimasto a fare carena a Cowes, lasciando aperto per gli inglesi l'interrogativo dello strano nome dato al suo « Kaola 50 ». « Cserb » significa Centro Studi ricerche Busnelli. La ditta di mobili lombarda ha messo a bordo del materiale da collaudare durante gli otto mesi di regata. C'è persino un libro su cui scrivere gli esperimenti compiuti sopra cuoio, tela ed altro materiale che verrà poi usato per fabbricare mobili. Il signor Busnelli ha par¬ zialmente finanziato l'impresa per venti milioni. Sessanta ne hanno anticipati i fratelli Nicolotti della Nord Cantieri, costruttori del « Koala». A loro volta proveranno il battello in un test veramente serio prima di riprodurlo in serie di lusso per la crociera. L'attuale versione da corsa, oltre ad essere spartana, è ermetica in quanto a chiusure. Sembra un sottomarino. Non ha buchi nella chiglia, le prese d'aria sono in acciaio avvitagli ad una base di gomma, i boccaporti inchiavardabili. Il « Koala » può fare capriole in senso laterale ed in avanti senza affondare. L'albero di 17 metri è saldamente piantato per la lunghezza di altri due metri nello scafo. I colpi di vento possono avere effetti tremendi sulla maestra e sulla mezzana. Un mese fa la barca sudafricana «Jakaranda», in allenamento nella « Channel Race », è stata disalberata. Un tronco pesante in acciaio inox è caduto sopra un membro dell'equipaggio che ne ha avuto la schiena spezzata. L'hanno trasportato in elicottero all'ospedale. Sta meglio, ma avrà gravi conseguenze per tutta la vita. Le tempeste nell'Atlantico non sono frequenti ma la seconda tappa, quella dei monsoni dell'Oceano Indiano e la terza di Capo Horn non si prospettano certo facili sotto tale aspetto. Altro pensiero, che non rallegra i concorrenti, è quello delle balene. Non i lobicefali lunghi al massimo sette-otto metri. Ne abbiamo incontrato un branco di una quindicina che ha navigato intorno al « Koala » mentre da Sud-Ovest di Brest puntava verso Nordovest diretto a Portsmouth durante la tappa di avvicinamento. Il pittore Loiacono ha potuto fotografarli bene poiché erano a pochi metri dal bordo, Le balene pericolose sono quelle blu di dimensioni gigantesche. Dicono che siano in estinzione, però non ne siamo sicuri. Con un colpo di coda pare spezzino lo scafo. Una barca di studenti sudafricani colpita da esse durante la «Città del Capo-Rio de Janeiro 1971 » è scomparsa. Avventura Contro queste ed altre insidie, l'assistenza sarà puramente radiofonica. Tutte le marine da guerra o mercantili delle nazioni poste sulle rotte delle quattro tappe sono state avvertite. I radiotelegrafisti rimarranno in ascolto, tuttavia per gli yachts le possibilità di lanciare l'S.O.S. restano minime. Oggi i concorrenti al «Round the World Race» gettano alle spalle l'ansia di tristi eventualità. La gara si prospetta soprattutto come una magnifica avventura. Yvonne Van De Byl, la nonna della corsa, ripete per ciascuno dei concorrenti di non temere il mare. E' nata a Portsmouth e sta sugli yachts da sempre. Anche lei tuttavia ha un timore segreto, non serio e tipicamente femminile: «Non voglio essere battuta da mio figlio Simone che fa parte dell'equipaggio dell'«Adventure» della marina inglese. Io sarò sullo "Jakaranga". Una mamma va rispettata, almeno come navigatrice ». In onore della cinquantaquattrenne Yvonne c'è stato un brindisi oggi da ogni socio dell'improvvisato Kriter Club. «Good luck», buona fortuna per lei e per ognuno dei 150 naviganti che su 19 battelli appartenenti a otto nazioni partiranno sabato prossimo a mezzogiorno per la più lunga e prima regata intorno al mondo mai effettuata. Sulle rotte di Magellano e di Cook la nautica di oggi muove con nuovi mezzi. Contamiglia perfezionati, apparecchi elettronici che indicano velocità e direzione del vento, timone a ruota e demoltiplicato. Chi muove i battelli però è sempre la vela, un'arte vecchia di millenni. Paolo Bertoldi