Un accordo tra Egitto e Israele per lo scambio dei prigionieri

Un accordo tra Egitto e Israele per lo scambio dei prigionieri Annuncio del ministro della Difesa Dayan al Parlamento Un accordo tra Egitto e Israele per lo scambio dei prigionieri Il Cairo ha consegnato l'elenco dei soldati catturati, rilascerà prima i feriti -1 rifornimenti alla 35 armata egiziana accerchiata nel Sinai (Nostro servizio particolare) Gerusalemme, 30 ottobre. Golda Meir si recherà a Washington dove giovedì s'incontrerà col presidente Nixon e col segretario di Stato Kissinger. La notizia, trasmessa dalla radio alle 18, ha colto tutti di sorpresa e fa prevedere, e sperare, tempi più rapidi di quanto si presumesse per la soluzione dei problemi medioorientali. Il viaggio della Meir, approvato dal Gabinetto nella seduta odierna, è stato definito « per incontri di lavoro ». Si prevede che il capo del governo non sarà accompagnato da alcun ministro ma solo dai suoi consiglieri politici; e che si tratterà d'un viaggio-lampo. Se qualche osservatore teme che nel corso della sua visita Golda Meir possa essere oggetto di pressioni da parte del governo di Washington, la rapidità della decisione di questo viaggio, mentre ancora si trova a Washington il vice-ministro degli Esteri egiziano Ismail Fehmi, fa sperare che ci siano incontri preliminari per contatti diretti con l'Egitto, com'è previsto dalla risoluzione 338 del Consiglio di sicurezza. La notizia è giunta rasserenante, contemporanea all'informazione, data da Dayan alla Keneseth, che l'Egitto ha accettato di consegnare nei prossimi giorni, attraverso la Croce Rossa, gli elenchi dei prigionieri di guerra israeliani e d'addivenire a uno scambio cominciando dai feriti, e consentire ai rappresentanti della Croce Rossa internazionale di visitare i prigionieri ricoverati negli ospedali. Gli egiziani sembra abbiano pure promesso il rilascio dei prigionieri di guerra che detenevano da molto tempo prima della guerra del Kippur, in qualche caso da anni (una decina, per lo più piloti). Dalla Siria non è giunta, invece, nessuna risposta. Queste ultime notizie sono state date al Parlamento dal ministro della Difesa, mentre davanti al palazzo della Keneseth si svolgeva una manifestazione dei familiari di prigionieri e dispersi di guerra per protestare contro la poli¬ tica del governo, che non è sembrata loro abbastanza energica. Raramente la rabbia del popolo si era manifestata con altrettanta intensità e amarezza: oltre a dimostrazioni per le strade e davanti all'abitazione di Golda Meir, ci sono state lettere ai giornali da parte di comitati costituitisi per la liberazione dei prigionieri, attacchi al governo, severi articoli anche sui giornali abitualmente filogovernativi e un atteggiamento piuttosto risentito contro quella che è sembrata leccessiva arrendevolezza del governo, tanto che le voci della costituzione d'un governo di Unione nazionale si sono fatte nuovamente sentire e la proposta è venuta dai gruppi di liberali indipendenti che fanno parte della coalizione governativa e che abitualmente non assumono atteggiamenti particolarmente critici. In questo clima si è riunita oggi in seduta straordinaria la Keneseth, dopo l'interpellanza presentata da trenta membri del raggruppamento Lihud (Unione), che riunisce i partiti del centro-destra. Il ministro della Difesa era stato designato dal governo a rispondere agli interpellanti, che si sono fatti portavoce dello scontento per l'atteggiamento debole e temporeggiatore del governo. Dayan (che poche ore prima aveva avuto un lungo colloquio col generale Ensio Siilasvuo, comandante della Forza d'intervento urgente dell'Onu e capo degli osservatori delle Nazioni Unite nel Medio Oriente) ha comunicato anzitutto l'adesione di principio dell'Egitto alle principali richieste israeliane, poi ha affermato che l'atteggiamento finora dimostrato dai Paesi arabi era criminoso e disumano ancor prima di costituire un'aperta violazione del diritto internazionale e delle norme della Convenzione di Ginevra. Nell'annunciare che l'Egitto aveva aderito allo scambio dei prigionieri (anche oggi il generale Jariv si era incontrato col brigadiere egiziano Sharif al km 101 della strada Suez-Cairo, e c'erano stati incontri anche col sindaco di Suez per il vettovagliamento della popolazione, Dayan ha fatto un cenno ai contatti che egli e i suoi assistenti avevano avuto con i rappresentanti della Funu (Forza d'intervento urgente delle Nazioni Unite). Dayan ha spiegato che il rifornimento di viveri ed acqua alla III Armata egiziana accerchiata nel settore Sud della riva Est del Canale non è stato dettato da motivi umanitari o sentimentali, ma dal fatto che «non avevamo altra scelta». Ha fatto intendere che c'era stato in proposito un «do ut des» con l'America: «Una settimana fa non avevamo certi proiettili che abbiamo ora, e le guerre non si fanno senza proiettili» ha detto il generale Dayan, rivelando indirettamente quale spaventoso consumo di bombe e di obici si sia fatto nelle prime settimane della guerra e come i rifornimenti degli Stati Uniti siano stati condizionanti e abbiano avuto caratte re d'urgenza. «Senza armi non si possono liberare prigionieri — ha detto il ministro della Difesa — e c'è un solo Stato che è disposto a rifornirci d'armi: gli Stati Uniti d'America. Chi suggerisce di combattere una guerra in uno stato di tensione con gli Stati Uniti, chiede che non si vinca la guerra». Dayan si è opposto a una discussione pubblica particolareggiata e ha sostenuto che ogni esame del problema dev'essere fatto davanti alla Commissione Difesa e Esteri della Camera. Il primo oratore della giornata è stato il rappresentante del Gahal, Menahem Begin. Con accenti da comizio e profonda emozione, ha chiesto che d'ora in avanti non sia fornito alcun vettovagliamento alla III Armata, tagliata fuori dalle sue retrovie, fino a che non fossero liberati i prigionieri di guerra israeliani che si trovano in Siria e in Egitto. Begin ha sostenuto che tale liberazione dev'essere contemporanea e che non bisogna fare nessuna differenza fra la Siria e l'Egitto. Ha pure ricordato che Washington aveva promesso la liberazione dei prigionieri subito dopo la cessazione del fuoco e che questo impegno non è stato mantenuto. Menahem Begin ha detto anche che la Camer deve chiedere al presidente degli Stati Uniti il mantenimento dei suoi obblighi e ricordargli le sue assicurazioni, e ha sostenuto che è importante la pubblicità del dibattito in Parlamento e non in una commissione della Camera. Il secondo oratore è stato Zalman Shuval, della «Lista nazionale». Ha chiesto che il Parlamento sieda in permanenza fino a che non sia liberato l'ultimo dei prigionieri. Ha anche sostenuto che il governo non può sottostare alle pressioni degli Stati Uniti in merito al rifornimento dei soldati egiziani; ha detto che il ministri Dayan aveva in proposito idee diverse da quelle dei suoi colleghi di governo, ma che evidentemente si è allineato con l'opinione della maggioranza. Terzo degli oratori che avevano presentato la mozione è stato l'avvocato Shumuel Tamir, del «Centro libero», che ha perduto un figlio due anni fa in un incidente aereo sul suolo egiziano. Si è chiesto che valore potranno avere accordi con due Paesi come la Siria e l'Egitto, se essi non fanno onore nemmeno a una convenzione internazionale come quella del trattamento dei prigionieri di guerra e se respingono gli appelli della Croce Rossa. La sorte dei prigionieri — ha detto Tamir — non è importante soltanto per la salvezza di uomini e per la vicenda delle loro famiglie, ma per ogni trattativa futura: il ricatto non riguarda soltanto i prigionieri e i loro familiari, ma lo Stato d'Israele il cui destino è in gioco. Giorgio Romano Vercelli, 30 ottobre — Si è tenuta stasera a Vercelli, presso la sala Tizzoni, una tavola rotonda sul tema « Il conflitto arabo-israeliano ». Moderatore il sindaco, Carlo Boggio, hani.j parlato: 11 prof. Ferdinando Vegas, collaboratore del giornale « La Stampa »; il prof. Guido Valabrega, collaboratore della rivista « Relazioni internazionali », e il dott. Piero Novelli, inviato speciale della « Gazzetta del Popolo » in Medio Oriente.