Tesi aperte sull'aborto

Tesi aperte sull'aborto Dibattito a Milano Tesi aperte sull'aborto Hanno partecipato alla discussione politici e giuristi, medici e filosofi, laici e cattolici - Qual è la situazione in Italia (Dal nostro inviato speciale) Milano, 30 ottobre. Sul problema dell'aborto discutono con accenti diversi politici e giuristi, medici e filosofi, laici e cattolici. Liberalizzazione totale o diniego assoluto? Un illecito da punire duramente e sempre o permessività regolata che tenga conto del fatto che ogni anno un milione di donne in Italia — si dice — si sottopongono all'interruzione della maternità in modo clandestino, e pericoloso? La questione, indubbiamente, è delicata, complessa; suscita divisioni, timori, obiezioni d'ordine morale, polemiche a cui non sono estranei pregiudizi e vecchi tabù. Un'occasione di dibattito e di scontro sul tema è stata ieri sera a Milano la presentazione, nella sala del Grechetto, a Palazzo Sormani, del libro «L'aborto, problemi e leggi» dei senatori Tullia Carettoni (sinistra indipendente) e Simone Gatto (socialista, presidente dell'Unione italiana dei centri di educazione matrimoniale e prematrimoniale). La serata era promossa dal Centro per la riforma del diritto di famiglia e dal Cemp milanese, moderatore il presidente della commissione giustizia del Senato, avvocato Viviani. «Il problema esiste — ha detto la senatrice Carettoni. — ma c'è anche una grande confusione in Questo campo. Che cosa si è detto finora all'opinione pubblica? Abbonda il tono scandalistico: tanti aborti clandestini, le donne omicide, eccetera. Però la gente non sa a che punto è oggi la scienza, domina un'estrema ignoranza, mentre continua a stare in piedi una legge ingiusta che tutela "la saìiità e integrità della stirpe". In Italia la situazione è davvero abnorme. Mi chiedo: c'è un cittadino non perseguibile, benché in qualche modo coinvolto?». L'oratrice ha proseguito: «L'aborto è certamente un male, una società giusta non è abortiva. Ma possiamo ignorare quello che succede? La nascita o meno di un bambino riguarda la madre, riguarda la coppia, ma anche la società. La donna non deve essere lasciata sola, non deve essere solo giudicata, ma aiutata. Io sono convinta che la strada giusta è quella della prevenzione delle gravidanze indesiderate, ma non ci illudiamo, anche nel migliore dei sistemi sanitari rimarrebbero comunque dei casi. Allora che fare? Questo è l'aspetto della realtà che mi interessa come politico. E attenti a non cadere nei due estremi: aborto sì. aborto no». Problema sociale, dunque; le soluzioni non devono essere individualistiche, avvilenti, o esclusivamente repressive. Il discorso dei due autori parte dalla realtà di fatto, tralascia ogni aspetto filosofico, religioso, moralistico. Il senatore Gatto si è soffermato sulle «indicazioni medico-biologiche dell'interruzione della gravidanza», fornendo una casistica precisa, dicendosi favorevole all'aborto terapeutico ed eugenico: «La contraccezione preventiva è un'indicazione primaria, ma non copre tutta l'area del rischio. Seimila e più gestanti sono state colpite dall'ultima epidemia di rosolia, quanti figli sicuramente menomati hanno messo al mondo? Senza contare che in campo medico dalla presunzione del rischio genetico si è pervenuti già all'accertamento senza possibilità di dubbio del danno genetico come ha dimostrato il professor Valenti, un italiano diventato in America un'autorità mondiale in questo campo». Numerosi interventi hanno riproposto l'urgenza di soluzioni. La sociologa professoressa Badaracco ha rilevato che l'aborto oggi è anche problema di classe, «non la proposta di legge Fortuna è provocatoria, come sostenne Andreotti, ma l'attuale situazione di fatto». Il pediatra professor Bernardi ha affermato: «Secondo alcuni con gli anticoncezionali si interrompe il miracolo della vita, con l'aborto si interrompe la vita e così abbiamo il trionfo della morte, una delle più alte punte di mortalità perinatale in Italia, che è seguita solo dal Portogallo e dall'Angola». La dottoressa Cutrera, giudice del Tribunale minorile, ha citato le sue esperienze di bambini disadattati: «L'aborto va visto insieme al controllo delle nascite». La giornalista Bellonzi, favorevole alla depenalizzazione dell'aborto, accompagnata da una seria legislazione su un sistema di informazione e assistenza contraccettiva, ha citato il caso di una madre napoletana: «Vive in un basso, con 8 figli. Mi ha confessato di aver avuto anche quindici aborti». L'avvocato Dal Sasso, democristiano, ha definito una «provocazione in positivo» la proposta di legge del socialista Fortuna, «perché gli abor¬ ti clandestini sono una tragica realtà e il codice non scoraggia e non reprime; su 500 denunce si celebrano 50 processi, purtroppo sulle spalle dei più deboli». 1 rimedi? Depenalizzare, a suo avviso, l'aborto terapeutico in modo più rigoroso e ridurre le pene per l'aborto eugenetico. Ma tener conto che il feto «ha diritto alla vita». Polemico è stato l'intervento di un medico, D'Ambrosio: «Anche nei Paesi dove esiste il controllo delle nascite il 20 per cento delle donne ricorre all'aborto. Il problema è di tutelare la salute delle donne. Secondo dati ufficiali, bollettino del luglio scorso dell'organizzazione mondiale della Sanità, nel 70 in Italia 446 donne sono morte di parto, 45 in seguito ad aborto». Un sacerdote, don Liggeri, si è fatto portatore dell'aspetto morale del problema: «La Chiesa domanda lumi alla scienza: quando nasce il tutto unico di una nuova individualità umana, in che momento? Se domani si dovesse arrivare a un certo tipo di regolamentazione, dovrebbe essere comunque l'esito di situazioni drammatiche, per far trionfare il concetto della vita. In ogni caso i poteri della Chiesa non sono illimitati in materia di leggi morali». Gatto ha espresso al religioso ammirazione per aver posto il dubbio se la Chiesa possa imporre anche al non credente la sua legge. Battagliera e polemica per tutta la serata la senatrice Carettoni non ha risparmiato critiche a chi ha preteso di inquadrare l'aborto sotto l'angolo visuale della sovrappopolazione del mondo: «Non posso accettare l'aborto come mezzo di limitazione delle nascite, sarebbe una scelta di morte, espressione dell'egoismo dei popoli ricchi». E ancora, rispondendo a don Liggeri e sia pur plaudendo alle posizioni diversificate che vanno emergendo nel mondo cattolico: «Deve pronunciarsi la scienza? E se domani avremo la pillola del giorno dopo? Come potremmo risolvere il problema morale?». Contrasti a parte, l'importante — ha concluso l'oratrice — è accettare il principio che in un Paese libero si deve tener conto del comune sentire della maggioranza e della minoranza della popolazione. Non affrontare i problemi sarebbe solo ipocrisia. Antonio De Vito