Il dubbio di un delitto nello tragico morte dei due cognati omonti ritrovati nell'auto

Il dubbio di un delitto nello tragico morte dei due cognati omonti ritrovati nell'auto Una serie di interrogativi nella misteriosa vicenda di Crema Il dubbio di un delitto nello tragico morte dei due cognati omonti ritrovati nell'auto L'ipotesi probabile è quella dell'omicidio-suicidio, ma chi ha sparato? Sinora i periti non hanno risolto questo problema - Gli inquirenti dicono che il duplice delitto "sarà poco probabile, ma noi dobbiamo ipotizzare anche questo" (Dal nostro inviato speciale) Crema, 29 ottobre. Cognati e amanti: hanno risolto con la morte la loro difficile, ormai insostenibile situazione determinata dalla illecita relazione segreta. Le perizie necroscopiche eseguite nell'ospedale di Crema hanno accertato che lui, Aldo Calca gno, 35 anni, è morto per due proiettili nel petto, e lei, Giovanna Squillaci, 25 anni, per un colpo solo che le ha leso un polmone. Uccisi con ire proiettili, dunque, ma sparati da chi? C'è una serie di interrogativi ai quali si spera daranno risposta le indagini in corso, per il momento è pensabile che si tratti di omicidio-suicidio, ma non si esclude anche l'ipotesi di un delitto compiuto da una ter¬ za persona, sebbene questa | appaia una tesi poco probabile. E se è vera la prima convinzione, che uno dei due abbia sparato all'altro e poi abbia rivolto l'arma contro ?e stesso, è anche vero che è difficile indicare chi ha premuto il grilletto. E' stata fatta la prova del guanto di paraffina, che serve a mettere in evidenza gli eventuali residui di polvere da sparo emessi dall'arma e finiti sulla mano. Qualche traccia, debole, è stata trovata sulla mano destra dell'uomo; ma la tecnica del caricamento è tale da far ritenere più probabile che a sparare sia stata ia donna. La pistola è una piccola « Dillinger » cai. 6 a due canne sovrapposte, con un cane solo che batte alternativamente ora su un proiettile ora sull'altro, e che deve essere riarmato dopo ogni sparo. E' possibile, si chiedono gli inquirenti, che l'uomo abbia sparato alla donna e poi, sostituito il proiettile esploso, si sia sparato un primo colpo, quindi abbia tirato su il cane e fatto partire il secondo colpo? Sembrerebbe più credibile l'ipotesi inversa: che la donna abbia colpito due volte l'amante e, ricaricata l'arma, si sia esploso l'unico colpo che l'ha raggiunta. Ma, ripetiamo, le tracce di polvere da sparo sono sulla mano di lui. Si dovranno esaminare parecchi aspetti prima di dire una parola definitiva su queste circostanze. Ed è evidente che se non emergeranno elementi, il caso si chiuderà alla fine con l'ipotesi dell'uomo che spara alla donna e poi si uccide. I due erano siciliani, di Catania, immigrati al Nord con le loro famiglie da più di die- ci anni. Aldo Calcagno ha sposato Natala Squillaci, detta Gina, dalla male ha avuto quattro figli, la maggiore di undici anni, Maria, il minore di cinque mesi, Luigi. Il Calcagno lavorava come operaio alla Motta di viale Corsica, a Milano, nel turno notturno, per guadagnare di più, e non di rado faceva anche straordinari diurni. La sua paga era superiore alle duecentomila lire al mese. La famiglia non aveva preoccupazioni sotto l'aspetto economico: un appartamento decoroso al sesto piano di un condominio a San Giuliano Milanese, l'auto, una Opel Rekord, che il Calcagno aveva intestato alla cognata-amante per evitare, diceva, guai con il fisco. Al quarto piano della stessa casa abita la famiglia di Giovanna: la madre, Rosa, di 60 anni; i figli Alfio e Luigi, gemelli, di 22 anni, e lei, Giovanna, con la sua bambina, Gabriella, che ha avuto cinque anni fa sebbene fosse nubile (altri due fratelli, Giuseppe e Salvatore, abitano a Catania). Giovanna era operaia alla Siemens. Tra il sesto e il quarto piano c'era, purtroppo, non solo parentela. La relazione intessuta tra il padre di quattro figli con la sorella della moglie andava avanti da anni. In un corridoio dell'ospedale, mentre di là il perito settore sta eseguendo le necroscopie sulle salme dei due uccisi, parlo con Luigi Squillaci, uno dei fratelli della vedova e dell'amante di Aldo. Mi dice: « Non sapevamo niente, l'abbiamo appreso esattamente diciotto giorni fa quando io li ho visti a Metanopoli, sull'auto, in luogo appartato, intenti a parlare. Dopo ne abbiamo discusso, in casa, e Giovanna ha confessato; a mia madre ha detto che la vicenda andava avanti da dieci anni, da quando Maria, la prima figlia di Aldo, aveva appena sei mesi ». ' E' facile obiettare: allora anche Gabriella, la bambina di Giovanna, è figlia di Aldo. « No — ribatte Luigi Squillaci — l'ha avuta da un catanese che doveva sposarla e poi si è ritirato ». Non è un argomento da cercare di approfondire, specie con un fratello. « Possibile che non vi siate mai accorti di nulla? ». Il giovane allarga le braccia e alza la testa: « Eravamo così poco in casa, sempre al lavoro, oppure al bar a fare la partita al biliardo. Ci andavamo anche con nostro cognato, a giocare, e non abbiamo mai sospettato nulla ». Chi stava sempre in casa, come la madre di Giovanna o la moglie di Aldo Calcagno, forse sapeva. Lo stesso Luigi non nega la possibilità che la sorella nubile avesse confessato alla madre la relazione che aveva con il cognato. Può darsi che la madre si sia trovata a dover conservare questo grave segreto con la speranza che, cosi facendo, avrebbe salvato l'unità e la pace nella famiglia di sua figlia Natala. E' stato scritto su qualche giornale, stamattina, che Aldo Calcagno era un violento, che picchiava la moglie e i bambini, che dormiva con la rivoltella e il coltello sotto il cuscino. Dice uno dei fratelli di lui (tre abitano a Catania e due a Parma, da dove sono accorsi): «Non è vero: era un buon ragazzo, sempre sorridente, desideroso di scherzare ». E Luigi Squillaci vuole ridimensionare un'altra storia: « Qualcuno ha detto che Aldo aveva minacciato di ricattarci: se non lo lasciavamo continuare nella relazione avrebbe mostrato in giro fotografie pornografiche che aveva scattato a Giovanna. Non è vero. Le fotografie di quel genere che sono state trovate nel bagagliaio della macchina erano di qtielle foto che a volte i giovani possono comperare ». Luigi racconta anche l'ultimo incontro, tra tutti loro protagonisti. « Sabato mattina alle dieci ci siamo trovati giù, davanti alla portineria. Eravamo io e mio fratello Alfio, Giovanna e Aldo. Gli abbiamo detto che dovevano smetterla, che non si poteva andare avanti così, era una cosa assurda. Loro stavano ad ascoltare, in silenzio. Non sembravano particolarmente disperati per la situazione, nulla ci faceva pensare che avrebbero preso quella tragica decisione. Io e Alfio abbiamo parlato con le buone, senza fare minacce. Loro hanno detto: "Va bene, adesso andiamo a discuterne tra di noi, fra una decina di minuti torniamo qui e vi diciamo cosa intenderemo fare". Li abbiamo attesi invano. La sera, quando ha incominciato a far buio, ci siamo messi a cercarli ». La Opel con a bordo i due cadaveri è stata trovata poco dopo il mezzogiorno di domenica sull'argine sinistro del fiume Adda, presso il ponte di Bisnate, a 15 chilometri da Lodi, ma in territorio di Crema. Lui era seduto al posto di guida, lei al suo fianco, la mano destra dell'uomo stringeva la sinistra della donna. Lei aveva ancora gli occhi aperti. Il perito settore ha detto che deve avere tardato molto a morire. La rivoltella è stata trovata sul pavimento, tra i due corpi. Da quale mano era caduta? « E se fosse stata messa lì da qualcun altro? », insinua un inquirente. Aggiunge: « Sarà poco probabile, ma noi dobbiamo ipotizzare anche questo ». r. I. Milano. Giovanna Squillaci e Aldo Calcagno (f. Soncini)