Brahms, "esaurito" per Serkin, la folla

Brahms, "esaurito" per Serkin, la folla Due concerti, tanto pubblico Brahms, "esaurito" per Serkin, la folla Con minime differenze, il programma di questo concerto era stato stabilito da Vittorio Gui, brahmsiano di vecchia data. Poi il maestro, finalmente persuaso a pensare un poco alla sua salute, diede forfait, e dopo un avventuroso tentativo di sostituzione fallito per circostanze belliche, venne scoperto a Stoccarda un direttore disposto ad accettare quasi in blocco il difficile e raro programma. Non tutto il male vien per nuocere, perché in Thomas Ungar (42 anni, d'origine ungherese, residente a Stoccarda dove insegna la direzione d'orchestra) si è fatto la conoscenza d'un artista pregevole, che conosce il tono giusto della interpretazione brahmsiana, per dichiarare la fondamentale vena elegiaca, senza mortificare gli accenti ostentatamente rudi e muscolosi. Certamente il concerto avrà un poco risentito delle circostanze avverse che ne avevano accompagnato la preparazione. Non tutto riuscì perfetto nella delicata Serenata in la maggiore opera 16, opera raramente eseguita che sostituiva l'ancor meno nota Serenata opera 11 proposta da Gui. Il maestro avrà dovuto abituarsi al suono della lingua italiana nei testi del Canto del destino e nella Nenia, rispettivamente di Hólderlin e di Schiller, quest'ultimo eseguito nella versione ritmica di Vittorio Gui (sono ben pochi i Paesi di lingua non tedesca nei quali questi sublimi, ma difficili lavori abbiano trovato nuova cittadinanza). Ma qui costituiva un atout vincente la sicurezza del coro, preparato da lunga data dal maestro Maghini. Infine neW'Ouverture tragica, che il maestro Ungar volle sostituire aH'Ouverture accademica, la sua bravura ebbe modo di affermarsi pienamente, ricevendo giusto compenso d'applausi. Nonostante la concomitanza del concerto d'un pianista prestigioso al Regio, la sala dell'Auditorium era strapiena, in ogni ordine di posti. Per Brahms! Anche questa è una bella soddisfazione per Gui, che fu l'artefice della precoce penetrazione di questo sommo artista nella vita musicale italiana, quando in Francia, per non parlare degli altri Paesi latini e dei Paesi slavi, era ancora lettera morta. m. m. * * Non molto frequenti sono diventate le apparizioni da noi di Rudolf Serkin, residente in America dal 1939, direttore del Curtis Institute di Filadelfia e di altri centri di cultura musicale americani; ragione di più per il pubblico torinese di riempire la sala del Regio in tutti i posti, confermando il successo di questi concerti autunnali organizzati dall'Unione Musicale in collaborazione con il nuovo teatro. Serkin è grande musicista prima ancora che pianista; sarà stata la vastità dei suoi interessi (a Vienna studiò anche composizione con Schoenberg), oppure la lunga solidarietà artistica con i fratelli Busch, in tournées che entusiasmarono l'Europa e l'America tra le due guerre, ma è certo che Serkin va al cuore stesso della musica e per pochi si può dire, come per lui, che il pianoforte sia uno strumento, cioè un mezzo e non un fine. Serkin si gode i timbri con vera golosità, e la sua fantasia prorompente sembra sempre tendere alle pienezze o alle sfumature orchestrali, sia in legati degni di compagini di ottoni sia nello staccato di accordi strappati da una tastiera che pare scottargli le dita, Compostissimo e pieno di «lunsinghe» (come vuole il programma) l'inizio del Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo, scritto da Bach ventenne con preziose venature di gusto francese (rilevate con tocco cristallino dal solista). Giusti duecento anni dividono il Capriccio dalle Variazioni e fuga di Reger op. 81 su un tema di Bach, grandioso monumento di fede contrappuntistica solcato da occasionali spunti brahmsiani e wagneriani; Serkin, che a tratti sembrava avere a disposizione le sonorità di un organo, ne ha dato una realizzazione nobilissima, tesa da cima a fondo e permeata di pathos. Conclusione con due Sonate di Beethoven, Top. 78 (dal poetico e quasi schubertiano primo tempo) e la celebre op. 57 (Appassionata); in entrambe l'illustre solista ha profuso tesori di eleganza e slanci impetuosi, tanto da entusiasmare il pubblico che lo ha acclamato con una interminabile ovazione.

Luoghi citati: America, Europa, Filadelfia, Francia, Stoccarda, Vienna