Gerusalemme, nella sede del comando truppe Onu di Andrea Barbato
Gerusalemme, nella sede del comando truppe Onu Gerusalemme, nella sede del comando truppe Onu (Dal nostro inviato speciale) Gerusalemme, 27 ottobre. « Per la prima volta dall'inizio del conflitto, nelle ultime ventiquattr'ore non si è sparato un solo colpo su nessun fronte » ha detto stasera 11 portavoce dell'esercito israeliano a Tel Aviv. Una sottile barriera delle forze d'emergenza delle Nazioni Unite separa arabi e israeliani intorno al Canale di Suez. E' un velo di uomini con le uniformi scandinave, che erano arrivati in seicento al Cairo in nottata e di cui cinquanta stamane hanno proseguito in macchina verso Sud, lungo l'incerta linea sulla quale 1 due eserciti si sono fermati. Oggi, con le radio che tacciono ogni notizia militare, e con il primo « shabbat » di pace dopo tre di guerra, siamo andati al comando dell'Onu, il quartier generale della tregua, a Gerusalemme. La bandiera delle Nazioni Unite sventola su una collina alberata, nell'antica sede del governo mandatario britannico, di faccia al Monte degli Ulivi e alla tomba di Davide, sulla strada di Betlemme. E' una residenza di stile coloniale, accerchiata da un parcheggio ingombro di macchine con le targhe di tutti i Paesi del mondo. All'interno, i funzionari in uniforme azzurra e blu ricevono i visitatori in stanze piene di apparecchi radio, di mappe, di telefoni. Finalmente, dopo tanta guerra, ecco un comando pacifico, una specie di laboratorio del «cessate il fuoco». Alle pareti, il ritratto di tutti i segretari generali del Palazzo di vetro, alla mensa famiglie svedesi e indiane mangiano allo stesso tavolo. Il portavoce dell'Onu ci spiega sulle carte geografiche qual è oggi la posizione di queste unità, armate solo di jeep, binocoli, tende e telegrafi, che devono fermare gli aerei supersonici e sbarrare la strada ai carri corazzati. Sulla linea di tregua tra la Siria e Israele, dove esistevano prima dello scoppio della guerra del Kippur sedici posti di osservazione (sette sul lato israeliano e nove sul lato siriano), intorno alla rete che segnava la linea armistiziale, ora gli osservatori si sono spostati più in avanti, all'interno della Siria, in direzione di Damasco. Tre pattuglie (due jeeps con due militari dell'Onu, più un ufficiale di collegamento) si sono mosse dalla postazione di Tiberiade e hanno raggiunto le linee israeliane; altre cinque si sono mosse da Damasco e hanno raggiunto le linee siriane. Da oggi, su tutti i fortini e intorno a tutte le pattuglie di prima linea, le truppe di entrambe le parti hanno alzato le rispettive bandiere, per segnalare il punto dell'avanzata. Più complicata è la situazione nel Sinai e intorno al Canale. Qui, prima della guerra, esistevano quindici postazioni di osservatori (otto sulla riva israeliana e sette su quella egiziana). E' qui, vicino a Kantara, che lo sbarco egiziano colse di sorpresa la postazione Copper, dando al capitano Olivieri e al suo collega francese Banse solo il tempo di segnalare via radio l'avanzata improvvisa, intorno alle 13 del primo giorno degli egiziani. Sulla mappa, i triangoli rossi che segnalano le posizioni dell'Onu dalla parte israeliana, e quelli blu che segnalano le posizioni dalla parte egi¬ ziana segnano una linea che è — più verosimilmente di quanto dicano gli avversi comandi militari — il confine fra i due eserciti. E' una riga sinuosa, che parte dal punto in cui il Canale sbocca nel mare, corre giù fino ad Ismailia (che secondo questa mappa è ancora in mani egiziane), disegnando un'ansa egiziana a Est del Canale, rientra a Nord del grande Lago Amaro per tracciare poi la vasta sacca conquistata dagli israeliani fino a Suez e anche più a Sud. Ma nel centro di questa sacca aperta dalla Task force israeliana, c'è da Ovest un'altra penetrazione egiziana, un contrattacco che assottiglia il terreno perduto, e restringe l'area che corre parallela alla via d'acqua. Gli Andrea Barbato (Contìnua a pagina 2 in terza colonna)
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