Amman: amarezza per la Cisgiordania

Amman: amarezza per la Cisgiordania Ore difficili per Hussein Amman: amarezza per la Cisgiordania Deluse le speranze di ritornare sulla "West Bank" (Dal nostro inviato speciale) Amman, 26 ottobre. Mille e mille scoppi rimbalzano sempre più fragorosi da una collina all'altra di Amman, ma non sono suoni di guerra, è la fine del Ramadan, «Idi ul fitr», una delle grandi feste del mondo musulmano. Il crepitìo dei mortaretti è incessante, martellante, s'attenua soltanto quando dai minareti inghirlandati di luci si diffonde, proiettata dagli altoparlanti, la voce dei muezzin. Cominciato ieri sera, appena avvistata la lima, il gioioso rito durerà tre giorni. L'atmosfera ricorda quella del nostro Natale. Dopo le quattro settimaile di austerità del Ramadan, le vie sono di nuovo affollate d* gente negli abiti più belli, è tutto uno scambiarsi di regali e di auguri, sono le ore degli affetti familiari, dei ricordi, della speranza. Chi arriva oggi ad Amman non nota più molti segni della guerra. L'oscuramento è finito, né la capitale né la nazione hanno subito alcun danno. Giordani e israeliani hanno circoscritto gli scontri a duelli di artiglieria e di carri armati sul fronte siriano, con pochissime perdite, nessun civile ha perso la vita. Il grande albergo internazionale, dove centinaia di persone restarono assediate nel 70 durante la battaglia fra forze governative e guerriglieri palestinesi te vi è ancora qualche traccia, come un bel foro di granata in un muro laterale) è semideserto. Non ospita che giornalisti e anche questi stanno facendo le valigie. Vi è festa, ma vi è anche molto dolore, molta rabbia, e si versano molte lacrime. Cinque giordani su dieci sono palestinesi, e nei giorni passati queste vittime della storia hanno intensamente sperato in una sconfitta di Israele. Oggi sono delusi ed esasperati, molti si illudono ancora in una ripresa immediata e più furibonda della lotta, i più, e non necessariamente gli estremisti, già parlano della «prossima guerra», quella che dovrebbe finalmente spezzare il nemico israeliano. Pochi sembrano accettare un'altra e più incoraggiante realtà: che forse sulle rovine del conflitto si è posta la prima pietra per un negoziato diplomatico che potrebbe restituire ad Amman vasta parte del «West Bank», la sponda ovest del Giordano perduta nel '67. Questa collera, questa sfiducia palestinese non minacciano per adesso la stabilità giordana. Sconfitti i guerriglieri nel '70, re Hussein ha da allora la situazione in pugno e le prossime settimane non dovrebbero portare turbamenti. Bisogna però che non passi troppo tempo, bisogna .che i palestinesi comincino ad apprezzare l'abile politica condotta dal sovrano nelle ultime settimane, bisogna che prevalgano tra essi i «moderati», disposti ad accettare la restituzione del solo «West Bank» con la Gerusalemme araba, e non gli oltranzisti per i quali non vi può essere che la distruzione di Israele. Vi è il pericolo altrimenti che la Giordania sia percorsa da nuove tensioni. Non è un Paese facile da governare questo, spaccato a metà, con i palestinesi ansiosi di riavere le loro terre e gli arabi locali, i transgiordani ansiosi di evitar,-? un disasti-oso urto con gli ebrei. E, alle spalle, le pugnaci e inquiete repubbliche della Siria e dell'Irak. Hussein ha dato prova più volte delle sue doti e del suo coraggio. Avrà bisogno adesso di tutte queste virtù per superare i difficili mesi a venire. Ma se li supererà lo farà con la. diplomazia; una soluzione sia pure parziale del problema palestinese troverà forse una più salda e più vasta base politica tra le vorticose corventi del inondo arabo. Mario Ciricllo

Persone citate: Hussein Amman, Mario Ciricllo

Luoghi citati: Amman, Cisgiordania, Gerusalemme, Giordania, Israele, Siria