Vento dell'Est di Giovanni Arpino

Vento dell'Est Vento dell'Est Siamo sempre più «casalinghi» con il football nostrano, dopo le disavventure di Milan e Lazio. Nel fondo di queste coppe internazionali vi è molta, amara cicuta. Ma i risultati che ci riguardano direttamente non forniscono una panoramica globale. Pensate un po': in Coppa Campioni il grande Ajax stenta davanti ai bulgari del Cska. (Ed il ritorno a Sofia sarà infernale per gli orfani di Cruyff, con rischio pieno di eliminazione) mentre il Benfica ha compromesso le sue «chanches» con gli ungheresi dell'Ujpest, mentre il Bayern incassa tre gol dalla ben sperimentata Dynamo Dresda grazie alla supponenza difensiva di un Beckenbauer che speriamo proprio di non veder cambiato ai «mondiali». In Coppa Coppe altri bulgari umiliano l'Atletico Bilbao, e gli scozzesi sono brutalmente sconfitti dal Borussia, che non pare ridimensionato dalla mancanza di Netzer, ormai avvolto in una mantiglia. Nel torneo dell'Uefa, per finire, dopo il crollo della Lazio, ecco l'Admira Vienna che prosegue garantendo ulteriori alibi dialettici ad Helenio Herrera che non riuscì a superarla, ecco il Lokomotive Lipsia che rispedisce a casa gli inglesi del Wolverhampton con un tre a zero non bisognoso di commenti. E si difendono i polacchi, si riaffaccia qualche squadra russa, svettano i tedeschi dell'Est. Il pianto e lo stupore sono quindi comuni, dal Tamigi al Tevere. Ma qualche indicazione bisogna pur trarla. La prima ad imporsi è la seguente: paesi che non hanno saputo selezionare una nazionale per i «mondiali» del '74 riescono ad imporsi a livello di club; paesi che sembravano destinati a far da utile cavia nei confronti di « scuole» maggiori sanno battersi e offrire temi tecnico-tattici di valore. Polacchi, tedeschi orientali, bulgari, austriaci sono all'ordine del giorno, anche se solo i primi, fermando l'Inghilterra a Wembley, hanno finora goduto di riconoscimenti internazionali. E' un calcio duro, atletico, omogeneo, fondato sul «collettivo», quello che va imponendosi. E' una mentalità che va traendo da se stessa i propri insegnamenti e resta estranea alle vecchie, ormai archiviate esperienze. Sarebbe opportuno che una minima goccia di questo insegnamento «atletico» si trasferisse in tempo presso tanti nostri giocatori, abituati a ritenersi sapienti ma poi irretiti da formazioni omogenee, prive di inutili divismi e abituate a combattere novanta minuti su novanta. Continuando su questo sentiero ne vedremo delle belle a Monaco '74, e assisteremo a chissà quali sconquassi nel prosieguo delle coppe europee. Consoliamoci con questa speranza: la perdita di prestigio (e di incassi, di incentivi tifosi) dei nostri club potrebbe riservare energie e traguardi alla nazionale azzurra, ormai ultima trincea della nostra credibilità in football. Giovanni Arpino Tedeschi, polacchi e bulgari

Persone citate: Beckenbauer, Cruyff, Helenio Herrera, Netzer, Polacchi, Vento

Luoghi citati: Bilbao, Dresda, Inghilterra, Lazio, Monaco, Sofia, Vienna, Wembley