Gonne lunghe, come arma

Gonne lunghe, come arma Le sfilate del "prèt-à-porter„ per la primavera Gonne lunghe, come arma I sarti sembrano aver dichiarato guerra ai pantaloni: le donne rimettono la gonna ma con aggressività - Ce ne sono diritte, appena svasate, volteggianti, a portafogli, abbottonate o sbottonate con le gambe in vista - Cappellini da collegiale, fiori "liberty" e scozzese, tailleur classici in seta - Gli abiti da giardiniera fino ai piedi (Nostro servizio particolare) Parigi, 24 ottobre. Seduti su scomodissimi cilindri, nel saloncino rivestito di specchi fumé dalle pareti al soffitto, come colonna sonora il tam-tam di un tamburo, c'è di che riflettere sulla sensazione che ci ha invaso a più riprese in questi giorni a Parigi. Da Kenzo, con il suo agile, volante, rispolverato «new look» di Christian Dior (anni 1947, come dire la gioventù per le signore di mezza età) e da Emmanuelle Khanh, colmi d'ammirazione per le sue gonne ricamate a mano in scene fluviali, orli a giorno, fra crema e verde Nilo, per i suoi spolverini in shantung di una incredibile varietà di toni beige. La visione flou c'entra moltissimo, ma non è tutto: l'impressione di gioia sono le indossatrici a sostanziarla, felici di presentare una moda raffinata, ricca di idee e tutto sommato allegramente aggressiva. Euroasiatiche, negrette o biondine di Parigi, le indossatrici qui non hanno misure fuori serie. Minute ma ben muscolate, flessibili ma rotonde, sono semplicemente belle ragazze come ce n'è in tutto il mondo. Recitano se stesse interpretando un vestito, conducendo una sfilata. Da Cacharel le ragazze hanno mimato un vero e proprio inno alla gonna, puntigliosamente ne hanno esaurito tutti i possibili aspetti e non è poca lode alla stilista Corinne Grandval, dal momento che il ritorno alla gonna è il motivo dominante per la primaveraestate 1974 e ne abbiamo vedute sfilarci dinanzi agli occhi un numero sterminato. Non è un ritorno pacifico. La gonna di domani contiene in sé qualcosa d'insultante, racchiude una donna che sa quel che vuole, può riprendere i suoi antichi vessilli e riuscire a renderli protestatari. Bisognava vedere con quanta prepotente energia, ballando un infernale tip-tap, a faccia serissima e volutamente matta, le indossatrici di Cacharel, le mani nelle tasche, tagliate ai lati della gonna, la sventagliavano come un'arma. Si tratta, è vero, delle gonne più belle vedute fino ad oggi. Si può scegliere la gonna diritta o appena svasata, in gabardine, tasche applicate e doppio piegane interno sul dietro, in azzurro e verde, in grigio con la camicetta scozzese, ampia e il pulì o il gilè a disegno geometrico, mollemente segnato dalla cintura. Quella in tweed, è volteggiante a portafoglio, abbottonata davanti, anzi un po' sbottonata, le gambe in vista, con la camicetta tutta a fiorellini liberty. E ancora l'altra, gonna color burro a pieghe, quella godè in viscosa stampata con il suo pulì stretto alla vita dall'increspatura a punto smock. C'è la gonna di lino plissé con la camicia in tinta unita in georgette e il pulì a righe raggiate, quella scozzese con gruppi di pieghe, la giacca di lana chine e sotto una camicia a fiori distanti e il collo alla marinara, ampio sulle spalle: colori ideali, pastello, spenti, modulati fra burro, verde mare, grigio, rosa, malva e viola e baschi impertinenti lavorati all'uncinetto, cappellini da collegiale, con tutta l'ala abbassata. Curiosamente le camicette ritornano alla linea maschile, prima che anche la moda per uomo esigesse lo stile slim, su le pinces e via ì soffietti dorsali, le arricciature sotto il carré. Non solo la gonna è aggressiva, ma i pantaloni sono ironizzati e declinati al femminile da Cacharel in un modo altrettanto polemico. Gli short ritornano, non cortissimi, anzi all'inglese, a fiori, a righe, in lino, in tela, ampi, con pieghe, risvolti, molli ti, uniti a polo di spugna Cini-1 glia, a camicie alla paesana, con incrostazioni in lino a fio-1 rellini: e scarpe basse, calze e calzettoni bianchi introducono un'aria da bambina pimpante. Ma la cesa più nuova sono i pantaloni corti, nel senso che sembrano mozzati un po' più su della caviglia, proprio come le gonne più lunghe ed i tacchi alti, i cardi- gan morbidi, le sahariane, gli 1 spolverini a caban, accampa, no uno stile da «seguendo la 1 flotta», molto piacevole, Senza contare gli abiti in tessuto a fiori liberty, gonna plissé e carpino morbido, ma- niche a farfalla o a palloncino ed i grembiuloni con la gonna arricciata, scollati fino alla vi- ta, con due ali che formano manica e davanti insieme, ora in crèpe stampata a corolle scure ora in limpidissimo scozzese. I pittori che han lasciato i pennelli per la macchina fotografica, sono arrivati al tessuto: alcuni dei più spiritosi abiti in tela, mani che corte e scollatura dorsale, visti da Cacharel, sono un col lage di immagini in colore dagherro tipo, o grìgio, prese da riviste, quotidiani, cinerama, piuttosto inquietante, Dì tutt'altro gerire, nono¬ stante la musica elettronica, i giochi di luce sulla passerella al buio per apparizioni a gruppo di indossatrici ieratiche, la sfilata che per la prima volta ha riunito, sotto l'egida della Chambre Syndacale de la Couture Parisienne, il pret-à-porter dei sarti d'alta moda: pochi, infatti, quelli che al di là dei modelli presentati in numero ristretto, ieri sera, hanno mantenuto l'appuntamento con la stampa nei loro atelier o che non hanno addirittura risposto all'appello di «embrassonsnous» della Chambre. Se la sfilata voleva introdurre qualcosa di simile alla passerella della Sala Bianca, l'eccesso di regia ha neutralizzato l'intenzione: fra buio e confuso, anche se lento, alternarsi di modelli con relativo nome dell'autore gridato come all'arrivo dei titolati ai balli di fine secolo, è tanto se si può registrare una certa stasi nella visione dei grossi sarti, piuttosto incerti tra linea fluida e asciutta, anche se morbida e allungata, e linea ampia, volteggiante, che è quella proposta dai creatori del pret-à-porter. 1 sarti sono gli unici a non aver abbandonato del tutto i calzoni. Tradizionali. Veri tailleur pantalone in rosso o verde chiaro si trovano da Courrège, anche in bianco e con giacche fantasia, Cardin alterna gonne-pantaloni e pantaloni a gonnelle corte e strettissime, Givenchy posa giacche caban di ampiezza moderata e la manica chimono su pantaloni larghi, in lino bianco o nero, accostandoli ai tailleur classici in seta. Baimaìn ha bei completi in tela bianca, giacca cardigan senza bottoni, con maniche corte portata su abito diritto, tutto a pieghe piatte e la cintura incrostata bassa sulle anche, ma è di color tegola il suo tailleur pantalone con la giacca stile impermeabile. Gli abiti da giardiniera, lunghi alla caviglia e tutti un fiore, di Lapidus si oppongono a quelli a sacco e di ispirazione orientale, di Lanvin e alle princesses godet, in seta a pallini, di Dior. Pochi i mantelli e come sempre i migliori a firma di Venet e di Laroche, fra giallo limone e blu cielo: si portano su abiti in seta stampata nemmeno troppo lunghi, appena coperto il ginocchio. Simbolo della moderazione dell'alta moda pronta mentre il prèt-à-porter si prende le più gioiose libertà. Lucia Sollazzo Hechter (Telefoto

Persone citate: Cardin, Christian Dior, Cini, Corinne Grandval, Emmanuelle Khanh, Lanvin, Lapidus, Laroche, Lucia Sollazzo, Venet

Luoghi citati: Cacharel, Parigi