Morto a 97 anni Pablo Casals il più grande violoncellista di Massimo Mila

Morto a 97 anni Pablo Casals il più grande violoncellista La fine a Portorico, dove viveva in esilio Morto a 97 anni Pablo Casals il più grande violoncellista Aveva cominciato a suonare a otto anni, fabbricandosi da solo il primo strumento Dopo la vittoria di Franco nella guerra civile, non era più voluto tornare in Spagna San Juan, 22 ottobre, (r.) Pablo Casals è morto oggi nell'ospedale del «Mutuo Soccorso » a Portorico. Aveva 97 anni. Il violoncellista era entrato in coma ieri sera, per la seconda volta in due giorni. Al momento della morte gli erano vicini la quarta moglie Marta Montanez, che ha 37 anni, e il fratello Enrique, di 81 anni. Direttore d'orchestra, pianista, compositore, per la sua tecnica nel suonare il violoncello venne definito « il re dell'archetto ». Era nato a Vendrell, un paese vicino a Barcellona, il 29 dicembre 1876. Il padre, organista, era stato il suo primo maestro. A nove anni il ragazzo era già tanto bravo da poter sostituire il genitore alla tastiera. A otto anni, con un pezzo di legno, due corde e una zucca vuota, si costruì il primo violoncello. Sono aneddoti curiosi che danno la misura della personalità quasi mitica dell'artista. Dopo aver imparato violino e violoncello dal Garcia e armonia dal Rosoreda, a Barcellona, Casals cominciò la sua carriera suonando musica leggera nei caffè. Qualcuno segnalò la sua perizia alla regina Maria Cristina che gli concesse una pensione permettendogli di perfezionarsi a Madrid e a Bruxelles. Nel '97 gli veniva affidata la cattedra di violoncello al Conservatorio di Barcellona, dove fondò la Società del Quartetto. Nel '98 si esibì a Parigi. Cominciò così la sua brillante carriera che lo portò nelle principali sale di musica di tutto il mondo. Due sono le grandi passioni che caratterizzarono la vita dì Pablo Casals: l'amore per la musica e l'impegno politico per la democrazia contro il fascismo. In polemica contro coloro che tollerarono la sopravvivenza del regime franchista rinunciò ad ogni concerto nel suo Paese. « Sono nato povero — disse una volta — e pertanto sono un democratico ». Musicista romantico La complessa personalità e la lunga esistenza di Pablo Casals non si lasciano incasellare sotto una sola rubrica. C'erano in lui almeno tre aspetti, di cui quello dell'esecutore musicale è certamente il più eccelso, ma non esaurisce la dimensione dell'uomo e dell'artista. Fu probabilmente il più grande violoncellista che sia mai comparso sulla faccia della terra. Chi ha avuto la fortuna di sentirlo dal vivo magnifica la ampiezza e la vigoria dell'arcata, la pasta spessa e sostanziosa del suono, il fervore romantico dell'interpretazione. I dischi conservano un'immagine, non equivalente, e pur tuttavia altamente persuasiva, di questo splendore dell'interprete. Particolarmente la magistrale esecuzione delle sei Suites di Bach per violoncello solo, testimonia non solo delle splendide qualità foniche e tecniche dell'esecutore, ma anche dello scrupolo filologico che sorreggeva le sue interpretazioni, senza raggelarne l'entusiastico calore. Ben presto non gli era più bastata l'attività individuale del solista di grido, ed era passato alla concertazione cameristica ed anche alla direzione d'orchestra, specialmente con quel Festival di Prades, cittadina pirenaica sulla frontiera franco-spagnola, che era come una spina piantata nel fianco dell'inviso regime franchista. (E qui s'inserisce l'altra faccia della grandezza, morale questa volta, di Casals: l'irreducibile ostilità alla dittatura che gli fece scegliere la via dolorosa dell'esilio, più intransigente ancora che quello di Picasso). A Prades, e nel Festival che ad esso fece seguito dopo il suo trasferimento nell'America Latina, Casals, in compagnia dei più celebri solisti dell'epoca, che si facevano un onore di suonare con lui, passò in rassegna il repertorio della grande musica da camera ottocentesca, lasciando interpretazioni memorabili dei Sestetti e Quintetti di Brahms e d'altre grandi composizioni romantiche. Infine c'era un terzo aspetto della personalità artistica di Casals, quello del compositore (sua composizione principale era l'oratorio El Pessebre, eseguito anche in Italia, qualche anno fa, alla Sagra Musicale Umbra) e quello dello scrittore e del polemista. Era quest'ultimo l'aspetto dove meno era facile seguirlo con adesione incondizionata. La sua musica, irreprensibile dal punto di vista del mestiere, era di gusto irrimediabilmente superato, e le sue opinioni artistiche, formulate sempre con estrema vivacità e de- cisione (specialmente nelle Conversations with Pablo Casals, raccolte da J. M. Corredor), si potevano definire francamente reazionarie. C'era in Casals una certa tendenza a confondere i frutti spiacevoli dell'età moderna (le dittature totalitarie) con i prodotti e le tendenze arti¬ stiche. Santo cielo! chi oserebbe fargliene colpa? Basta guardare la sua data di nascita per comprendere la sua difficoltà a adattarsi al mondo nuovo. Era nato a Catalogna, la terra dove l'opposizione al franchismo è sempre rimasta irreducibile, il 30 dicembre 1876. D'accordo, | Schoenberg era più vecchio e Ravel anche, e furono tutti due uomini e artisti moderni. Bene, Casals non lo fu. Fu l'ultimo romantico, non un'epigone, non un manierista, ma veramente un romantico genuino, di prima mano. Massimo Mila San Juan de Portorico. Pablo Casals con la quarta moglie, Marta Montanez, già sua allieva. L'aveva sposata nel 1957, quando lei aveva 21 anni, e lui aveva compiuto gli 80