Riforme e priorità nella "fase due,, di Francesco Forte

Riforme e priorità nella "fase due,, I nodi dell'economia italiana Riforme e priorità nella "fase due,, Nella fase due, cui la politica economica italiana si avvia, assumono importanza qualificante le azioni strutturali, per i grandi problemi nazionali: in primo luogo problema della casa e problema del Mezzogiorno. Nella fase uno, di questi grandi argomenti non ci si poteva occupare, perché occorreva effettuare alcune azioni di emergenza volte a ricreare condizioni di equilibrio nella situazione economica e finanziaria (blocco dei prezzi, manovra del credito, alt al disavanzo globale del bilancio statale, misure valutarie); e inoltre «onorare» impegni di spesa già in gran parte presi dal precedente governo, nel settore retributivo statale e parastatale (con costi altissimi) e approvare il provvedimento sulle pensioni e gli assegni familiari, il cui significato percquativo è evidente, ma il cui onere, superando i mille miliardi annui, impegna fortemente la finanza pubblica vista nel suo complesso. La fase due, per la verità, non si qualifica solo in relazione alle azione strutturali di cui sopra (casa, Mezzogiorno), ne dovrà includere anche altre: in particolare l'approvazione, che ci si augura sollecita e non inficiata da rivalità fra ministeri (uno degli spettacoli tradizionali dell'inefficienza nazionale), del piano petrolifero, volto ad assicurare continuativamente al Paese il petrolio per i vari usi, con prezzi ragionevoli e sicurezza degli approvvigionamenti. La fase due, inoltre, deve contemplare atti rilevanti di politica industriale e del lavoro, che coinvolgono le organizzazioni sindacali e gli imprenditori, come quelli relativi alla maggiore utilizzazione degli impianti e alle piattaforme rivendicative. Le basi per un'azione strutturale adeguata stanno nello sviluppo della produzione senza avventure inflazionistiche e speculative. Ricreato il quadro finanziario-monetario globale, è ora necessario un regolare sviluppo produttivo, perché vi sia la materia economica con cui conciliare le varie voci, del consumo privato, del consumo pubblico, e dell'investimento privato e pubblico. Teniamolo ben presente: se non abbiamo un'espansione della produzione nazionale superiore al 5% in termini reali, il periodo che ci sta innanzi (ultimi mesi del 1973 e 1974) non potrà vedere l'attuazione della fase due, ma dovrà consistere in un ritorno alle azioni di emergenza della fase uno, perché mancheranno i mezzi con cui fronteggiare tutte le richieste che già esistono. E ciò vorrà dire nuovi pericoli d'inflazione e di caduta del cambio della lira, con tutto quello che segue. Anche l'altro aspetto della fase due, quello di un controllo dei prezzi più articolato che nella fase uno, per non diventare un dilemma fra un blocco rigido che porta alla sparizione di prodotti, perché non si tien conto dell'aumento dei costi, e un aumento vistoso dei prezzi di una larga quantità di beni che presentano costi fortemente rincarati, ha bisogno di fondarsi su una base produttiva caratterizzata da aumenti di prodotto e di produttività e da moderazione nella dinamica dei costi del lavoro. Non si possono « tenere » i prezzi, se salgono di continuo i costi del lavoro e non aumenta la produttività (cioè il prodotto per addetto). Ciò premesso, la fase due ha ancora bisogno di un'altra condizione: un'azione energica della finanza pubblica, sul lato delle entrate, al fine di assicurare gli introiti tributari, con cui fronteggiare le grandi spese pubbliche correnti già approvate e avere altresì uno spazio per i programmi d'investimento, azionati dall'operatore pubblico: in particolare casa e Mezzogiorno. Sta per andare in vigore la riforma tributaria delle imposte dirette ed entra fra poco nel secondo anno la riforma delle imposte indirette (imperniata sull'Iva). Il problema fondamentale, ormai, non è quello delle aliquote, che sono alte e, per effetto dell'inflazione, stanno diventando automaticamente meggiori (infatti, i minimi imponibili e le detrazioni di base, man mano che la moneta si deprezza, si riducono, essi stessi, in termini reali e cosi l'incidenza dell'imposta si accresce; e lo stesso vale per le varie aliquote progressive, sugli scaglioni successivi di reddito). Il vero problema è quello degli accertamenti. La riforma dà strumenti migliori di accertamento. Ma perché agiscano occorre un grosso sforzo amministrativo, sorretto da volontà politica, oltre¬ ché la credibilità del nuovo sistema, da parte del contribuente. Se gli accertamenti saranno efficaci, potremo avere più entrate del previsto e potremo accrescere i mezzi per le spese d'investimento prioritarie. Non si deve perder troppo tempo a considerare se le somme, nominalmente, sono stanziate o no. Nominalmente, di stanziamenti, per il Mezzogiorno e anche per la casa, ce ne sono. Ma il problema, anche per lo Stato come per l'uomo della strada, a un certo punto, è di avere « i soldi in cassa »: cosi da rendere effettivi gli stanziamenti e da non costringere a ricorrere a cavilli vari, per non spendere ciò che si è promesso, ma che — dal punto di vista della Tesoreria — non si ha (salvo stampare altra carta moneta, ed emettere altro debito pubblico, in aggiunta a quelli che si mettono in giro). Opportunamente, la linea globale di politica della finanza pubblica è stata impostata sul principio di non eccedere una certa cifra, nel disavanzo di cassa (appunto i soldi in contanti, che entrano e escono, non le promesse, chiamate «impegni» e «residui»). Si è detto che il limite invalicabile sono 7500 miliardi di disavanzo. Non è tanto una cifra precisa, quanto una linea: se la produzione aumenta del 6 % si può fare un disavanzo maggiore, perché la carta moneta e il debito pubblico emessi si trovano di fronte una maggior massa di beni e servizi, inversamente nel caso opposto. Per la casa, la legge che esiste, e che fu varata dall'attuale ministro dei Lavori Pubblici Lauricella, nel precedente governo di centro-sinistra, ha bisogno di un rilancio. A quanto consta, il ministro Lauricella, con i suoi esperti, lo ha già messo a punto. Esso si basa sui seguenti principi: 1) costituzione di una cassa finanziaria nazionale, specializzata per l'edilizia popolare, cui affluiranno automaticamente i contributi Gescal (circa 150 miliardi annui), opportunamente prorogati a tempo indeterminato e ogni altro fondo, disponibile su qualsiasi bilancio residuo, riguardante la casa e non ancora speso (si mobilitano cosi forti cifre) e i fondi nuovi; 2) questa cassa dà i soldi, innanzitutto, per le infrastrutture (cioè strade, fognature, scuole ecc.) che gli enti locali devono fare, per rendere utilizzabili i suoli disponibili per le costruzioni popolari (sin qui, ci si è bloccati nel fatto che anche quando ci sono i fondi statali per le case, mancano quelli locali per le infrastrutture). Si tenga presente che esistono aree, già acquisite dai comuni a basso prezzo (ma sfornite di infrastrutture) su cui si possono fabbricare ben 5 milioni di vani; 3) ogni Regione riceve dallo Stato una fetta della disponibilità totale; e indica, per la realizzazione, un'unica « stazione appaltante » pubblica, che provvede sia a costruire le infrastrutture, per l'intera area, sia a costruire e far costruire la quota di case ad edilizia sovvenzionata (forse un terzo del totale) ; 4) consegna da parte di essa delle infrastrutture al comune e costruzione, da parte di privati, sugli altri due terzi, di alloggi di edilizia « convenzionala » (dove lo Stato non copre direttamente una parte del co¬ sto, ma dà agevolazioni varie). E' uno schema semplice e veloce, che dovrebbe dare vita a molte costruzioni sia sovvenzionate che convenzionate. E' augurabile che parta al più presto. Per il Mezzogiorno, i soldi esistono sugli stanziamenti precedenti e ve ne sono anche a livello internazionale, presso la Cee e le sue istituzioni (come la Banca Europea di Investimento). Il ministro Donat-Cattin sta preparando una legge sugli incentivi, anch'essa piuttosto semplice, che unifica tutti i precedenti sparpagliati benefici e li concentra, in gran parte, sull'occupazione, che le imprese, che vogliono investire nel Sud, andranno a creare. D'intesa con il ministro del Bilancio, egli aprirà a Milano un'agenzia, che darà direttamente tutte le informazioni, su come investire nel Sud e curerà tutte le pratiche. La fase due e pronta per il decollo. Ma bisogna salvaguardare le condizioni affinché il «volo» non sia effimero. Il ritorno sulla pista di partenza o la sosta su essa a tempo indeterminato, per il sopravvenire di condizioni sfavorevoli, sarebbero un fatto mollo triste. Francesco Forte

Persone citate: Donat-cattin, Lauricella

Luoghi citati: Milano