Sul negoziato Cee-Africa pesano molte incognite di Renato Proni
Sul negoziato Cee-Africa pesano molte incognite Il "fronte,, europeo appare diviso Sul negoziato Cee-Africa pesano molte incognite I contrasti vertono soprattutto sulla delicata questione della "reciprocità" -1 Paesi in via di sviluppo si presentano compatti (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 19 ottobre. L'Europa sarà in grado di svilupparsi non soltanto come un club di nazioni ricche, ma anche come un gruppo di Stati che desidera promuovere il progresso dei Paesi in via di sviluppo, mediante nuovi accordi commerciali, istituzionali, di cooperazione e di assistenza con il mondo ex coloniale? L'Europa ha già accettato la sua responsabilità storica di aiutare i Paesi in via di sviluppo che formavano i suoi imperi ed è in questo contesto che si sono aperti a Bruxelles i negoziati tra la Cee e i 43 Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico per una nuova forma di associazione. Il negoziato vero e proprio comincerà lunedì al Centro Manhattan, con la partecipazione della Commissione europea e degli ambasciatori dei Paesi del Terzo mondo. Le trattative dureranno alcuni mesi e prima della scadenza del trattato della convenzione di Yaoundé — il 31 dicembre 1974 — dovrà emergere il nuovo tipo di associazione tra il vecchio continente e le ex colonie. Da una parte, si trovano nove tra le nazioni più ricche del mondo e dall'altra 18 Paesi francofoni dell'Africa, piìi il Maurizio (già associati in base al trattato di Yaoundé), i 19 Paesi indipendenti dell'Africa (associabili in seguito all'ingresso del Regno Unito nella Cee), oltre alla Bahamas, l'Etiopia, la Liberia, il Sudan e la Guinea, le cui economie hanno bisogno di una spinta esterna per decollare verso livelli più alti. Questi Paesi in via di sviluppo mirano a raggiungere «un rapporto globale e contrattuale con la Cee mediante nuovi e più soddisfacenti modelli di quelli che sinora hanno caratterizzato la relazione con gli Stati progrediti». In linea di principio, l'Europa è d'accordo, ma nell'elaborazione di una politica comune concreta essa è ancora divisa. Ciò è risultato chiaramente dal discorso di apertura pronunciato da Ivar Norgaard, ministro danese per l'Economia e presidente di turno del Consiglio dei ministri della Comunità Economica Europeu al palazzo D'Egmont. Norgaard ha ammesso che ì nove Paesi europei non hanno ancora raggiunto l'unanimità sulla delicata questione della «reciprocità» (cioè la concessione di vantaggi tariffari ai Paesi della Cee in cambio dei vantaggi dati alle nazioni in via di sviluppo) ed ha ribadito che ogni accordo deve avere una base contrattuale che non possa poi essere rimessa in discussione nel quadro delle regole dell'accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt). Norgaard ha anche ammesso che gli europei non hanno raggiunto l'accordo sul problema della stabilizzazione dei prezzi pagati ai prodotti d'esportazione — in massima parte di monoculture — ai Paesi associabili e associati. I 43 Paesi del Terzo mondo sono riusciti a trovare invece una posizione assolutamente omogenea tra di loro, anche se essa potrà indebolirsi quando il negoziato procederà e l'Europa avrà una linea comune. Si tratta, comunque, di un notevole successo diplomatico per Paesi così diversi frc loro per la prima esperienza di un grande negoziato unico con l'Europa. Renato Proni
Persone citate: Gatt, Ivar Norgaard
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