Breznev è saldo al potere?

Breznev è saldo al potere? I "CREMLINOLOGI,, DI FRONTE A UN NUOVO ENIGMA Breznev è saldo al potere? Da un paio di mesi circolano voci su una forte opposizione al segretario del partito -1 "falchi" ed i rivali gli rimproverano tre colpe: i rischi della distensione, la crisi economica, il tentativo d'imporre una dittatura personale - Ma anche le voci sono incerte: spesso derivano da manovre di guerra psicologica, ispirate dai cinesi - E il potere sovietico rimane avvolto di mistero: è segreto di Stato persino la sede dove si raduna il Politbjuro (Dal nostro corrispondente) Mosca, ottobre. Il primo a rilanciare verso l'Occidente le voci di un'opposizione a Breznev fu un giornalista americano, il quale, a sua volta, le aveva raccolte da un diplomatico cinese durante uno dei tanti cocktails che gli osservatori stranieri di Mosca utilizzano come laboratori sperimentali per quella scienza inesatta che si chiama cremlinologia. I diplomatici cinesi sono tra i più attenti analisti della politica interna sovietica perché, a causa della permanente tensione tra Mosca e Pechino, sono i più interessati a sapere che cosa accade in casa dei rivali. Ma essi sono anche i meno attendibili, essendo sempre pronti ad accreditare le voci più maliziose sui dissensi che lacererebbero la leadership sovietica e la lotta per il potere che coverebbe in permanenza al Cremlino. La stessa tattica, del resto, seguono a Pechino i diplomatici sovietici, che sono spesso le «fonti ben informate» delle indiscrezioni sulla lotta di fazioni nella direzione cinese. E' una guerra psicologica, della quale i più incauti diplomatici e giornalisti occidentali diventano ti • ''a gli inconsapevoli stru „titi. Ma, questa volta, le voci diffuse dal diplomatico cinese sembravano avere un certo riscontro nella recente cronaca politica moscovita. Alcuni fatti, che parevano inesplicabili, trovavano una spiegazione se rapportati all'ipotesi di un dissenso all'interno della direzione collegiale sovietica: il clamoroso processo a Jakir e Krasin (i due dissidenti autoaccusatisi, prima davanti al tribunale e poi davanti ai giornalisti stranieri, di aver lavorato per organizzazioni sovversive occidentali); le contemporanee, drammatiche denunce di Sakharov e Solgenitsin sulla condizione di intellettuale nell'Unione Sovietica; le manifestazioni di ostilità verso gli atleti israeliani durante i Giochi universitari ad opera di pattuglie dell'Armata Rossa infiltratesi di forza tra gli spettatori. Tutti episodi che, avendo provocato una reazione negativa nell'opinione pubblica occidentale, fino a sollevare un dibattito sull'opportunità morale della cooperazione economica con l'Unione Sovietica, erano apparsi agli osservatori come grossolani errori di calcolo dei dirigenti sovietici. Ma gli stessi episodi potevano essere valutati sotto una luce diversa partendo dall'ipotesi, da dimostrare, di un'opposizione interna a Breznev: cioè, come atti di sabotaggio della politica di distensione attuata dal segretario generale del pcus allo scopo di ottenere l'aiuto tecnologico occidentale per la traballante economia sovietica. Nell'esercito E poiché in tutti questi fatti la polizia politica e l'esercito erano stati protagonisti diretti o indiretti, qualcuno arrivò alla cauta conclusione che l'eventuale opposizione a Breznev potesse ruotare attorno a queste due potenti forze, i cui leaders, l'ex ambasciatore a Budapest (nel 1956) Jurij Andropov e il maresciallo Andrei Gre- chko, erano diventati in aprile membri del Politbjuro, un onore che non era più toccato ai capi del «Kgb» e delle forze armate dai tempi di Lavrentij Berja e Georgi] Zhukov. La stessa stampa sovietica dimostrava un'incertezza di toni e di posizioni, che sembrava tradire l'esistenza di direttive differenti e quasi contraddittorie all'interno della Sezione agitazione e propaganda del Comitato centrale del partito. Si trattava, certo, di indizi abbastanza labili, né privi di controindicazioni (ad esempio, Andropov e Grechko sono sempre stati considerati due fedelissimi di Breznev). Ma molte altre analisi cremlinologiche si sono basate su presupposti ancora più deboli perché pochissimi sono i dati certi sui quali gli osservatori possono elaborare le loro indagini. Infatti, i meccanismi e i processi decisionali della vita politica sovietica restano ancora misteriosi in grandissima misura. Del Politbjuro e della segreteria del Comitato centrale, i massimi organi di decisione e d'esecuzione del partito e del Paese, si conosce la composizione, ma nulla si sa sui metodi e sui ritmi di lavoro. Lo stesso ordine gerarchico esistente tra i sedici membri dell'ufficio politico e i dieci della segreteria — un dato molto importante per valutare la bilancia delle forse al vertice del partito e individuare i possibili aspiranti ai posti supremi — è controverso. La mattina del 9 aprile 1971, parlando dal palco della presidenza del 24" Congresso del pcus nell'anfiteatro del palazzo dei congressi al Cremlino, sotto un bassorilievo raffigurante la testa di Lenin alto più di cinque metri, Breznev annunciò la composizione dei due organi appena eletti seguendo un ordine che sembrava riflettere l'effettivo prestigio e potere di ciascuno dei massimi dirigenti: egli stesso veniva primo nell'elenco, il capo dello Stato Podgorny era il secondo, il primo ministro Kossighin il terzo, l'anziano Suslov il quarto, e via enumerando. I sostituti Ma la Pravda, il giorno dopo, pubblicò l'elenco dei membri del Politbjuro e della segreteria secondo l'ordine alfabetico: la consuetudine dura tuttora. Ancora meno si sa su come il Politbjuro lavora e prende le sue decisioni. In uno slancio di confidenze, Breznev raccontò a undici giornalisti americani, da lui ricevuti al Cremlino prima di recarsi negli Stati Uniti lo scorso giugno, che l'ufficio politico del partito si riunisce una volta la settimana e che, in sua assenza, le riunioni sono presiedute da Suslov o da Kirilenko. Quel giorno Breznev fece credere, senza dirlo esplicitamente, che tali riunioni si tengono al Cremlino, ma è più probabile che si svolgano normalmente nel palazzo del Comitato centrale, un edificio grigioverde nella Piazza Nogina, a non più di quattrocento metri in linea d'aria dalla Piazza Rossa, davanti al quale è vietato transitare a piedi o in automobile. Delle riunioni del Politbjuro non viene pubblicato alcun resoconto e, solo molto raramente, la risoluzione finale appare sui giornali, beninteso come presa all'unanimità, sicché non si i sca almeno da settembre e può avere alcun indizio di eventuali contrasti. Lo stesso segreto copre le riunioni plenarie del Comitato centrale, il parlamento del partito, che viene convocato per statuto almeno una volta ogni sei mesi. Del contenuto dei rapporti (di solito, uno generale di Breznev e altri, su temi specifici, di qualche membro del Politbjuro) si ha un'indicazione generica ed edulcorata nell'editoriale della Pravda, tre o quattro giorni dopo, o in quello di Kommunist, la rivista teorica del partito, un mese dopo. Ma nulla trapela sugli interventi, che vengono fatti solitamente dai principali dirigenti centrali e periferici del partito e che potrebbero rivelare l'esistenza di dissensi interni. Agli osservatori non resta altro, perciò, che studiare la lista degli intervenuti, pubblicata dalla Pravda, per determinare se tra coloro che hanno preso la parola il numero dei presunti «brezneviani» sia più alto di quello dei presunti «non brezneviani» (l'appartenenza all'uno o all'altro clan viene stabilita in base al curriculum vitae;. Oltre che dall'esiguità dei dati disponibili, la complessità e l'alto grado di erroneità di ogni analisi cremlinologica dipendono anche dalla lunghezza dei tempi di tutti i processi politici che toccano il vertice della gerarchia sovietica. Può accadere — e il caso tipico fu la caduta di Kruscev — che la crisi si manifesti soltanto molto tempo dopo che ne sono stati avvertiti i sintomi, cogliendo in contropiede gli osservatori, ormai convinti che ogni dissenso interno sia stato appianato. Per tutte queste ragioni, le voci di un'opposizione a Breznev, che circolano a Mo- provocano misteriosi conciliaboli tra diplomatici ai cocktails nelle ambasciate, non sono indicazioni sicure di ciò che sta accadendo al Cremlino, ma soltanto un segno che qualcosa sta accadendo o potrebbe accadere. Perché — e anche questo è un postulato della cremlinologia — queste voci non nascono mai per nulla e non vanno mai scartate a priori, se non sono palesemente elucubrazioni senza senso. Nel caso specifico, esse trovano il loro presupposto logico in due situazioni di fondo reali — una puramente politica, di lotta per il potere, l'altra economica — che si sono determinate negli ultimi tre anni e conducono ad un'unica conclusione. I cinque punti La compattezza del gruppo dirigente che, nell'ottobre 1964, aveva rovesciato Kruscev dipendeva in grande misura da una serie di principi, una sorta di codice di comportamento, cui il gruppo si è rigidamente attenuto per almeno cinque anni. Nell'ottobre del 1970, in uno studio dal titolo significativo («The soviet leadership: toward a self-stabilizing oligarchy?»; pubblicato da Soviet Studies, T. H. Rigby così tracciava le linee fondamentali di condotta della leadership post - krusceviana: 1) assegnare i posti-chiave (segretario generale del partito e primo ministro) a due diverse persone; 2) ridurre le occasioni di «patronato»; 3) distribuire tra i vari dirigenti i posti nel Politbjuro, nel Presidium del consiglio dei ministri e nella segreteria del Comitato centrale in modo da evitare pericolosi modelli di sovrapposizione; 4) mantenere un bilanciamento di poteri tra i leaders più forti. A questi quattro principi va aggiunto un quinto, che Rigby, del resto, considerava implicito: mantenere immutata la composizione del Politbjuro e. della segreteria. Ma, a partire dall'aprile 1971, con il 24" Congresso, Breznev non si è più attenuto a questo codice di comportamento. Egli ha chiamato nel Politbjuro quattro uomini nuovi, dei quali almeno tre sicuramente a lui fedeli (Kunaev, Scerbitskij, Kulakov); poi ha rimpiazzato un suo rivale, Shelest, con un suo vassallo, Scerbitskij, alla testa dell'importante partito dell'Ucraina; infine, ha eliminato, e questa è cronaca recente, Voronov e Shelest dall'ufficio politico sostituendoli con tre uomini a lui legati (Gromyko, Andropov e Grechko). Al tempo stesso, Breznev ha preso progressivamente in mano la direzione dell'economia (c'è una data precisa anche per questa operazione: il Plenum del Comitato centrale del 15 dicembre 1969) e, più recentemente, della politica estera, diventando l'unico protagonista delle più spettacolari iniziative sovietiche in questo settore. Ma una volta infranta la tregua, Breznev ha risvegliato l'opposizione e la lotta per il potere. Egli è abbastanza forte da poterla soffocare? Oppure ha sbagliato i calcoli e i tempi, sferrando troppo presto l'attacco finale quando ancora non aveva vinto tutte le battaglie? A questo punto, sul discorso politico s'innesta quello economico. Una delle batta¬ glie che Breznev non ha ancora vinto, e che anzi è ben lungi dalla conclusione, è quella economica. La crisi ha raggiunto proprio l'anno scorso il livello più acuto ed ora gli effetti ricadono sulla popolazione, allungando la lista dei beni mancanti La politica distensiva con l'Occidente non ha portato per ora alcun rimedio, r.é certo poteva portarne a così breve scadenza, ma non ha neppur dato grandi risultati in termini di grossi contratti. Insomma, è difficile che, per la fine del nono piano quinquennale, il partito possa tenere fede alle promesse consumistiche fatte con il 24° Congresso. Il consumatore sovietico sembra cosciente di questo fallimento e un certo malumore, per ora appena sussurrato, è avvertibile nella popolazione. E' possibile, perciò, che alcune forze nel partito siano sensibili al malessere della popolazione e ritengano indispensabile fare qualcosa prima che questo malumore diventi più largo e scoperto: si sa che la «lezione polacca» non è mai stata sottovalutata dai dirigenti sovietici, sebbene il popolo sovietico sia assai più paziente di quello polacco. E anche in questo caso, l'obiettivo di queste forze di partito, siano esse l'armata, la polizia, o altre, non può essere che Breznev, il quale, dopo aver preso in mano imperiosamente la direzione dell'economia, non ha ancora saputo risolverne i problemi. L'analisi di queste due situazioni, quella politica e quella economica, conduce alla conclusione che l'esistenza di un'opposizione a Breznev, acuitasi in questi ultimi tempi, è perfettamente logica. Ma, proprio per i limiti d'ogni analisi cremlinologica, è molto difficile e rischioso dire da chi questa opposizione provenga, quale ne sia la reale consistenza, se e quando possa provocare un'acuta crisi di potere al Cremlino. Tra l'altro, alle incertezze di prima si sono aggiunte le incognite della guerra nel Medio Oriente. Paolo Garìmberti Budapest. Breznev alla tribuna: negli ultimi anni il segretario del partito è apparso anche all'estero come il vero capo dell'Urss (Telefoto Ansa-Upi)