Assalto della polizia a Beirut morti 3 terroristi e 2 ostaggi di Igor Man

Assalto della polizia a Beirut morti 3 terroristi e 2 ostaggi I guerriglieri asserragliati in una banca Assalto della polizia a Beirut morti 3 terroristi e 2 ostaggi Ucciso anche un agente - Liberati tutti gli altri prigionieri - Gli autori dell'impresa appartenevano all'Organizzazione socialista rivoluzionaria, sconfessata dal Movimento palestinese (Dal nostro inviato speciale) Beirut, 19 ottobre. A Damasco non ci hanno voluto portare al fronte, a Beirut oggi abbiamo assistito a una « battaglia » nel cuore della città. Abbiamo visto duecento tra agenti della brigata mobile di polizia e « commandos » del- j l'esercito libanese dare l'assulto al grande palazzo della Bit. dove al terzo e al quarto piano sono gli uffici della Bank of America. Quattro « tupamaros » libanesi vi tenevano prigionieri da ieri mattina alle 11,30 un numero imprecisato di impiegati e clienti. L'assalto è durato in tutto 90 minuti e si è concluso con questo tragico bilancio: due morti fra gli ostaggi: una ragazza e il vicedirettore della banca, John Maxwell. Tre « tupamaros » morti, tra cui il capo della banda, e un guerrigliero ferito. Un agente di polizia è morto, tredici altri sono rimasti feriti. Ma sono cifre che vanno aggiornate. Il palazzo in vetrocemento dove sono gli uffici della Bank of America è in via Rias Riad Solh, la « strada delle banche » (ce ne sono ottanta), di fronte alla posta centrale vicino al Parlamento. Gli accessi alla strada sono sbarrati da cavalli di frisiti e da autoblindo messe di traverso. Tiratori scelti dell'esercito, protetti da giubbotti antiproiettile, tengono sotto tiro il palazzo della Bit, altri sono appostati sui tetti delle case vicine. Tutti i marciapiedi sono cosparsi di frammenti di vetro, il gas delle bombe lacrimogene brucia gli occhi. Sono le 9,30 del mattino, non si ode sparare. Arrivano miagolando alcune ambulanze che parcheggiano nelle vie trasversali. Alle 9,37 nell'interno dell'edificio comincia a gracchiare il mitra, raffiche su raffiche. Sulla strada piombano bombe a mano lanciate dai tupamaros. Soldati e giornalisti si gettano carponi cercando un riparo. La sparatoria dura tre minuti, poi dalle finestre si affacciano i commandos dell'esercito: sono riusciti a snidare i guerriglieri da alcuni uffici ma ora essi resistono, si sono asserragliati in un salone interno e minacciano di far saltare tutto il palazzo, dicono di aver già posto cariche di plastico un po' dappertutto. A bordo di una camionetta arriva una donna piangente, è la madre del capo dei tupamaros, Mourched Chebbo. I poliziotti la portano su perché convinca il figlio ad arrendersi. Il colloquio si svolge per telefono. Alle invocazioni della madre il guerrigliero grida: « Mamma, vattene, lasciami morire qui. tra poco saltiamo in aria ». Ma la polizia risponde che fra i morti ci saranno anche i parenti dei tupamaros. Ieri mattina, quando i quattro uomini armati irruppero negli uffici della Bank of America, si pensò a una volgare rapina, ma gli assalitori chiarirono subito, lanciando da una finestra un foglio con sopra scritto « comunicato numero 1 », che erano guerriglieri dell'Orsi, organizzazione socialista rivoluzionaria libanese. L'Orsi venne fondata dal fratello di Mourched Chebbo, uscito dai ranghi del vecchio Fronte nazionalista arabo insieme con George Habash e Nayef Hawatmeh, che formarono il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Nel 1969 Hawatmeh si scisse da Habash dando vita al Fronte democratico. In quel momento nasce, fra i tanti gruppuscoli, l'Orsi. Di questa organizzazione si occupa la cronaca per la prima volta nel dicembre scorso: conduce un assalto alla Banca di Siria. Otto rivoluzionari vengono arrestati, il capo fugge ed è tuttora latitante. Nel «comunicato numero 1» gli assaltatori della Bank of America dicono di agire per fini politici. Bisogna colpire gli interessi americani nel mondo arabo, sicché chiedono un riscatto di 10 milioni di dollari. La Bank of America è solo il primo obiettivo, perché finanzia Israele. Chiedono inoltre la liberazione dei loro compagni e di tutti i fedayn in prigione dopo i fatti di maggio. Chiedono, ancora, «completa libertà d'azione per la gloriosa resistenza». Ma il movimento palestinese li rinnega subito, lo stesso fanno tutte le organizzazioni di sinistra del Libano. L'ambasciatore d'Algeria, che i guerriglieri vogliono come intermediario perché assicuri loro a operazione conclusa, un salvacondotto e un aereo che li porti in Algeria o nel Sud Yemen, li abbandona al loro destino. Alle dieci del mattino di oggi, quando l'ultimatum dei I guerriglieri, il secondo è scal duto di quattro ore, essi ri| nunciano ai 10 milioni di dol! lari purché gli venga concesI so un aereo con cui recarsi | ad Algeri o ad Aden. La poi lizia risponde che accetta soI lo la resa. Alle 12,20 arriva i un'autoambulanza: gli inferI mieri vi caricano il corpo esaI nime di una ragazza che ha j addosso solo le mutandine. E' morta. Alle 11,50 si scatena l'inferno. I soldati che stringono d'assedio i tupamaros son passati all'attacco. Si combatte al terzo piano dell'edificio, di corridoio in corridoio. Le ambulanze vanno e vengono, caricando soldati e agenti feriti, il cadavere di John Maxwell. Una gran folla di giovani, tra cui sono palestinesi e studenti libanesi dell'Università americana di Beirut, si ammassa nella viI cina piazza Riad Solh tentan1 do poi di forzare i cordoni della polizia. I giovani battono le mani. Gridano: « Evvì' va i nostri compagni, abbasso . l'America ». Alle 12,15 si ricomincia a sparare. Scoppiano bombe a mano, si sentono crepitare i mitra. Un quarto d'ora di fuoco poi silenzio. Finalmente dal terzo piano si affaccia un sol| dato e agita la mano. E' tuti to finito. Sono le 12,45. iDeci i minuti dopo arriva il mini] stro dell'Interno. E' pallido. ! Dice ai giornalisti: « Mi assu! n:.o la responsabilità dell'intervento armato. Non si poteva fare altrimenti, se no avesti episodi diventerebbero cronaca quotidiana. Noìi poI letamo cedere al ricatto ». Igor Man

Persone citate: George Habash, Habash, Hawatmeh, John Maxwell, Nayef Hawatmeh