Cosi un ragazzo quieto, bene educato è finito ucciso con la pistola in pugno in una rapina

Cosi un ragazzo quieto, bene educato è finito ucciso con la pistola in pugno in una rapina E stato identificato il giovane colpito nell'atrio del cinema Capitol Cosi un ragazzo quieto, bene educato è finito ucciso con la pistola in pugno in una rapina Diciotto anni, il padre impiegato statale, un fratello occupato in banca - Interrotti gli studi, lavorava come barista: versava in casa tutta la paga, riceveva solo 5 mila lire la settimana, doveva rincasare presto la sera - Solo da qualche settimana aveva cominciato a dar segni di insofferenza: "Ormai sono un uomo, mi guadagno da vivere" - Aveva acquistato, i parenti non sanno come, una vecchia automobile Sono stati identificati i rapinatori del cinema Capitol. II ferito e Pasquale Guggino, 23 anni compiuti da qualche giorno, da Caltanisetta; la vittima è Lorenzo D'Andrea, 18 anni, abitante con la famiglia In via Roveda 14/C. I genitori lo hanno riconosciuto ieri pomeriggio all'obitorio. Sembravano avviati verso destini diversi. Il Guggino, detto « Lino », ha alle spalle un'adolescenza trascorsa nel «ghetto» di Santa Flavia, uno dei più popolosi del centro siciliano, poi una vita vagabonda, qualche precedente penale e, pare, storie di prostituzione nella nostra città, Lorenzo D'Andrea era cresciuto in un solido ambiente familiare, faceva 11 barista In un locale di corso Orbassano, un lavoro che gli piaceva. Non mancavano i progetti per l'avvenire ed erano progetti seri, di uno che vuol spendere bene la sua vita. Il primo poteva essere influenzato da certi fattori ambientali che se non sono eliminati o controllati in tempo spingono lungo una china pericolosa, fatta di violazioni sempre più gravi del codice penale, il secondo no. O almeno le condizioni di partenza apparivano differenti. Uno degli aspetti più sconcertanti della rapina di martedì sera, conclusasi in modo tragico, è proprio questo: come possa un giovane cresciuto in una cornice familiare fondamentalmente sana, composta di onesti lavoratori, trovarsi implicato in una losca vicenda che purtroppo gli è costata la vita. Se osserviamo il suo passato non troviamo subito la risposta all'interrogativo. Bisogna forse rifarsi a quest'ultimo mese per scoprire i sintomi di un equilibrio interiore che incominciava a vacillare, le tracce di un'ansia, di un'inquietudine che erano il riflesso di un dramma più profondo. Ma, tranne queste ultime settimane, la vita del giovane è trascorsa senza particolari turbamenti. Ha lasciato Melfi, in provincia di Potenza, nel 1956, quando aveva poco più di un anno. Il padre Gino, impiegato statale, era stato trasferito nella nostra città e vi è giunto con tutta la famiglia. Oltre alla moglie ed a Lorenzo, portava con sé altri tre figli. Poi nascerà Amelia, che ora ha 9 anni. Dopo qualche tempo sono andati ad abitare in via Roveda. Via Roveda passa per una strada « calda ». E' nel quartiere di Mirafiori Sud, una zona dove le tensioni sociali sono forti, il dramma dell'immigrazione è vissuto in modo particolarmente violento. Come alle Vallette o, sot- to altri aspetti, alla barriera di Milano. Ma sembra che Lorenzo sia lontano da questi fermenti di disperazione. I genitori lo sorvegliano, di sera gli è proibito uscire, ha qualche amico, ma conosciuto dalla famiglia. Dice un fratello, impiegato in banca, che ora si è sposato e vive per conto proprio: « Non si può accusare mio padre dt non avergli dato una buona educazione. Forse perché abitavamo in una zona poco raccomandabile, moltiplicava le prediche ed i consìgli e cercava di instillargli buoni princìpi, come ha fatto con tutti noi ». Tentativo di difesa? Non pare. Esagerato parlare di ragazzo modello, ma tranquillo lo hanno sempre giudicato tutti. Frequenta la media, ma non riesce negli studi. Ripete un anno, poi parla francamente a casa: « Non mi va di continuare. Le scuole non sono fatte per me. Preferisco lavorare. Così vi do una mano e sono utile a qualcosa. Mi piacerebbe fare il barista ». Lo accontentano. Lui lavora di buona lena. Cambia alcuni locali, poi qualche tempo fa è assunto in un bar di largo Orbassano dove ha lavorato sino all'altro giorno. Ancora il fratello: « Guadagnava circa 140 mila lire al mese, le consegnava tutte a casa. Mio padre poi gli passava 5 mila lire alla settimana. Servivano per le sigarette e qualche cinema. Era contento del suo mestiere, diceva che lo avrebbe cambiato solo per fare il marinaio. Dall'anno scorso ci pensava spesso e diceva: "Forse un giorno mi arruolerò. Mi piacerebbe andare per i mari" ». Un sogno normale nella vita di un ragazzo, nella quale dobbiamo anche collocare un'amicizia femminile (« Gli telefonava una certa Teresa, da fuori Torino ») e la passione per la pittura nata un palo d'anni fa (« Dipingeva o disegnava donne e paesaggi »). Segni di insofferenza? Sentimento d'invidia per altri giovani che potevano permettersi un'esistenza più brillante? I familiari dicono di no: « Era contento di essere così ». Eppure quest'equilibrio, che per altri è il frutto di una lunga conquista, ad un certo punto si è rotto. I genitori: n Ce ne siamo accorti verso la metà del mese scorso. Ha incominciato ad uscire di sera. Cercavamo d'impedirglielo, ma lui diceva che ormai guadagnava ed era diventato un uomo ». E poi riceveva tante telefonate. DI qualche tempo fa è la storia di una « 850 » coupé, sulla quale ora si stanno interessando i carabinieri. Ne era venuto in possesso, pagandola, aveva detto, 80 mila lire. Una cifra esigua, si era giustificato affermando che l'aveva acquistata in società con altri quattro amici, ma non aveva voluto dire chi fossero. « Se guido qualche volta, che male c'è? ». Non aveva ancora la patente. Un familiare gli ha preso le chiavi. Lui ha protestato in modo violento come non aveva mal fatto. Anche il suo compagno di lavoro al bar di largo Orbassano, Enzo Smercan di 17 anni, si è accorto che qualcosa I non andava: « Da qualche tempo — dice — era diventato un altro. Spesso era intrattabile ». Sull'orizzonte del ragazzo era già apparso Pasquale Guggino? E' molto probabile, anche se lui ora dal letto dell'ospedale dove è piantonato afferma che si è trattato di una conoscenza occasionale, fatta qualche giorno pri¬ ma. Sul giovane di Caltanisetta i carabinieri ora stanno svolgendo indagini. A parte 1 precedenti, non sembra che la sua attività a Torino fosse esemplare. Pare infatti che frequentasse gli ambienti della prostituzione e che fosse implicato in vicende di sfruttamento. Dice il Guggino: « E' slato lui a ideare tutto, mi ha messo in mano anche le pistole che poi erano scacciacani ». Ribattono 1 carabinieri: «E' molto probabile che le parti fossero invertite. Guggino è l'ideatore. Le armi dei banditi erano vere ». Le strade del D'Andrea e del Guggino che sembravano portare a traguardi diversi si sono intersecate. I due fissano l'appuntamento, vanno ad assaltare il cinema. Sono disposti a tutto. Prendono due ostaggi, aprono la porta. « E' una rapina ». Poi echeggiano le detonazioni. E' stato il carabiniere Giovanni Congiu a sparare. Parlava con la cassiera, Della Ferraris, sua fidanzata. I banditi lo hanno colpito alle spalle con il calcio della pistola, lui è caduto, ma da terra ha aperto il fuoco. D'Andrea crolla fulminato. Il dramma è compiuto. * * Il nostro corrispondente Antono Ravidà, ci telefona: Pasquale Guggino, 23 anni, chiamato Lino in famiglia e dagli amici, a Caltanissetta ha 1 genitori e cinque fratelli e sorelle. Il padre Giuseppe, 48 anni, è idraulico e lavora stabilmente all'Hotel Mazzone, 11 principale albergo della città; la madre Alfonsa Catenazzo ha 44 anni. «Mio figlio è un bravo ragazzo — ha detto ai giornalisti che sono andati ad intervistarla — non credo a niente, penso sia proprio impossibile che Lino abbia fatto una rapina. Se davvero c'entra — ha aggiunto pallida in viso e con la voce incerta — allora la colpa l'hanno tutta le cattive compagnie in cui i giovani certe volte hanno la sfortuna di imbattersi». Operaio tornitore {«ha anche un diploma conseguito vicino a Pisa», dice con compiacimento la madre), Pasquale Guggino negli ultimi anni ha abitato solo per brevissimi periodi nel modesto ma decoroso e pulito alloggio del genitori in via Melfa 6. «Noi sapevamo che era a Roma, non a Torino — ha detto ieri la madre — perché ci aveva telefonato domenica dicendoci che era a Roma. Sabato ha compiuto 23 anni e noi gli abbiamo detto di essere dispiaciuti di non averlo potuto festeggiare». E' il quadro di una famiglia normalissima: padre, madre, una sorella di 25 anni e altri quattro tra fratelli e sorelle 11 minore del quali ha 15 anni. Pasquale Guggino, andatosene da casa a 17 anni, lasciando una città, Caltanissetta, avara di prospettiva per i giovani (meno di mezzo milione l'anno di reddito pro-capite), è entrato a forza nella lunga schiera del pendolari del lavoro: un po' al Nord o all'estero e un po' di ritorno in Sicilia sperando in una sistemazione accanto al familiari. Poi dev'essersi fatto sedurre, come dice la madre, «dalle cattive compagnie».