Massiccia lotta di carri nel deserto di Andrea Barbato

Massiccia lotta di carri nel deserto Massiccia lotta di carri nel deserto (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 17 ottobre. La « guerra dei cargo » è In pieno svolgimento. Da oltre 48 ore, è una corsa, su cieli diversi, fra gli "Antonov" sovietici e i giganteschi aerei da trasporto americani, i "Galaxy", i "C 141", gli "Hercules". Sullo stretto territorio israeliano, il traffico aereo è praticamente ininterrotto, e chiunque può vedere i grossi "trasporti" con le insegne della "U. S. Air Force" atterrare e decollare quasi in continuazione nelle basi e negli aeroporti israeliani. Carri armati, cannoni ed elicotteri a centinaia di tonnellate vanno ad aumentare l'arsenale israeliano, a colmare i vuo¬ ti. Secondo fonti americane, siamo vicini a un migliaio di tonnellate di materiale trasportato dagli Stati Uniti fin qui, un terzo circa di quanto si stima che sia stato finora sbarcato negli aeroporti arabi dagli apparecchi sovietici. Di questo si dev'essere parlato fra l'altro oggi nell'incontro tra Golda Meir e l'ambasciatore americano Kenneth Keating che ieri aveva visitato una delle basi dove affluiscono le armi americane. Da una parte e dall'altra, la polveriera del conflitto si gonfia, fornendo strumenti per un attacco, e forse collaudando armi nuove e finora sconosciute. Poiché questi armamenti non sostano nelle retrovie, ma vengono inviati immediatamente in linea, è lecito pensare che vi sia stato da entrambe le parti un almeno temporaneo «incoraggiamento» a tentare lo scontro decisivo, che avverrà quasi certamente nel deserto del Sinai. E poiché nessuna trattativa concreta è in vista, si torna all'ipotesi di una guerra di logoramento e di distruzione, continuamente nutrita dalle lontane retrovie industriali americana e sovietica. Se ogni ora che passa logora la distensione internazionale, per il momento non si vede altro progetto che quello di affidarsi alla sorte militare, cioè di combattere sino in fondo la battaglia fra arabi e israeliani sul Canale. Le parole di Golda Meir di ieri del resto sono chiare: Israele non accetterà una pace se non dopo la vittoria. E nei comandi israeliani la fiducia nella vittoria è tornata pienamente, non appena si è aperto, con eccezionale rapidità, il ponte aereo americano. I giornali israeliani di oggi pubblicano in prima pagina la foto del grande Galaxy, il maggior aereo da trasporto del mondo, fermo su una pista israeliana con le ali inclinate. Gli Stati Uniti hanno cominciato la corsa dei cargo con quattro o cinque giorni di ritardo sui sovietici, ma il ritmo degli arrivi sembra essere più intenso di quello «moderato» dei sovietici, cosi definito da Kissinger. Nei primi giorni di affannosa difesa, e in queste giornate di contenimento e di contrattacco, le perdite israeliane di materiale sono state indubbiamente molto alte, anche se le cifre sono infide e mal sicure. Se è vera la stima di fonte americana di «un aereo israeliano perduto per ogni due aerei arabi abbattuti», la flotta dei Phantom e dei Afiracre deve avere dei vuoti profondi, che non sarà agevole colmare. E' opinione di tutti gli esperti che la battaglia del Sinai, incominciata domenica scorsa, sarà decisiva. Da due giorni, ogni viaggio verso il deserto è proibito dalle autorità militari, e non resta che affidarsi all'avarizia delle notizie ufficiali, per di più filtrate da una accurata censura militare. C'è un'altra guerra parallela al conflitto campale, ed è la guerra dei bollettini militari, la cui attendibilità dev'essere spesso corretta dai fatti. A esempio, il totale dei carri armati distrutti dagli israeliani è stato ieri sera ridimensionato, pur raggiungendo la cifra sempre impressionante di 800 unità fuori combattimento. La battaglia del Sinai, che di notte ristagna, è ripresa oggi con straordinaria violenza, soprattutto nel settore centrale del fronte, fra Ismailia e Suez, sulla direttrice dei passi montagnosi. E' un confronto di grandi forze corazzate, uno dei più grandiosi della storia militare di tutti i tempi, se è vero che stasera il portavoce dell'esercito, Haim Herzog, ha detto che è paragonabile addirittura alle battaglie corazzate che si svolsero in Libia e in Russia nella seconda guerra mondiale, almeno come numero di carri armati impiegati da entrambi i lati. E' uno scontro « da ogni parte e in ogni direzione », ha detto stasera laconicamente l'autorità militare israeliana. Attacchi e contrattacchi si succedono in continuazione, in un fronte mobile, del quale è impossibile ormai tracciare una linea. Gli egiziani sono sempre sulla sponda Est, proiettati verso Oriente, ma contrastati dalla controffensiva israeliana. A Ovest del Canale, continua invece a operare in profondità la « task force » israeliana, che ieri è penetrata dietro le linee egiziane. Stasera comunque il corpo operativo israeliano « con un preciso obiettivo » era ancora al di là del Canale di Suez, e le notizie diffuse qui dicono che continua a operare contro colonne, installazioni e impianti radar egiziani. Lo stesso Herzog parla di « iniziative assunte dagli israeliani » nella battaglia del Sinai. L'aviazione, intanto, ha bombardato in Egitto obiettivi a Porto Said, mentre in Siria ha colpito due ponti nel porto di Latakia. Sessanta carri armati, secondo le cifre ufficiali, sono stati distrutti oggi, e undici aerei (sette egiziani e quattro siriani) sarebbero stati abbattuti in duelli aerei. Come sempre, non vengono invece fornite cifre sulle perdite israeliane. Il settore Nord appare relativamente fermo, anche se proprio oggi sul «quieto fronte settentrionale» è morto il primo giornalista non israeliano, rinviato del Sunday Times Nicolas Tomalin, 42 anni, 4 figli, la cui auto è stata colpita da un razzo. Due fotografi che erano con lui sono rimasti feriti. E' sempre il portavoce dell'esercito a commentare stasera che i siriani sono arroccati nello sforzo di mantenere le posizioni, in attesa di ricevere in prima linea gli aiuti sovietici, necessari per rinsanguare un'armata che ha subito perdite descritte qui come «molto gravi, fino a due terzi della sua consistenza». Sul fronte del Golan, dunque, le posizioni sul terreno non sono mutate di molto, nessuno dei due eserciti sembra volersi impegnare in un confronto frontale. E' opinione diffusa stasera a Tel Aviv che le sorti della guerra si stanno giocando nel deserto, intorno al Canale, su un terreno che consente una grande mobilità ai mezzi corazzati. Le notizie filtrano a fatica, ma si ha la sensazione che il grosso delle forze da una parte e dall'altra debba ancora essere gettato nella mischia. Andrea Barbato

Persone citate: Golan, Golda Meir, Haim Herzog, Herzog, Kenneth Keating, Kissinger, Nicolas Tomalin, Phantom