Aperture egiziane a futuri negoziati di Sandro Viola

Aperture egiziane a futuri negoziati Aperture egiziane a futuri negoziati (Segue dalla 1" pagina) ra allusione alla vittoria israeliana nella guerra dei sei giorni) è parso commosso quando si è soffermato sulle terribili perdite di vite umane che la guerra sta provocando. Tutto sommato, quindi, è stato il discorso di chi sente di aver ottenuto in questa prima parte del conflitto una serie di significativi successi, ma che non pensa affatto ad una rapida e facile conclusione della guerra, e perciò si rivolge a tutte le parti in causa per ammonirle della gravità della situazione, del terribile costo di sofferenze che potrebbe avere un conflitto che gli egiziani (come ci si sente ripetere qui ogni giorno) hanno iniziato soltanto per ottenere l'applicazione di quella risoluzione dell'Orni che sei anni fa aveva già domandato ad Israele lo sgombero dei territori occupati. Violente battaglie si stanno svolgendo intanto dall'alba di stamane su ambedue i fronti. Un contrattacco è stato lanciato dalle forze arabe sul fronte siriano, mentre nel Sinai si registrano gli scontri più accesi e gravi avvenuti dall'inizio della guerra in quel settore. Battaglie di carri armati e operazioni aeree si susseguono sulle strade che portano ai passi, dove la resistenza israeliana si è fatta da stamane accanitissima, perché i tre valichi di Mitla, El Gadie e El Kehtmia costituiscono in pratica la chiave strategie?, della battaglia del Sinai. « Tenga presente — ci ha detto stamane un portavoce ufficioso — che quando supereremo i valichi, e io credo che ciò avverrà in poco più di una settimana, la battaglia del Sinai sarà praticamente finita ». Ma la guerra non fa vittime solo su due fronti. L'aviazione israeliana continua a compiere i suoi attacchi sull'Egitto (anche oggi vi è stata un'incursione a sud di Alessandria), e i giornali di stamane parlano per la prima volta di 500 morti tra la popolazione civile. Un altro segno di come questo sia una specie particolare di conflitto locale, certo assai più largo e sanguinoso di quel che ci si poteva attendere. Così un clima pesante, percorso dalle preoccupazioni che una escalation sia ormai in atto grava sulla capitale egiziana e sull'intero conflitto. Il ritmo e le dimensioni che hanno ormai assunto i due ponti aerei con cui Usa e Urss stanno rifornendo di armi ed altro materiale bellico i due contendenti, stanno facendo man mano cadere le residue speranze in un contenimento della guerra. Una inquietudine sempre meno vaga trapela dai discorsi degli egiziani circa la possibilità di dover subire massicci bombardamenti sulle città da parte dell'aviazione israeliana. Inquietudine che è emersa perfino nel discorso di Sadat, quando ha alluso alla forza missilistica egiziana. I nostri missili terra-terra « Zafer » — ha detto — sono pronti per il lancio e possono colpire qualsiasi località nel cuore di Israele. « Siamo riluttanti a utilizzare certe armi ed esercitiamo un autocontrollo, ma il nemico non deve dimenticare che il no stro principio è occhio per occhio, dente per dente, e attacchi in profondità per attacchi in profondità». Quel che oggi appare più probabile agli egiziani, non è tanto una vietnamizzazione diretta, quanto indiretta, della guerra. La frase pronunciata da Nixon ieri sera, secondo la quale l'atteggiamento americano in questo momento è lo stesso assunto alla vigilia dello sbarco dei marines nel '58 in Libano, viene considerata qui con una certa freddezza. « Non riusciamo a immaginare — diceva la personalità incontrata stamane — che truppe americane possano entrare in combattimento contro gli eserciti arabi. Il pericolo non è qui ». Il pericolo dunque è in una sorta di vietnamizzazione indiretta, due contendenti in campo e due superpotenze che li riforniscono all'infinito di armi, ciò che finirebbe col dare a questa guerra proporzioni e virulenza spaventose. Da due giorni, al Cairo, si studiano perciò con estrema accuratezza e non senza tensione le dichiarazioni dei portavoce americani, l'agenda degli incontri quotidiani di Kissinger, ogni segno o parola da cui poter trarre un'indicazione delle intenzioni di Washington. Dallo stesso discorso di Sadat si ricava in fondo che ancora adesso l'Egitto è convinto che solo la buona volontà dell'America può risolvere una crisi già precipitata in una guerra, e che a ogni ora potrebbe degenerare in un conflitto senza fine apparente. Sandro Viola

Persone citate: Kissinger, Nixon, Sadat, Zafer