Occupata dai dipendenti la fabbrica che gettava in mare i "fanghi rossi" di Omero Marraccini
Occupata dai dipendenti la fabbrica che gettava in mare i "fanghi rossi" Scarlino: tensione alla Montedison in attesa di un compromesso Occupata dai dipendenti la fabbrica che gettava in mare i "fanghi rossi" La decisione dopo che la direzione aveva reso "liberi dal lavoro" i 500 operai (Nostro servizio particolare) Grosseto, 13 ottobre. La fabbrica dei «fanghi rossi» di Scarlino si è fermata. Ieri sera la Montedison ha comunicato che da oggi i 500 dipendenti sono « liberi dal lavoro ». E' stato chiesto l'intervento della Cassa integrazione salari. Gli operai hanno occupato lo stabilimento. Sembrano quindi cadute le ipotesi di «soluzioni temporanee» al problema del funzionamento dell'impianto per la produzione del biossido di titanio, apparse possibili dopo due incontri, a livello amministrativo e tecnico, presso la Regione Toscana. « Si tratta di una dura formalità — dicono alla direzione centrale dell'azienda, — ma era prevista. La decisione, d'altra parte, non dipende dalla Montedison, che è sempre disponibile per le possìbili alternative: mercoledì, dall'incontro dei nostri periti con quelli nominati dal pretore di Livorno, dottor Vignetta (che ha sequestrato le navi adibite allo scarico in mare dei resi¬ dui della lavorazione, n.d.r.) si spera possa scaturire una soluzione valida per la società e le maestranze». « E' avvenuto tutto come in un giallo — affermano i componenti del Cosiglio di fabbrica, Franco Usai, Paolo Ancillotti ed Enrico Nobili —. Non potevamo sospettare che si arrivasse a questo ». Si è mosso anche il presidente della Regione, Lelio Lagorio (lunedi s'incontra con l'amministratore della società, ingegner Grandi) che ha dichiarato: « La decisione della Montedison ha acuito i contrasti nel momento in cui stavamo facendo qualche progresso verso una soluzione. Debbo vivamente deplorare l'accaduto. Tutti sapevamo che c'era soltanto bisogno di un po' di tempo e di un po' di pazienza». E' noto l'antefatto: lo stabilimento di Scarlino, per funzionare, deve smaltire 3000 tonnellate al giorno di «magma» contenente acido solforico e micrometalli. La Montedison, per liberarsi delle scorie, aveva adottato il si¬ stema dello scarico in mare (contestato sino dal principio dagli studiosi) mediante due « bettoline ». L'affondamento avveniva nell'alto Tirreno. C'erano state proteste, per l'inquinamento e la distruzione della fauna ittica, in Italia e soprattutto in Corsica. Il pretore di Livorno, un mese fa intervenne bloccando le due navi. La situazione adesso pare giunta ad un punto morto. La Montedison non sarà in grado di approntare gli impianti di depurazione delle scorie, a terra, prima del 1975. La questione è all'esame dei tecnici della società e dei periti nominati dal magistrato, che martedì compirà un sopralluogo a Scarlino. Gli operai sono al centro di una vicenda che non ha precedenti. Dice il sindaco di Scarlino, Flavio Agresti: « Questo è un tentativo di scaricare sulle maestranze gli errori che la Montedison ha fatto in passato ». Omero Marraccini
Persone citate: Enrico Nobili, Flavio Agresti, Franco Usai, Lelio Lagorio, Paolo Ancillotti, Vignetta
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