La figlia di Allende a Roma parla della tragedia cilena
La figlia di Allende a Roma parla della tragedia cilena A un mese dal sanguinoso colpo di Stato La figlia di Allende a Roma parla della tragedia cilena "Il mondo è con noi, contro chi ha schiacciato la libertà" - "Mio padre è stato ucciso", ha ripetuto ai giornalisti all'aeroporto (Nostro servizio particolare) Roma, 10 ottobre. «Signora Isabel, domani, un mese fa a Santiago...». Isabel Allende Tambuti abbassa il capo per un attimo, poi fissa dritto davanti a sé. Non ha momenti d'angoscia: «Capisco quello che lei vuol dire. La morte di mio padre, del Cile...». E' appena arrivata da Parigi. Sono le 18,35 e il volo è puntuale. Nel bus che l'ha accompagnata al pianterreno dell'aerostazione di Fiumicino, era circondata da sconosciuti, sconosciuta anche lei. Ad aspettare i passeggeri dell'«Air France 636» c'è una folla insolita. Dal gruppo si stacca la moglie dell'ambasciatore di Santiago a Roma, Carlos Vassallo, che si è rifiutato di riconoscere la giunta militare. C'è un abbraccio lungo. Isabel viene avvicinata da fotografi e giornalisti in silenzio. Oggi la chiamano «gli occhi del Cile» perché sul suo volto di giovane madre c'è la fiamma e il dolore di tutto un popolo. Isabel è la più piccola delle tre figlie del presidente costituzionale, morto a Santiago l'i 1 settembre. Ha un marito, Romilio Luis Tambuti, che la stringe per mano e le dà forza. E' una donna minuta, fragile di salute: i capelli corvini, un ovale latino, olivastro. Al collo porta una piccola catena di metallo inciso. «Un ricordo — dice con un sorriso — del mio Paese». Indossa pantaloni e un golf; sopra ha un cappotto di pelle nera. Sono i primi momenti, le impressioni di tutti quelli che la circondano. Enrica Lucarelli, responsabile delle donne socialiste, le affida un mazzo di rose rosse: «Le avremmo messe tutti, se avessimo potuto — dice — sulla tomba di tuo padre». Un passo e una sosta e ancora fiori, ancora silenzio rotto solo da sussurri. Non c'è conferenza stampa. E questa non è un'intervista tradizionale: è uno scambio di frasi dopo una stretta di mano. Un incontro difficile. «So che tutti voi volete parlarmi e nello stesso tempo io ho tante cose da dire». Accanto a lei sono ora i rappresentanti della associazione Italia-Cile Salvador Allende, che la ospitano nel suo soggiorno italiano. Isabel non si sottrae ai fotografi, non ha gesti di prote¬ sta ma ogni tanto deve abbassare gli occhi, coprirli con le mani scarne e pallide. «Sono testimone diretta — prosegue — della prima settimana del dramma che il Cile sta vivendo ancora. Ci siamo divisi il compito Beatriz, Carmen, mia madre ed io. Dobbiamo andare per il mondo e spiegare le falsità della giunta dei traditori. Mio padre è stato ucciso». Ora la stringono a sé gli ambasciatori di Cuba, accreditati al Quirinale e alla Santa Sede, Villaseca e Bianco. Le domando una frase da riportare, una sola. «Il Cile — dice — non muore. Questo l'ha capito in Messico, dopo che sono scappata da Santiago, poi in Europa, ad Algeri. Il mondo è con noi contro chi ha schiacciato la libertà. Domani parlerò a tutti, agli studenti dell'Università. Sono testimone». Ora, mentre il lento cammino di Isabel Allende continua tra i lampi dei fotografi, anche altra gente si avvicina. E' partecipazione spontanea. Tutti fissano il suo volto che accenna per un momento al sorriso, che torna amaro e dolce insieme. «Voglio dire a tutti una cosa — parla ora ad alta voce —: sia io che mio marito siamo contenti di trovarci a Ro¬ ma. Speriamo poi di poter visitare altre città. Siamo enormemente grati al popolo italiano perché sappiamo che la risposta a quanto accaduto in Cile è stata molto rilevante. Siamo felici di poter ringraziare gli italiani, a nome del Cile». «Il presidente lo vidi due volte al palazzo della Moneda. La prima volta mi disse di andare via, come tutti gli altri e di lasciare solo lui e quei pochi che rimanevano a difendere la Costituzione con le armi. Lo rividi dopo un'ora mentre aumentavano gli spari. Disse con dolcezza di andare a di lottare per la libertà. Un messaggio ai giovani. Poi, dopo che lasciammo il palazzo, nascosti in un piccolo albergo vedemmo le fiamme e la distruzione. Papà era dentro non per uccidersi, ma per combattere». Domani sarà ricevuta dai presidenti dei due rami del Parlamento, Pertini e Spagnolli. Poi incontrerà De Martino e Berlinguer. Nel pomeriggio parteciperà a una manifestazione di universitari. Terrà una conferenza-stampa. Domenica, prima di partire, sarà di nuovo a Roma: per un incontro col popolo romano al teatro Adriano.
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