Torna Vercors di Giovanni Bogliolo

Torna Vercors La zattera della Medusa Torna Vercors Vercors: « La zattera della Medusa », Ed. Mondadori, pag. 238, lire 2800. La zattera della Medusa è la monumentale e truculenta tela con cui Théodore Géricault, nel Salon del 1819, rievocando l'allucinante odissea dei superstiti di un naufragio che aveva rivelato scandalosi retroscena politici, esprimeva il suo clamoroso rifiuto del torpido classicismo imperante. Lo stesso titolo, e con intenzioni se possibile anche più polemiche, sceglie il poeta Frédéric Legrand per il libro con cui, non ancora ventenne, decide di rompere la rete di ipocrisie che gli ha tessuto addosso la sua nascita borghese: agli occhi spietati del ribelle, la facciata di onorabilità della sua famiglia rivela gli stessi abissi di violenza e di disumanità che la lotta per la sopravvivenza aveva fatto esplodere sulla zattera dei naufraghi. Di questo poeta rivoluzionario, morto di recente in un incidente automobilistico lasciando intatta la sua fama di incorrotto nemico di ogni compromesso, l'autore ci offre la possibilità di spiare e decifrare la vera natura: una giovane neuroioga, anche lei morta in un incidente stradale, gli ha lasciato la cura di tutto il suo schedario clinico, tra cui appunto la registrazione di una serie di sedute a cui aveva sottoposto Legrand allo scopo di far luce su una grave nevrosi di sua moglie. Veniamo così a sapere, attraverso i laboriosi itinerari dell'anamnesi, che la purezza rivoluzionaria del celebrato poeta altro non era che l'astuta e inconscia corazza con cui aveva saputo mascherare le infantili paure e le borghesissime miserie del suo carattere. Il romanzo che, scritto da un uomo di sinistra all'indomani dell'incandescente '68, non può non presentarsi come una demistificazione di certo ribellismo, esprime nella sagace articolazione narrativa e nel paziente lavoro di smontaggio del groviglio psicologico del protagonista tutte le migliori qualità di Vercors, quella sua capacità di mettere a nudo l'animo dell'uomo fino a riconoscerne la sua specificità che era stata una delle risorse della poetica freschezza de II silenzio del mare. A mancare di tenuta, malgrado il fascino del « crescendo » della sua confessione, è proprio il protagonista, troppo convenzionale nel suo abito di ribelle e troppo prevedibile nella sua intima miseria. A questa quintessenza di scrittore rivoluzionario, il romanziere assegna vicende da fotoromanzo (ripudio degli accigliati genitori, vita di bohème, amori con giovani e belle ereditiere, per non parlare del facile poncif narrativo del doppio incidente stradale che mette l'autore in possesso delle registrazioni rivelatrici) e per di più queste vicende sembrano ogni volta fatte su misura per far avanzare la macchina narrativa: come se i complicati rotismi di cui questa si compone fossero tutti troppo perfettamente calettati o le tes¬ I sere del puzzle che Vercors ricompone sotto i nostri oc chi fossero tutte quante do- tate di un provvidenziale tropismo. Non si avvertirebbe certo il fastidio di questa perfezione, se servisse a dipanare una realtà meno stereotipata, ma per le scontate connotazioni deU'exemplum un tale sfoggio analitico sembra davvero eccessivo: tanto più che la morale (per fortuna taciuta) sarebbe delle più qualunquistiche. Sembra quasi che Vercors, affascinato dal titolo del suo romanzo, abbia seguito anche nella composizione la tecnica di Géricault: per il pittore, la « Zattera » era stata il punto d'arrivo di una intera serie di studi di dettaglio e di lavori preparatori, la sintesi finale di tante possibili letture di una stessa esemplare realtà; per il romanziere, questa sintesi dovrebbe scaturire dalla sovrapposizione dei tre io narranti (Legrand che si confessa, la dottoressa Aubagne che annota e commenta, l'autore che riordina e decifra) che una sola inafferrabile realtà — quella dell'uomo — analizzano da angolazioni diverse e con diverso calore. Solo che qui la realtà abilmente afferrata resta confinata nel limbo della letteratura, approssimata per eccesso rispetto a quella molto meno esemplare della vita. Giovanni Bogliolo

Persone citate: Legrand, Théodore Géricault