La crisi del quotidiano

La crisi del quotidiano Il sindacato dei giornalisti replica agli editori La crisi del quotidiano Comunicato della Federazione nazionale stampa sui gravi problemi dell'editoria Roma, 3 ottobre. La giunta esecutiva della Fnsi comunica: «Nel dibattito sulla crisi della stampa quotidiana è intervenuta recentemente la Federazione italiana editori g'oi naii con una lunga memoria in cui vengono recepite alcune indicazioni di riforma da tempo portate avanti dal sindacato unitario dei giornalisti: riforma del sistema pubblicitario con contenimento degli spazi e degli introiti attualmente destinati alla Tv e con obbligatorietà del conferimento di spazi pubblicitari degli enti di Stato alla stampa quotidiana; agevolazioni alle aziende tipografiche che intendano aggiornare gli impianti e incentivi alle nuove iniziative; riforma del sistema di distribuzione; concessione gratuita da parte dell'ente cellulosa di un certo numero di pagine per testata quotidiana. «Vengono, invece, ignorate o respinte le proposte della Federazione nazionale della stampa italiana che mirano a democratizzare nella sostanza il settore dell'informazione, garantendo il pluralismo dei contributi (editori da una parte, giornalisti e tipografi dall'altra). Gli editori evidentemente si propongono di eliminare soltanto le più vistose disfunzioni di carattere tecnico senza modificare i meccanismi di un sistema informativo autoritario e, comunque, insufficiente ad assicurare a tutte le componenti del quadro sociale una informazione completa. Valutazioni «Le stesse indicazioni della Federazione italiana editori giornali per soluzioni a breve termine (aumento del prezzo del giornale a 100 lire, e in prospettiva "liberalizzazione" del prezzo dei quotidiani) ci sembrano insufficienti nel senso che, se applicate prescindendo da un disegno articolato di riforma, aggraverebbero, anziché bloccare, il processo di concentrazione in atto, privilegiando le grandi aziende rispetto a quelle a media e a piccola dimensione. In particolare, non si può accettare una riedizione del meccanismo di concessione delle provvidenze dei cinque o sei miliardi annui che portano denaro soltanto ai grandi complessi editoriali, lasciando le briciole alle testate regionali o provinciali. «Altre valutazioni, come quelle sull'onerosità, senza confronti in Europa e nel mondo, del carico retributivo per i giornalisti meritano una ferma messa a punto. Non si tratta di difendere posizioni categoriali o corporative, ma di ristabilire la verità dei fatti e di rispondere a strumentazioni propagandistiche. La Federazione italiana editori giornali cerca di attribuire alle componenti lavorative la responsabilità totale o parziale della crisi e per esempio afferma che il contratto di lavoro dei giornalisti è il migliore del mondo agli effetti economici, con carichi insopportabili per le aziende. Parla di organici affollatissimi in misura sconosciuta in altri Paesi; di straordinari per lavoro notturno e festivo in proporzioni esorbitanti; di ferie e riposi eccessivi)). Osservazioni «La giunta esecutiva della Federazione nazionale stampa italiana — continua il comunicato — ricorda: 1) il peso che per alcune aziende, specie quelle a grandi dimensioni, hanno avuto iniziative industriali sbagliate, rivelatesi inadeguate net giro di pochi mesi con conseguente stanziamento a fondo praticamente perduto di molti miliardi; 2) accanto a situazioni di organici adeguati, stanno situazioni di assoluta precarietà in moltissime aziende editoriali, inaccettabili dal punto di vista dell'equità, denunciate anche dall'Istituto di previdenza dei giornalisti. Esemplare in questo senso è statò un accertamento compiuto dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani nel 1971 nelle aziende editoriali siciliane dove risultava che oltre la metà degli occupati nel settore giornalistico godeva di trattamenti economici avvilenti (50-60 mila lire ai mese per prestazioni a tempo pieno), in aperta violazione del contratto, mentre erano esclusi da qualsiasi tutela assistenziale o previdenziale. Il recente caso della "Gazzetta di Parma", dove la redazione ha scioperato per protesta a causa della costante pratica padronale di utilizzare personale non qualificato agli effetti delle leggi sul lavoro, dimostra che la situazione sta in termini ben differenti da quelli tracciati dagli editori; 3) l'applicazione integrale dell'istituto della "settimana corta" è in molti casi ostacolata dalle aziende proprio a causa delle carenze dì organico: ciò produce l'accumulo continuo di riposi non goduti e disagio in parecchie redazioni. Lo stesso orario dì lavoro settimanale (36 ore) per ragioni redazionali non può essere rispettato e la richiesta di lavoro straordinario retri¬ buito non viene certamente dai giornalisti, ma dagli editori; lo dimostra il "tetto" invalicabile delle 22 ore mensili imposto dal sindacato dei giornalisti; 4) la Federazione nazionale della stampa italiana più volte ha richiamato l'attenzione della controparte sulla necessità di stabilire una linea comune d'azione sul problema degli organici, ottenendo rifiuti aprioristici per molti anni. Non si voleva entrare nel merito dei problemi e delle necessità con il pretesto che l'organizzazione del lavoro ricade sotto la responsabilità editoriale. Nell'ultimo contratto è stato sancito il principio della consultazione dei corpi redazionali sugli organici, ma la norma incontra difficoltà di applicazione per le resistenze degli stessi editori; 5) la Federazione italiana editori giornali sostiene che l'articolo 34 (poteri del comitati di redazione) assicura ampie facoltà di intervento ai comitati di redazione, ma i suoi singoli associati, nella grande maggioranza, contestano nei fatti la legittimità di questo intervento dei corpi redazionali. Clamorose, in proposito, le inadempienze della Rai che, pur non appartenendo alla Federazione italiana editori giornali, recepisce il contratto nazionale di lavoro giornalistico; 6) per anni la Federazione italiana editori giornali ha accettato di pagare le maggiorazioni contrattuali per le prestazioni domenicali senza gridare allo scandalo: e tali prestazioni venivano richieste in violazione della legge del 1934. Non appena questa normativa è stata modificata, la Federazione italiana editori giornali ha tentato di abbassare il compenso minacciando più volte la chiusura delle edizioni del lunedì. Gravi decurtazioni sono state imposte ai tipografi sotto la minaccia della serrata. Sul complesso degli oneri derivanti dall'attività svolta in ore notturne, va detto chiaramente che da molti anni la Federazione nazionale della stampa italiana propone la chiusura anticipata delle edizioni, ma la Federazione italiana editori giornali si limita a rilasciare dichiarazioni di buona volontà, che restano però senza seguito. L'orario di lavoro dei redattori dei giornali del mattino si spinge quindi fino a tarda notte, al contrario di quan to avviene nella maggioranza degli altri Paesi dove il prò- blema è stato risolto in termi- ni civili: 7) la Federazione italiana editori giornali definisce ecce- zionale il regime delle 15 mensilità per i giornalisti. Ma nel panorama contrattuale italiano, non è la nostra la sola categoria che ne usufruisce. Oltretutto, non si tratta, comunque, di mensilità piene, dato che è in atto ancora il sistema dei «tetti», cioè del blocco oltre certi parametri retributivi; 8) la Federazione nazionale della stampa italiana nelle ultime vicende contrattuali ha cercato di impostare la trattativa sulla parte normativa privilegiandola rispetto a quella economica, ma ha trovato nella controparte forti resistenze. Nelle stesse contrattazioni integrative, la Federazione italiana editori giornali tende a fare concessioni sulla parte economica — ricorrendo alla concessione di «superminimi» individuali, quando non addirittura di «fuori busta» — pur di bloccare il negoziato sulla parte normativa; 9) la Federazione italiana editori giornali parla, infine, di alta incidenza del costo-lavoro sui costi complessivi, ma sempre si è rifiutata di giustificare queste affermazioni nascondendosi dietro la segretezza dei bilanci». la verità «La Federazione italiana editori giornali — è poi detto nel comunicato della Fnsi — distorce poi la verità quando attribuisce al sindacato dei giornalisti l'intenzione di voler modificare, attraverso iniziative legislative e contrattuali, la struttura proprietaria nel settore editoriale. Essa, infatti, addebita alla Federazione nazionale della stampa italiana il proposito di imporre il parere vincolante delle redazioni sulla nomina del direttore. Le proposte della Federazione nazionale della stampa italiana risalgono ad almeno tre anni fa quando si chiese la modifica dell'art. 6 con la pubblicità degli accordi fra editore e direttore a garanzia dell'autonomia professionale degli altri giornalisti e con il parere preventivo (non vincolante) sulla nomina del direttore. Non il tentativo di voler violare il dettato costituzionale sulla libera organizzazione delle imprese, ma quello di conciliare questo requisito con l'autonomia professionale — confermata anche dalla legge sull'Ordine — a garanzia dell'opinione pub- blica che ha diritto ad una in- formazione completa. Nel corso della trattativa contrat- tuale fu detto chiaramente al- la Federazione italiana editori giornali che l'accettazione di queste richieste moderate avrebbe evitato uno "stato di guerriglia" nelle aziende, come è recentemente avvenuto in presenza di operazioni di concentrazione che hanno colpito alcuni corpi redazionali. Attraverso lo statuto dell'impresa, la Federazione nazionale della stampa italiana si propone di arrivare a un sistema che trasformi il potere esclusivo degli editori in un potere democraticamente articolato, proprio tenuto conto della natura dell'azienda giornalistica, produttrice di idee e notizie e non di merci. «La Federazione nazionale della stampa italiana si propone di razionalizzare e democratizzare il sistema informativo, scopo che non sembra perseguire la Federazione italiana editori giornali che chiede soltanto provvidenze economiche senza contropartite. Ciò spiega il silenzio sulle richieste della Federazione nazionale della stampa italiana per la pubblicità delle fonti di finanziamento (art. 21 della Costituzione), la creazione di centri stampa pubblici collegati all'incentivazione per nascita di cooperative giornalistiche, la riforma della legge sulla stampa e la revoca dei reati di opinione. «Il dibattito sulla riforma non deve portare a scontri polemici dove il ricorso alla distorsione delle opinioni altrui è la regola. Il dibattito deve essere basato sul confronto delle opinioni in termini civili e democratici». (Ar..

Luoghi citati: Europa, Roma