E' ridotta la condanna contro Jakir e Krasin

E' ridotta la condanna contro Jakir e Krasin I due esponenti del dissenso E' ridotta la condanna contro Jakir e Krasin In appello, il pubblico ministero ha chiesto una diminuzione della pena "per il buon comportamento" degli imputati (avevano fatto una pubblica confessione di colpevolezza) - Saranno scarcerati tra poche settimane, ma non risiederanno a Mosca (Dal nostro corrispondente) Mosca, 29 settembre. Condannati meno di un mese fa a tre anni di carcere e tre di domicilio coatto per «attività e propaganda antisovietiche» da un tribunale rionale di Mosca, Piotr Jakir e Viktor Krasin, che per anni furono tra i più attivi esponenti del «dissenso», hanno beneficiato ieri di una sensibile riduzione della pena. Secondo quanto hanno riferito amici dei due imputati, la corte d'appello di Mosca ha ridotto la pena carceraria ad un anno e quattro mesi per Jakir e a tredici mesi per Krasin, mantenendo inalterato il periodo di domicilio coatto. Entrambi, comunque, saranno presto scarcerati, perché il periodo di detenzione preventiva viene computato ai fini dell'espiazione della pena; ma non potranno abitare a Mosca, loro città di residenza. Secondo le fonti (finora, nessuna comunicazione ufficiale è stata diffusa in proposito), Jakir e Krasin non hanno neppure avuto bisogno di avvocati difensori in sede d'appello. E' stato lo stesso pubblico ministero a richiedere una riduzione della pena, tenuto conto del «buon comportamento» tenuto dagli imputati durante il processo (leggere: piena confessione di colpevolezza) e del loro stato di salute, che ne sconsiglierebbe una prolungata incarcerazione. Già la sentenza di primo grado era apparsa relativamente mite, tenuto conto dei precedenti giurisprudenziali in materia di articolo 70 del codice penale (che punisce, appunto, l'attività antisovietica). Bukovskij, ad esempio, che non si era esposto meno di Jakir e Krasin quando era in libertà, ebbe per lo stesso reato sette anni di carcere e cinque di confino. Ora, la decisione dei giudici d'appello aggiunge perplessità alle perplessità, non essendosi mai i tribunali sovietici distinti in passato per la loro umanità, quando si trattava di giudicare i «dissidenti». La verità, amara e penosa, è un'altra. Jakir e Krasin hanno ricevuto un «trattamento speciale» dai giudici, perché hanno ben recitato il copione dell'autocritica preparatogli dalla polizia e dalla procura della Repubblica, prima durante il processo e poi, il 5 settembre, durante una conferenza stampa per i giornalisti stranieri, che ha evocato nei presenti i ricordi, magari soltanto letterari per alcuni, di un'epoca che si credeva finita per sempre. L'uno e l'altro hanno riconosciuto i loro «errori», dovuti all'influenza di acattive letture» o di gruppi antisovietici stranieri, e, ciò che più premeva alle autorità sovietiche, hanno definito davanti ai giornalisti il loro gruppo «un gruppuscolo estraneo alla società sovietica, nella quale il potere e il popolo sono un tutto unico», rinnegando così il valore del loro lavoro di anni (Jakir è tra i fondatori del «gruppo d'azione per i diritti civili», l'espressione più vitale del «dissenso» sovietico). Il comportamento di Jakir e Krasin ha suscitato differenti giudizi neW'intelligentsija liberale sovietica. Il più severo è stato quello di Solgenitsin, secondo il quale essi «si sono comportati senza fermezza d'animo, coscientemente e anche in maniera ridicola, ripetendo a distanza di quarant'anni l'esperienza poco gloriosa di una generazione perduta». Ma la maggior parte si è chiesta se sia lecito giudicare la debolezza degli uomini quando si conoscono i metodi di certe polizie e di certi giudici istruttori. Non molto tempo prima di essere arrestato, Jakir — che aveva già trascorso gran parte della giovinezza in un campo di concentramento, per il solo fatto di essere figlio di un generale vittima delle purghe staliniane del '37 — aveva detto ad un amico: «Se mi picchieranno parlerò. Lo so a causa della mia precedente esperienza nei Lager. Ma voi. allora saprete che non sarò stato veramente io a parlare». Sebbene egli abbia parzialmente rinnegato queste parole durante la conferenza stampa del 5 settembre, la «mite» sentenza d'appello rafforza il timore che egli sia stato, purtroppo, un buon profeta.

Persone citate: Bukovskij, Piotr Jakir, Viktor Krasin

Luoghi citati: Mosca