E' già tempo di programmare un "domani" per il continente di Remo Lugli
E' già tempo di programmare un "domani" per il continente Continua la conferenza europea sull'assetto territoriale E' già tempo di programmare un "domani" per il continente I relatori hanno sottolineato la necessità di fare oggi le scelte di base per delineare il futuro dei popoli europei - I problemi della città e della montagna, l'esigenza di una cooperazione che superi le frontiere (Dal nostro inviato speciale) La Grande Motte, 26 settem. «Dobbiamo decidere quale concetto vogliamo avere della città — afferma Vogel, ministro federale tedesco, nella sua relazione sulla «cooperazione europea nell'ambito delle ricerche sul futuro —. Se deve essere una macchina gigantesca di produzione oppure un luogo che offra una qualità di vita superiore, di pace e di sicurezza». Questa è, secondo lui, l'alternativa cui attualmente si trova di fronte l'uomo e non sì possono prendere le decisioni all'ultimo momento, bisogna guardare il futuro in prospettiva, studiare le lunghe distanze, decidere oggi quello che dovrà essere il nostro domani. La relazione tedesca alla Conferenza europea dei responsabili dell'assetto territoriale, che si sta tenendo qui sul Mediterraneo, a otto chilometri da Montpellier, svolge proprio questo tema dei lunghi termini. Ci sono già stati degli incontri tra gruppi di lavoro dei vari Paesi dopo la prima conferenza che si tenne nel '70 e nella quale si decise appunto di fare delle previsioni su scala europea. Ma il problema non è facile: ci sono sovente delle divergenze, c'è chi, ad esempio, considera come prospettiva la semplice conoscenza e chi invece la linea d'azione. Anche l'orizzonte può essere più o meno lontano: chi vorrebbe prendere come periodo di studio previsionale i cinque, chi i trent'anni. Bisogna decidersi, afferma il ministro tedesco, e indica delle raccomandazioni: definire l'orizzonte di previsione, ad esempio, 1985-2000; delimitare le regioni che devono essere oggetto di previsione; fornire statistiche comparabili su scala europea relative allo sviluppo demografico, alla creazione di posti d'impiego, alla evoluzione economica, alle condizioni strutturali. Gli olandesi svolgono la loro relazione sulla cartografia, le statistiche e la terminologia dell'assetto territoriale. Ogni Paese ha metodi diversi per compilare le carte geografiche; se si confrontano le più importanti carte dei Paesi membri del Consiglio d'Europa e della Finlandia, della Jugoslavia, della Spagna, si vede che soltanto sei hanno adottato una medesima scala, tutti gli altri hanno le scale più disparate. Ora bisogna quindi creare carte topografiche e tematiche con basi comuni. Altro argomento, trattato dalla delegazione belga, è quello della cooperazione interfrontaliera. Nell'Europa, con tanti Stati, le frontiere sono un elemento chiave e al di qua e al di là di esse si creano spesso dei problemi, a volte gravi. Anche i problemi della montagna sono esaminati attraverso una relazione presentata dalla delegazione austriaca. Tutta l'Europa è interessata ai territori montagnosi che la ricoprono in larga misura: 74 per cento del territorio totale dell'Austria, 71 per cento della Svizzera, 52 per cento dell'Italia, 36 per cento della Germania Federale e 19 per cento della Francia. Queste montagne hanno la funzione importantissima di riequilibrio ecologico con le loro riserve di aria e acque non inquinate. Uno dei problemi più gravi della montagna è quello dello spopolamento e del conseguente suo deterioramento fisico. Nelle Alpi del Sud l'esodo, incominciato alla fine del secolo scorso, ha portato a una diminuzione di popolazione che nel 1962 era calcolata nel 40 per cento. Questi dati demografici ne- gativi, afferma la rappresen¬ tanza austriaca, impongono la rivalutazione del ruolo che le regioni di montagna dovranno avere nella vita dei Paesi europei. L'agricoltura è in grave difficoltà perché il terreno è difficile da coltivare. Si deve quindi ricorrere alla silvicoltura: il bosco protegge contro l'erosione del terreno e al tempo stesso crea un ambiente distensivo per l'uomo che ha la tendenza a rifugiarsi in montagna quando vuole fuggire dai luoghi di lavoro. Per mantenere un certo numero di montanari sulle pendici della montagna a curare le foreste, dobbiamo cercare di offrire loro delle attività secondarie: il turismo, le infrastrutture e i piccoli mestieri tradizionali. Ma, attenzione con il turismo, afferma la relazione; non facciamo dei grossi centri i quali hanno gli stessi difetti delle concentrazioni industriali e creano disordine e rovina nel terreno. Le stazioni climatiche devono essere numerose e piccole; si dovrà inoltre evitare il proliferare delle «seconde case» perché queste residenze secondarie non portano alcun beneficio alla montagna, ma solo degli inconvenienti. Remo Lugli
Luoghi citati: Austria, Europa, Finlandia, Francia, Germania Federale, Italia, Jugoslavia, Spagna, Svizzera
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