La mia vita è un romanzo

La mia vita è un romanzo LE CONFESSIONI INVADONO LE LIBRERIE La mia vita è un romanzo Un fiume di autobiografìa rappresenta l'ultima scoperta editoriale: mondi di miseria, dolore e violenza che si credevano confinati nei romanzi popolari ottocenteschi - Questa sociologia dal basso esprime forse la sfiducia verso gli interpreti ufficiali della realtà, ma sente anche la suggestione della presa diretta televisiva - Il successo è tuttavia insidiato dalla "facilità" Roma, settembre, La confessione domina l'autunno in libreria: il libro- nastro, composto di testimo- nianze personali raccolte al registratore, finirà per sostituire la narrativa e gli studi di sociologia? Mentre il romanzo ansima sotto il peso dei premi e le opere sociologiche diventano più rare, la produzione editoriale moltiplica i volumi che trascrivono accuse, rimpianti, invettive, denunce, esperienza, anonimo dolore individuale. « Che cosa mi ha portato in carcere non so, forse il destino »; « Sono tornato ad Amsterdam, e lì ho sniffato la coca »; « Mia mamma tutte le sere fa la polenta, a me piace molto con la bagna »; « Tre volte al giorno mio marito mi ricorda: guarda che io ti mantengo »; « A me piacerebbe vivere in una comune, ma in provincia è impossibile »; « Signore sono innocente, lo giuro, già a sette anni sentivo le voci: non è un ospedale questo, è una prigione, siamo in 30 nella camera da 10 »; « Ad Alghero il carcere è più di una tomba per vivi, è una bara collettiva »; « Volevo fare il cantante, certo sono un ragazzo difficile dn capire »; « Per me il sesso è sempre sozzeria ». Gli emarginati Oppure: « Questo famoso hashish mi pareva qualcosa a metà tra la liquerizia e la cacca di cavallo »: « E' errato che il ladro muoia di mal di cuore per le paure e l'orgasmo provato nel compiere reati contro la proprietà »; « Ultimo anno di scuola fu la quinta elementare, poi mio padre mi mandò a bottega »; « Nessuno di noi. lo dico per chiarezza, è un travestito »; « / mariti scambia- no le mogli per serve, e fan no male»; «Alla tv dei ragaz zi fio visto uno che li am mazza tutti »; « Ho provato il romilar. pareva d'essere marziani. Dio che ridere: ora è un po' che vado a morfina »: « E lei, dica la verità, se la sposerebbe, una che s'è fatta fotografare nuda?». Sono voci di carcerati, bambini, drogati, malati di mente, nevrotici del sesso, uomini di malavita, obiettori di coscienza, lavoratori studenti, donne sposate. Un fiume irato e amaro di autobiografia, che rappresenta la più recente scoperta editoriale: « Vite vissute e realtà romanzesca », dice Mario Spagnai, direttore editoriale della casa Rizzoli, « hanno avuto successo in Italia sui settimanali popolari, mai nei libri. In genere la vita vissuta è più noiosa di quella immaginata, e da noi fanno poca breccia anche le biografie romanzate tipo Papillon. L'interesse per libri che raccolgono testimonianze esemplari è un fenomeno nuovo ». Molto diverse dai monologhi interiori di Joyce o dai monologhi esteriori di Beckett, le nuove confessioni sono piuttosto atti d'accusa, requisitorie contro situazioni collettive penose e scandalose che emergono attraverso le storie individuali. Minuzioso e particolareggiato quanto un libro mastro, il libro-nastro vuol essere anche un mezzo di conoscenza e di informazione: il racconto di vicende personali sembra un approccio più facile alla realtà, per lettori cui le opere di sociologia sarebbero inaccessibili. La sociologia, del resto, si autodichiara in crisi. I lettori provano ormai impazienza di fronte a certi saggi che, sulla base di indagini opinabili, approdano a generaliz- zazioni arrischiate oppure ovvie. I sociologi, dubbiosi dei propri strumenti, avvertono la difficoltà di analizzare strutture sempre più differenziate e mutevoli, problemi sempre più complessi e sfuggenti: « I libri di testimonianze », dice Giulio Bollati, direttore editoriale della casa Einaudi, « nascono anche dal disprezzo verso la sociologia classica, che descrive la realtà e si fa scrupolo di non giudicarla: in questi anni, dal 1968, sono invece cresciuti la fame di giudizio politico e il bisogno di conoscenza diretta, in particolare delle condizioni di vita dei "diversi" o dei reietti dalla società ». Consumo rapido La sfiducia verso gli interpreti ufficiali della realtà, il culto dello spontaneismo e il populismo inducono a ritenere che soltanto direttamente « dal basso » si possa ricostruire la realtà. Ma c'enj tra anche l'influenza televisiva, dice Roberto Bonchio, direttore editoriale degli Editori Riuniti: « Le interviste in presa diretta continuamente trasmesse dalla tv hanno resuscitato lo stile immediato della confessione personale, tipico della narrativa popolare di un tempo ». Già brevemente rifiorito nel cinema o nel romanzo neorealista dell'immediato dopoguerra, nei tentativi nazional-popolari della rivista Il politecnico diretta da Elio Vittorini, questo stile è divenuto un'abitudine: « Per il pubblico, ma anche per chi decide di mettere insieme un libro su temi sociali. L'interscambio tra giornalismo, televisione ed editoria è oggi fittissimo; oggi anche molti libri, come riviste settimanali, trasmissioni televisive o film, sono fatti per essere rapidamente consumati più che per venir conservati in biblioteca ». Non sono pochi, infatti, i libri di testimonianze nati da indagini giornalistiche o televisive; altri, invece, sono frutto dell'esperienza e dei contatti di piccoli gruppi di persone impegnate nell'attività politica o sociale. Ma come lavora, l'autore di libro-nastro? Innanzitutto, senza presunzione. I suoi propositi, esposti di solito nell'introduzione al volume, sono programmaticamente modesti: « Questa vuol essere soltanto materia informe per un eventuale campione da analizzare », « è appena un momento di conoscenza della realtà », « è una ricerca non scientifica », « può forse offrire un quadro parziale », « non si è certo tentato di esaurire l'argomento», «altri approfondirà il problema che qui semplicemente si sfiora », sono le caute premesse. L'autore di libro-nastro lavora comunque e dovunque, tranne che a tavolino: interroga gente; distribuisce questionari; riunisce lettere dal carcere; raccoglie temi scolastici, stenogrammi, deposizioni giudiziarie, colonne sonore, fotocopie di buste paga, lettere al direttore, circolari ministeriali; usa a volte una «metodologia del contatto basata su interviste di tipo dialettico e senza limiti temporali », oppure, più spensieratamente, si limita a collazionare « colloqui casuali, dialoghi rubati, brandelli di discorsi carpiti qua e là ». Lo strumento essenziale del suo lavoro resta, naturalmente, il registratore: la difficoltà iniziale consiste appunto nel far dimenticare al testimone la presenza dell'apparecchio e nel vincere quelle diffidenze verso la registrazione che, specie nel caso di testimone drogato o di testimone pregiudicato, sono ragionevolmente fortissime. La seconda difficoltà sta nell'ottenere l'autorizzazione a pubblicare nome e cognome del testimone. L'autore non ci riesce quasi mai. e si capisce: i protagonisti risultano quindi inidentiflcati, definiti soltanto dall'età e dalla provenienza regionale (« casalinga di Milano, 50 anni; bambino tarantino, anni 6; epilettico con trauma cranico, 27 anni, triestino d'elezione »), dal nome di battesimo (« Sante N., Maria R., Riccardo P. ») oppure dal soprannome («Bigoncia, Fiu, Cicci »). La terza difficoltà sarebbe quella di ottenere autobiografie e testimonianze sincere, ma l'autore non se ne preoccupa troppo: « Nessuno ha il culto dell'autenticità », precisa; « La parzialità è inevitabile », avverte; oppure esorta: «Non crediamo aprioristicamente alla loro sincerità, ma ascoltiamo ». Ad ascoltarle, cioè a leggerle, le nuove confessioni fanno rivivere mondi di dolore, miseria, violenza, sopruso, ignoranza e degradazione umana che il lettore borghese credeva confinati nei romanzi ottocenteschi. Narrate in prima persona, le vicende di rivolta, prigionia, sadismi coniugali, ingiustizia, follia, crimini, eroina, repressione o anomalie sessuali, riescono più interessanti di molti romanzi contemporanei. Il linguaggio semplice oppure affatturato dal kitsch, intessuto dì espressioni dialettali o gergali e di dramma, suona vivo ed emozionante, non esige cultura letteraria né sforzo di lettura. Chi li ama Quanto ai personaggi, si scopre che i « diversi » sembrano tutti uguali, tanto identici sono i meccanismi sociali che condizionano con spietata monotonia i reclusi dei carceri e quelli dei manicomi, le prostitute e i drogati, la fragilità infantile e l'impotenza femminile. In libreria, i libri-nastro hanno successo soprattutto presso i giovani e le donne, che conservano capacità di indignazione; presso gli intellettuali sofisticati, curiosi di ambienti loro estranei e ansiosi di pittoresco « nero »; presso gli studenti di psicologia e sociologia, stimolati a trasformarsi da lettori in autori di prossimi volumi di testimonianze; presso gli scrittori che. vent'anni dopo Rocco Scotellaro e dieci anni dopo Alexander Kluge, sì lasciano tentare dalla registrazione della realtà. « Questi libri che danno la parola ai non addetti ai la- I vori rappresentano una lezione per gli specialisti », dice Giampiero Br-ìga, direttore editoriale della casa Feltrinelli, « hanno una vivezza e una forza di comunicazione che molte opere di scrittori hanno perduto ». Il successo parrebbe tuttavia insidiato dalla facilità: «Purtroppo la degenerazione del nuovo genere editoriale è rapidissima, fulminante », si rammarica Bollati, « molti si son convinti che i libri si scrivono da sé, al magnetofono, "nel loro farsi", co¬ me dicono: senza alcuna riflessione né elaborazione, con poca fatica e molto problematicismo finto. Non c'è persona che non abbia un libro da proporci: é' una calamità crescente». Il desiderio di seguire ogni voga ed essere presenti in ogni possibile settore di interesse spinge alcuni editori a non scoraggiare gli improvvisatori frettolosi e i mistificatori fantasiosi: molti libri di testimonianze risultano ridicolmente manierati o palesemente falsi, si rivelano imbrogli commerciali offensivi, puri oggetti di consumo. Quelli meno superficiali servono a qualcosa? Possono davvero, nelle scelte dei lettori, sostituire opere di narrativa o di studio sociologico? « In Italia serie opere di studio non ne esistono », ironizza Spagnol, « gli italiani hanno smesso di studiare molti decenni fa ». « Anche sa scientificamente sono poco corretti », sostiene Sergio Morando, direttore editoriale della casa Mondadori, « i libri di testimonianze mi sembrano un mezzo pratico e utile per far sì che i lettori imparino a conoscere meglio la realtà italiana ». Bollati non ne è molto sicuro: « L'inchiestismo pare diventato una mania nazionale: una sorta di gioco di parole incrociate che si traveste da "serietà ", e che spesso lascia il tempo che trova ». Invece questi libri, polemizza Brega. oltre che a comunicare idee come tutti i libri, possono servire a colmare i vuoti lasciati da altri mezzi di informazione: « E anche a sostituire la narrativa, quando essa abbia perduto contatto con la realtà e qualità letterarie ». Mescolanza di sociologia e di narrativa, il nuovo fenomeno editoriale sarebbe allora la conferma dell'antica e salda certezza di ognuno, « la mia vita è un romanzo »: peccato che troppo spesso si tratti di un romanzo dell'orrore. Lietta Tornabuonì Torino. Curiosando tra le novità esposte in edicola: nella produzione d'autunno sembra dominare la « realtà romanzesca » (Foto Moisio)

Luoghi citati: Alghero, Amsterdam, Italia, Milano, Roma, Torino