L'uomo che distrugge l'ambiente diventa un complice dei tumori

L'uomo che distrugge l'ambiente diventa un complice dei tumori Il congresso di oncologia a Saint-Vincent L'uomo che distrugge l'ambiente diventa un complice dei tumori Dice il prof. Caldarola: "Abbiamo avvelenato tutto, ecco perché del secolo è in aumento: negli Usa, sono 72 mila i morti per si muore" - Il male cancro al polmone (Dal nostro inviato speciale) St-Vincent, 21 settembre. Al Congresso sul cancro di Saint-Vincent ci sono trecento fra i maggiori cancerologi del mondo. Ascoltiamoli. L'inglese Raven: «Nel mio Paese l'anno scorso i morti per cancro al polmone sono stati 32 mila. Quasi tutti forti come tori». L'americano Ketcham: «Da noi i morti sono stati 72 mila. Quasi tutti forti fumavano più di un pacchetto al giorno». Il professor Badellino: «Dopo le 200 mila sigarette si entra nella categoria dell'alto rischio». Ieri si è avuta notizia che negli ultimi dieci anni, cioè da quando è incominciata, e non ha tregua, la campagna contro il fumo, il consumo del tabacco nel mondo è aumentato del 12 per cento. Qualcuno ha detto: «L'uomo non muore, ma si uccide». Questa è anche l'opinione del professor Caldarola, che presiede il Congresso. Dice: «Abbiamo avvelenato l'ambiente, ecco perché si muore. D'accordo sul pericolo del tabacco, ma è anche tutto quello che respiriamo, mangiamo, beviamo e assorbiamo attraverso la pelle che contiene sostanze cancerogene. Al paziente che mi domanda che cosa gli consiglio di mangiare rispondo: "Guardi, io non le consiglio più niente, anche l'acqua è avvelenata"». E il professor Merlini, segretario della Lega contro i tumori, afferma che sostanze cancerogene sono state trovate un po' dappertutto, perfino nella bistecca. E anche nella pera, prosperata nei fertilizzanti e irrorata con insetticidi. Per tutto questo, il cancro si è fatto truce fama di «male del secolo». E non ci sono motivi d'ottimismo: le cose possono soltanto peggiorare. La medicina che cosa fa? Fa quello che può, in un territorio che le è ancora misterioso. Si sa che ci sono sostanze cancerogene, ma come agiscono? Com'è che, a un certo momento, gruppi di cellule impazziscono e creano il mostro? Non si sa, il vero motivo ci sfugge. Perché le sigarette scatenano il cancro in un soggetto e non in un altro? Risposta: perché diverse sono le difese naturali, la immunità dei soggetti. Come agisce questa difesa? Risponde il professor Ceppellini, direttore dell'Istituto di genetica di Torino: «Sono cose che devono ancora essere studiate, non è noto il meccanismo d'azione. L'immunologia è scienza ancora troppo giovane, e per i tumori non ha ancora elaborato una vera teoria». L'immunologia: eccoci in un altro campo misterioso e affascinante. La volontà di vivere ad ogni costo potrebbe esaltare le difese naturali dell'organismo? Sì, secondo fanalista selvaggio» americano Groddeck, che nella volontà di vivere ha appunto voluto trovare la spiegazione di alcune guarigioni spontanee. Domando al professor Badellino, chirurgo del Centro oncologico di Torino e segretario scientifico del Congresso, se ci sono stati casi dì guarigione spontanea. Risponde: «Pochi casi, ma se ne conoscono. Avviene che le difese naturali dell'organismo sono tali da riuscire a ridurre e distruggere le cellule neoplastiche». «Una volontà di vita ad ogni costo potrebbe esaltare queste difese naturali?». «Difficile affermarlo. Comunque, in America hanno sottoposto a controlli giovani di leva ed hanno osservato che i tumori sarebbero più frequenti nei soggetti introversi e depressi, in percentuale minore negli estroversi ed ottimisti». Naturalmente, sarebbe insensato restare con fatalismo ad aspettare la guarigione spontanea. La domanda, dunque, è: che cosa si può fare contro il cancro? Risponde Ketcham: «L'arma migliore è la prevenzione». Raven: «Bisogna cercar di prevenire le cause». Caldarola: «La prevenzione primaria è ripulire l'ambiente, neutralizzare l'avvelenamento ecologico». Merlini: «Migliorare le condizioni ambientali, di vita e di nutrimento». E' la soluzione ideale, ma al punto in cui ci troviamo è ancora possibile? Allora, ecco il secondo argomento. Dice Ketcham: «C'è un rapporto diretto tra prevenzione e guarigione: più presto si scopre il cancro, più facilmente lo si cura». Raven: «E' importante informare la popolazione sui sintomi precoci, in modo da poter impostare diagnosi tempestive». Caldarola: «Insistere sulla prevenzione secondaria, cioè: l'educazione sanitaria e la diagnosi tempestiva a tutti i livelli». Merlini: «Educare la popolazione come si è fatto per la tubercolosi. Insegnare fin dai primi anni di scuola quali sono i sintomi che devono allarmare. Però, l'educa¬ zione sanitaria dei cittadini non basta se poi non ci sono centri specializzati e medici preparati. Che oggi sono assolutamente insufficienti ». Si è detto che non c'è ragione di illudersi, che il cancro è in aumento ovunque. Ma ci sono anche dati confortanti. Per esempio, nel 1940 in America uno soltanto su cinque dei malati di tumore aveva la possibilità di sopravvivere per cinque anni. Oggi un malato su tre ha la possibilità di vivere per lo stesso tempo. Se nel 1949 solo il 4 per cento delle vittime di leucemia acuta dei bambini sopravvivevano per tre anni, nel '72 almeno il 50 per cento dei bambini trattati in centri specializzati erano vivi e liberi dalla malattia cinque anni dopo la diagnosi. Le prospettive sono migliorate, e ciò si deve alle migliori possibilità di diagnosticare precocemente la malattia e a nuove terapie che si affiancano a quelle tradizionali della chirurgia, della radioterapia e della medicina. Contro il cancro si combatte su un terreno sconosciuto, ma ciò, invece di scoraggiare, moltiplica gli sforzi e l'impegno. Anche se, come accade in Italia, i mezzi sono pochi, si deve lavorare alla garibaldina, sull'entusiasmo e la passione. Si lavora ovunque, ed è un lavoro per lo più silenzioso, sul quale purtroppo si levano di tanto in tanto alte le voci di «santoni» e di falsi profeti, che annunciano il farmaco miracoloso, creano illusioni che presto cedono, ed allora più cupa è la disperazione. Nessuno dei ricercatori seri crede di poter scoprire il farmaco miracoloso, la pillola che si andrà a comprare in farmacia e guarirà il cancro, Si cerca invece di avanzare nel terreno sconosciuto migliorando le terapie tradizionali, scoprendone e perfezionandone altre: la immunoterapia, che moltiplica le difese naturali dell'organismo, le terapie locoregionali, arrivare cioè nella zona che interessa con agenti chimici e fisici, la criochirurgia, distruggendo con il freddo i tessuti malati. Viene anche proposto il «laser», o raggio della morte, ma tutto ciò è in fase sperimentale, resta in laboratorio, non può essere ancora trasferito in campo clinico. Si lavora in molte direzioni, di tanto in tanto ci si ritrova in convegni come questo, dove ci si scambiano esperienze, ognuno ha la possibilità di insegnare e di apprendere (i lavori del simposio sono tutti pubblicati su «Minerva oncologica», nuova pubblicazione specializzata diretta dai professori Caldarola e Maltoni, redatta dal professor Badellino). Viene il momento, in convegni come questo, o quello dei giorni scorsi a Fiuggi sulla prevenzione del tumore all' 'tero, in cui ci si sofferma a guardare la strada compiuta, si dice: « Trent'anni fa eravamo là, oggi siamo qui», ed è un motivo di soddisfazione, di strada se n'è fatta parecchia. Per quanto ce ne sia ancora moltissima da fare. 1. c.

Luoghi citati: America, Fiuggi, Italia, Saint-vincent, Torino, Usa