Quarto: sevizie nel manicomio? Dodici infermieri sotto inchiesta

Quarto: sevizie nel manicomio? Dodici infermieri sotto inchiesta Massimo riserbo da parte dell'autorità giudiziaria Quarto: sevizie nel manicomio? Dodici infermieri sotto inchiesta Una denuncia anonima e una inoltrata dalla madre di un ricoverato hanno fatto iniziare le indagini - Nel reparto sotto accusa sono ospitati i malati cronici, affetti da schizofrenia acuta , o o a . (Dal nostro corrispondente) Genova, 21 settembre. Da alcuni giorni, il sostituto procuratore della Repubblica, dottor Mario Sossi, ha aperto un'inchiesta giudiziaria su un reparto maschile, il «Miraglia», dell'ospedale psichiatrico di Quarto, a Genova. Il magistrato, dopo aver compiuto diversi sopralluoghi da solo e in compagnia del professor Athos La Caverà dell'istituto di medicina legale e del maresciallo Laganà dei carabinieri, ha inviato a dodici dipendenti dell'ospedale psichiatrico altrettante «comunicazioni giudiziarie». I destinatari potranno anche essere coinvolti quali imputati in un procedimento a loro carico per lesioni aggravate e abuso aggravato di mezzi correzionali. Il procuratore Sossi s'è mosso in seguito a due denunce; una prima anonima, ma molto documentata a proposito di maltrattamenti e di percosse che i ricoverati cronici avrebbero subito, e una seconda da parte di Rosa Cabona Dondero, madre di Giovanni Cabona, di 29 anni, un ricoverato. I dodici infermieri che hanno ricevuto la comunicazione giudiziaria sono tutti residenti a Genova. Questi i loro nomi: Eugenio Guarducci, di 46 anni; Antonio Perotto, 29; Elio Bottino, 34; Giovanni Ursidio, 40; Anselmo Roccatagliata, 28; Mario Orlandi, 47; Domenico Tasso, 35; Pietro Gazzo, 54; Emilio Pitto, 44; Vittorio Nicoli, 40; Walter Baronti, 28, e Nicolò Cevasco, 65 (questi, un ex infermiere, sarebbe coinvolto per un episodio avvenuto nel 1967). Sembra, secondo quanto sarebbe nelle mani del magistrato, il quale mantiene il massimo riserbo sull'inchiesta, che molti ricoverati siano sovente percossi dagli infermieri anche per futili motivisi parla persino di «prese» di lotta, una specie di «strozzamento» che bloccherebbe l'afflusso di sangue al cervello, per stordire quelli che tenterebbero di resistere. I ricoverati visitati dal medico legale — il quale avrebbe riscontrato su sei o sette segni recenti di percosse — avrebbero anche raccontato di essere stati picchiati dopo essere stati provocati dagli inservienti. «Ci spegnevano il televisore — ha detto un anziano degente —, poi quando protestavamo ci picchiavano». Si tratta, naturalmente, di accuse molto gravi che dovranno essere attentamente vagliate: buona parte dei ricoverati che accusano gli infermieri sono dei malati cronici, quasi tutti affetti da schizofrenia acuta, malattia che ha tra le sue manifestazioni esterne più vistose la mania di persecuzione. L'inchiesta, partita in sordina, si sta allargando a macchia d'olio: il magistrato ha informato della sua iniziativa gli assessori provinciali al personale, professor Fausto Cuocolo, e all'igiene e sanità, dottor Romano Maggioni, nonché l'assessore regionale alla sanità, professoressa Fernanda Pedemonte. Da parte dell'amministrazione provinciale, in serata, è stato emesso un comunicato firmato dal presidente Rinaldo Magnani, nel quale viene annunciata una indagine conoscitiva sui fatti del reparto «Miraglia» per accertare eventuali responsabilità. Chi ha provocato l'inchiesta e si è esposta in prima perso¬ nrdzctnGagapz na, s'è detto, è la madre d'un ricoverato, Rosa Cabona Dondero. La donna vive a Lumarzo, un paesino dell'entroterra chiavarese; è divisa dal marito, vive in disagiate condizioni economiche e ha un figlio, Giovanni, di 29 anni. Il giovane ha studiato sino a 18 anni in un istituto religioso: per un certo periodo aveva anche pensato di farsi prete. Un po' prima del servizio militare cominciò a dare segni di squilibrio. Arruolato nell'Aeronautica, fuggì dopo due mesi. Arrestato e processato, fu assolto e i giudici militari raccomandarono alla madre di farlo curare. Da allora è cominciata la triste odissea del giovane che ha passato la maggior parte di questi anni ricoverato. «Recentemente — ha detto la madre — mio figlio, in diverse lettere, mi disse che era stato picchiato dagli infermieri ». Successivamente Rosa Cabona ricevette una lettera firmata dall'assessore Maggioni, nella quale la si informava che il figlio era affetto da «schizofrenia con delirio persecutorio». Nella lettera è scritto che le ferite del giovane non sono state prodotte dalle percosse, ma che è stato il paziente stesso a procurarsele, battendo la testa contro il muro. 1. Rosa Cabona Dondero

Luoghi citati: Genova, Lumarzo