Grondi manovre per il caso Agnew di Vittorio Zucconi

Grondi manovre per il caso Agnew La Casa Bianca vuole le dimissioni del vicepresidente Grondi manovre per il caso Agnew La reazione del "greco" alle accuse di corruzione avrebbe irritato Nixon, e ancor più il confronto che gli americani hanno fatto fra tale reazione e quella, piuttosto ambigua, del Presidente sull'affare Watergate (Dal nostro corrispondente) Washington, 20 settembre. La tragedia che ha investito gli Stati Uniti non accenna a finire e si alimenta di sempre nuovi protagonisti ed episodi. Ora è il turno di Spiro Agnew, cinquantacinquenne vicepresidente, nato da genitori di nazionalità greca. Il primo e U secondo atto dello scandalo Watergate (rivelazioni e inchiesta senatoriale) l'avevano lasciato intatto e allora è stato creato uno scandalo su misura, apposta per lui, che non ha nulla in comune con Watergate, se non il fatto d'essere nato e prosperato nel clima di crociata che regna ormai da mesi in America. Dall'agosto scorso, Agnew è sotto inchiesta della procura di Baltimora, la capitale del Maryland di cui fu governatore prima di assumere la vicepresidenza. Le accuse sono: corruzione, truffa, frode fiscale, illeciti nella rac¬ colta di fondi elettorali, peculato. Non è una lista leggera. La Casa Bianca (Nixon prima di tutti) sarebbe convinta della sua colpevolezza e per questo avrebbe scatenato una campagna di rivelazioni contro Agnew destinata a portarlo alle dimissioni. L'opinione pubblica americana, angosciata da questo scandalo Watergate che si gonfia senza mai scoppiare, ha fame di teste: quale migliore del vicepresidente? Le accuse contro Agnew sono molto circostanziate, ma non ancora provate. Secondo fonti del ministero della Giustizia (la riservatezza non è, per fortuna di questo Paese, una virtù troppo praticata), egli avrebbe incassato mille dollari (oltre 600 mila lire all'epoca) alla settimana per 5 anni, versati da speculatori edili di Baltimora che, finanziando Agnew e con lui i repubblicani, avevano le mani libere dai noiosi regolamenti edilizi. Inoltre, particolare assai grave, egli non avrebbe denunciato al fisco questi guadagni, sia pur illeciti. La reazione di Agnew fu allora violenta, caratteristica di quest'uomo forse non politicamente raffinato, ma diretto e franco. Le accuse? Maledette menzogne. L'inchiesta? Benvenuta. Anzi, metteva a disposizione della magistratura tutti i suoi documenti. Bel gesto, un po' sminuito dal fatto che il procuratore di Baltimora aveva già sequestrato 30 casse di documenti e carte di Agnew. L'opinione pubblica accolse con entusiasmo l'atteggiamento del vicepresidente. Migliaia di telegrammi piovvero in pochi giorni: «Tieni duro», «Combatti» e «Rompigli la schiena. Spiro» erano le frasi più comuni. Insomma, Spiro il greco reagì più da americano del californiano Nixon, notarono i giornali. Questa reazione fu l'inizio (o il fattore rivelante) del contrasto con Nixon. Il Presidente non gradì di non essere stato consultato da Agnew sulla linea difensiva da adottare e soprattutto non apprezzò il confronto fra la decisa controffensiva di Agnew e il bizantinismo adottato dalla Casa Bianca per lo scandalo Watergate. Politicamente in crisi (la sua possibile candidatura alle presidenziali del '76 è ora improbabile), personalmente non più gradito, Agnew diventò un dead duck, un « papero morto » e ingombrante per il Presidente. Due settimane fa, Agnew chiese un incontro con Nixon. La discussione fu lunga, si dice burrascosa. Nessuno dei due fece commenti. Ma oggi, a quindici giorni di distanza, Vittorio Zucconi (Continua a pagina 2 in sesta colonna)

Persone citate: Nixon, Spiro Agnew

Luoghi citati: America, Baltimora, Maryland, Stati Uniti, Washington