La lunga marcia del psi di Mimmo Candito

La lunga marcia del psi A Parma il festival della gioventù socialista La lunga marcia del psi Dibattito al "Regio" sui rapporti con i comunisti, dalla scissione di Livorno al congresso "autonomista" di Venezia - Lombardi riafferma questa autonomia - Gli errori commessi dalla fine della guerra alla clamorosa denuncia dello stalinismo (Dal nostro inviato speciale) Parma. 15 settembre. Vecchie bandiere rosse, canti popolari e inni proletari non sono bastati, ieri sera, a dare all'austero Regio di Parma le memorie antiche della Sala Sivori di Genova: ma il partito socialista vi ha rivissuto, con inaspettato orgoglio, la sua storia. Occasione è stata l'apertura della mostra delle edizioni « Avanti! » — vecchi giornali e periodici, dagherrotipi, volumi del movimento operaio, diari della Resistenza, squarci acuti sulla realtà sociale d'oggi — messa su con buon animo dal parmensi « nel quadro delle manifestazioni per il Festival nazionale della gioventù socialista ». Come sempre accade a chi fruga tra le carte del proprio passato, irresistibile e amara 6 la voglia di leggervi la storia che non v'è scritta; cosi hanno fatto anche Riccardo Lombardi e Gaetano Arfé. E hanno raccontato una triste storia di rapporti e di cedimenti al «settarismo storiografico» del partito comunista. E' una storia che s'inizia all'indomani della Liberazione, e va avanti aspra, con incomprensioni e diffidenze, almeno fino al congresso «autonomistico» di Venezia. Oggi, quando ormai si quieta la polemica sulle legittime differenze di metodo politico e di schieramento tra il psi e il pei, sembra leale che ciascuno riveda la lunga attività passata e dica — a sé e agli altri — dove, come e perché ha sbagliato. Non è, questa, la prima volta che i socialisti rimeditano il dare e l'avere della loro alleanza con i comunisti, e magari in passato lo si è fatto in sedi più autorevoli e con analisi più articolate; ma le circostanze (un riesame delle origini e del ruolo del socialismo italiano, ora anche alla luce del fallimento cileno) e il tono (una amara e inusitata severità) hanno avuto questa volta un significato da non lasciarsi rfuggire. Ieri, i socialisti hanno dato netta la sensazione di voler aggredire un terreno esterno a quello che solitamente gli è attribuito, recuperando — attraverso un'operazione che in superficie appare culturale — uno spazio che è indubbiamente politico. Non a caso la lunga, appassionata discussione è sempre tornata sulla storia, data come esemplare, di due intellettuali di sinistra ora morti, Gianni Bosio e Raniero Panzieri, che negli Anni 50 dal psi avevano dovuto allontanarsi per poter condurre con rigore e indipendenza le loro ricerche politiche e storiche. Questi due sono, da ieri, i nuovi «profeti» della giovane sinistra italiana. Il primo, per la sua ricerca — filologicamente severa — sul canto popolare e sulla tradizione orale come forma espressiva della cultura delle «classi subalterne»; l'altro, per la sua analisi teorica sulla capacità integratrice della società capitalistica, analisi che lo lega ad un filo diretto con i risultati degli studi di Marcuse. Dal tema di partenza del dibattito di ieri («La presema socialista nella cultura italiana») Arfé e Lombardi hanno tratto, dunque, le ragioni storiche per motivare e riaffermare l'autonomia del socialismo italiano: la storia del movimento operaio, che è poi storia del movimento socialista, è stata ed è ancora in larga parte dominata dalla problematica imposta dal pei, «nella quale — ha detto Arfé — punti dominanti erano la sottovalutazione della prima fase, autoctona e libertaria, del socialismo del nostro Paese e la polemica svalutazione dell'esperienza del partito socialista nelle sue tradizionali componenti: quella riformista di Turati e quella massimalista di Menotti Serrati». Lombardi: «Subito dopo la Liberazione, i comunisti, che erano alla ricerca dei loro "antenati", se li trovavano di comodo: amputavano l'ascendenza legittima del movimento operaio italiano, per far nascere tutto dalla scissione di Livorno o dall'ottobre del •17». Prosegue severa la critica: «Bastava che Lelio Basso — ricorda Arfé, docente di storia, direttore dell''Avanti! — dedicasse un numero di Quarto Stato a Rosa Luxemburg, per essere accusato di spontaneismo; il problema della collocazione internazionale del movimento operaio, e della sua subordinazione ad una guida autoritaria, ha portato al conformismo e ad una sorta di mimetismo ideologico, quasi che la classe operaia italiana fosse incapace di avere e riconoscersi una cultura autonoma». Rammenta sorridendo Lombardi: «Sartre poteva dire giustamente che il marxismo moriva di noia; l'autonomia della ricerca era guardata con sospetto e perseguitata, e questo porta necessariamente all'isterilimento del dibattito. Non si scappa: o più teoria o più burocrazia». E ancora: «Cedendo a questa collocazione egemonica del pei, noi socialisti ci siamo trovati — dopo il '56, quando la denuncia dello stalinismo impose una grande riflessione — del tutto disarmati, con strumenti culturali in gran parte invecchiati e bisognosi di severe critiche. E' qui che è intervenuto a riscattarci il lavoro di Bosio, Panzieri, Trotti, Luciano Della Mea, i quali anche se più fuori che dentro il partito, avevano scavato nella storia del movimento operaio liberi da ogni settarismo, in una lunga resistenza alla restaurazione}). Da questa lunga analisi, alla quale Arfé e Lombardi portavano il calore di testimonianze dirette, di episodi vissuti all'interno e all'esterno della dialettica dei partiti della sinistra, il discorso socialista di contestazione dell'egemonia comunista avvia un lavoro basato sulla «concezione unitaria e autonomistica del movimento di classe», saldando un arco politico che comprende anche, le ricerche dei gruppi («i più seri», dice Lombardi) della sinistra. Il problema — appare evidente — non è solo quello di riaffermare la libertà di una ricerca metodologica e di riesaminare (o riscrivere) molta storiografia della sinistra: in questa autocritica del passato, l'impegno che il lavoro dei socialisti sulle origini popolari e libertarie del movimento operaio italiano venga condotto attraverso la rinascita delle edizioni del «Gallo» (erede delle edizioni dell'Avanti!) vuol dire «che oggi si riconosce l'importanza dell'analisi critica». «Il psi ha lasciato morire le edizioni Avanti! — ha concluso Lombardi — quando i problemi tattici hanno preso il sopravvento su quelli strategici». L'affermazione ha sollevato l'entusiasmo dei giovani che affollavano il Regio. Lombardi, 72 anni ormai, sempre più magro, sempre più alto, è il santone dei giovani socialisti, affascinati dalla lucidità critica del suo ideologismo. In quella festosa riaffermazione d'un ritorno alle origini, il clima sapeva un po' di '68: e tutti si sono levati in piedi a ricordare il Cile, in un minuto di silenzio. Mimmo Candito

Luoghi citati: Bosio, Cile, Genova, Livorno, Parma, Quarto, Venezia