Come nacque il "regno del Sud"

Come nacque il "regno del Sud" Documenti inediti sul governo Badoglio a Brindisi Come nacque il "regno del Sud" Vittorio Emanuele III, prima di sbarcare, vuole essere sicuro che non vi siano né tedeschi né inglesi - Badoglio fa requisire, per ristorante personale, uno yacht appartenuto al re d'Albania - Un giudizio del gen. Macfariane: "Il sovrano è un gagà e Badoglio un militare sbiadito" Questa è la sintesi di un'inchiesta che raccoglie i punti più salienti dei primi mesi dì vita del «regno del Sud», ossia l'Italia del re e di Badoglio dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Il a regno del Sud » nasce quando un gruppo di alte cariche dello Stato — che comprende il re Vittorio Emanuele III dì Savoia e il capo del governo Pietro Badoglio — sbarca a Brindisi, in fuga da Roma. Brindisi diviene la capitale di un regno italiano di cui nessuno conosce i confini precisi, un piccolo « regno del Sud » formato da quattro province pugliesi: Brindisi, Bari, Lecce e Taranto. Brindisi, 10 settembre 1943, ore 14,45. Dal pontile del castello svevo il comandante la piazza, ammiraglio di divisione Luigi Rubarteli!, sale sul motoscafo di rappresentanza e ordina al pilota di fare rotta verso la corvetta « Baionetta», che attende In mare aperto, a motori accesi. Un paio di ore prima il ministro della Marina, ammiraglio De Courten, aveva fatto chiedere in codice « via radio », da bordo della « Baionetta », un colloquio con l'ammiraglio Rubartelli. Il colloquio doveva avere luogo a bordo della nave, che al momento della trasmissione del messaggio si trovava in navigazione al largo delle coste pugliesi, poche miglia a Sud di Bari. Mentre procede verso l'avamporto l'ammiraglio Rubartelli si chiede il perché di tanto mistero. Volti tesi L'enigma viene sciolto pochi minuti dopo, quando, salito a bordo della « Baionetta» e fatto il saluto d'ordinanza a De Courten, Rubartelli gira lo sguardo e vede davanti a sé un gruppo di personaggi, chi in borghese chi in uniforme, con i volti sbattuti, ansiosi e impauriti. L'ammiraglio resta alcuni secondi senza fiato nel riconoscere: il re, la regina, il principe Umberto, il maresciallo Badoglio, il duca Acquarone (ministro della real casa), il gen. Ambrosio (capo di Stato Maggiore generale), il gen. Roatta (capo di S. M. dell'esercito), il gen. Puntoni, il ten. col. Buzzaccarini. Tra Rubartelli e il « gruppo » ha luogo un dialogo. Le battute di questo dialogo storico non sono state rese note in dettaglio. L'unica persona che le annotò dalla viva voce dell'ammiraglio Rubartelli fu lo scrittore e giornalista Agostino Degli Espinosa, che ne ricavò una breve sintesi nel suo libro II regno del Sud, pubblicato nel 1946. La signora Franca Degli Espinosa (vedova dello scrittore) ha acconsentito, per la prima volta, ad aprire il pacco delle carte lasciate dal marito. Il dialogo, in stile telegrafico, è questo: «De Courten domanda: vi sono tedeschi? No, li ho cacciati via. Il Re: la piazza si può difendere? Sì, posso difenderla. Vi sono inglesi? No. Il Re: può sistemarci in qualche modo? Sì: la mia casa è a Sua disposizione. Viene deciso: sbarco ». Nel « gruppo » si trovava il ten. col. Brunoro de Buzzaccarini. Il 1° settembre 1943 il marchese Buzzaccarini aveva iniziato il proprio turno, di quindici giorni, quale secondo aiutante di campo di Vittorio Emanuele III (il primo aiutante di campo generale fu, dal 1940 fino all'abdicazione, il gen. Paolo Puntoni), a villa Savoia, e dovette unirsi al corteo dei fuggiaschi, la notte tra l'8 e il 9 settembre. Fu un turno che terminò solo con la liberazione di Roma, nel giugno 1944. Per tutti questi anni, dal '43 ad oggi, Brunoro de Buzzaccarini ha ritenuto che la consegna fosse di non testimoniare sul dopo-fuga, per tema che qualsiasi dichiarazione potesse distorcere il quadro storico. Oggi, dopo molte reticenze, ha deciso di rompere il trentennale silenzio. «Brindisi era completamente italiana — cosi comincia il racconto del secondo aiutante di campo del re — ed è stato decìso, allora, di sbarcare a Brindisi. Se vi fosse stato qualche tedesco, nella città, si andava più a Sud, magari a Taranto. Si cercava un posto dove non tri fosse nessun predominio straniero insomma: possibilmente neanche alleato. Se anche a Taranto, ad esempio, vi fosse stato il pericolo dei tedeschi, il viaggio sarebbe proseguito verso il Sud, verso la Sicilia. Sua maestà il re. Sua maestà la regina, il principe Umberto, il duca Acquarone e il gen. Puntoni sono scesi su¬ bfisunavmrtmsuvmmnR bito a terra con il motoscafo di Rubartelli. Mi pare che il maresciallo Badoglio e il suo seguito abbiano atteso un secondo motoscafo. Io sono rimasto sulla « Baionetta » a sorvegliare i bagagli. Avevo in consegna sei, al massimo sette colli. Un particolare curioso: il mio attendente, nella fretta, mi aveva messo in valìgia solo calzoni, senza neppure una giacca e una camicia». « Una volta scesi, come avvenne la sistemazione?». «Sua maestà ha preso l'appartamento dell'ammiraglio Rubartelli, al primo piano della palazzina riservata ad abitazione del comandante la piazza. Rubartelli e famiglia sono scesi al piano terra, e anche il principe Umberto si è sistemato al piano terra. Io dividevo una stanza con il conte Franco Campiello, aiutante di campo del principe. Era la guardaroba della casa e ogni mattina la cameriera Rosa Gallotti entrava prestissimo per lavorare e ci costringeva ad alzarci. Il re lavorava in camera da letto e riceveva nel soggiorno. L'ingresso dell'appartamento serviva anche da anticamera per le udienze reali. La regina stava molto nella sua camera da letto o in terrazzo. Alla domenica la sala da pranzo veniva trasformata in cappella per la celebrazione della Messa ». A Brindisi, l'esterno della palazzina è immutato, in perfetto stile « liberty ». L'interno è leggermente cambiato, ma le camere reali e il soggiorno sono rimasti uguali. A pochi passi dalla palazzina si imbocca il ponte levatoio che porta alle mura massicce del castello svevo, oggi come allora sede del Comando di difesa territoriale. Pochi scalini nel cortile, un breve corridoio e, sotto la targa « comandante », si apre la porta dell'ex ufficio di Pietro Badoglio. In quell'ufficio l'ombra del maresciallo era il colonnello Valenzano, segretario particolare dal 1936 al 1948. Giuseppe Valenzano, figlio di una sorella di Badoglio, vive a Montecarlo. Ha voluto isolarsi, anche per evitare colloqui e interviste sulla figura controversa del suo ex capo. Oggi, pur barricandosi dietro mille cautele, si lascia convincere a dare un rapido sguardo indietro, ai fatti di Cent'anni fa. «A Brindisi, dopo i primi convenevoli con le autorità locali — ricorda l'ex segretario particolare di Badoglio — prendemmo in consegna le stanze a noi assegnate. I primi tempi abbiamo abitato nella caserma dei sommergibilisti. Qui feci allestire anche la mensa, in più turni. Badoglio però, dopo alcuni giorni, preferì isolarsi, per i pasti, e mi ordinò di allestire la sala da pranzo di uno " yacht " ancorato nel porto, che era appartenuto al re d'Albania. Noi lo chiamavamo " l'albergo ". Dopo un me- se l'ammiraglio Rubartelli concesse al maresciallo, e a me, una villa nei pressi dell'aeroporto ». « Come iniziò Lei ad organizzare l'ufficio del capo del governo? ». « / nostri due uffici, nel castello svevo, erano adiacenti. Io feci acquistare subito una macchina da scrivere, dei timbri, della carta. Ma prima di metterci veramente in moto volevamo attendere l'arrivo di una delegazione alleata. Non arrivavano mai. Noi avevamo subito trasmesso a Eisenhower la nostra posizione tramite il telegrafista alleato lasciatoci dal generale Taylor a Roma, per le trattative segrete dell'armistizio. Finalmente, dopo un paio di giorni, arrivò il generale Macf ariane ». a l o a a c Brindisi, settembre 1943. Pietro Badoglio, nel suo ufficio, al castello svevo