Nel cestino del passato di Remo Cantoni
Nel cestino del passato Studi antropologici Nel cestino del passato Georges Balandier: «Le società comunicanti », Ed. Laterza, pag. 321, lire 3500. Parlavano anni addietro, famosi etnologi antropologi c sociologi, di popoli barbari, primitivi, selvaggi, senza storia o allo stato di natura. Si parla oggi, per una specie di palinodìa scientifica, di società tradizionali, di nazioni emergenti, di terzo mondo ricco di energie autonome e di fermenti creativi. Si sta appannando ormai l'immagine delle cosiddette società statiche, addormentate in un loro assetto pigro e immobile, impermeabili alla storia e al mutamento. Molto più a fuoco e realistica sembra invece l'immagine policroma di società anch'esse problematiche e inquiete, sollecitate a muoversi anche se con un ritmo più lento, alla ricerca continua di una propria sfuggente identità culturale. ★ ★ Georges Balandier, nel suo libro Le società comunicanti. Introduzione all'antropologia dinamista, reca un forte contributo al rinnovo degli studi antropologici e sociologici mediante un franco appello alla storia e alle sue concrete dinamiche. Non esita il Balandier nel criticare le inerzie e le storture annidate in alcune teorie strutturalistiche e funzionalistiche della società quando esse idealizzano, con un inconsapevole e capovolto platonismo, la statica sociale e i metodi della ricerca sincronica a tutto danno dei processi di mutazione che contrassegnano le dinamiche sociali in corso. Professore alla Sorbona, autore di due libri famosi intitolati Sociologie a cui ci le de l'Ajrìque noire (1955, 1971 3' ed.) e Afrique noire (1957), Balandier ha dedicato la sua esistenza all'analisi, scrupolosa e sul campo, di ciò che oggi avviene in vaste zone del terzo mondo ove tradizione e sviluppo si fronteggiano drammaticamente in situazioni di squilibrio e precarietà. Lo sforzo di Balandier, sempre dedito a un confronto critico tra mondo sottosviluppato e mondo superindustrializzato, è quello di costruire un discorso sul metodo, una teoria generale del mutamento, una sorta di tavola di Mendeleev per interpretare ogni dinamica sociale. Suo difficoltoso proposito è quello di mettere a punto gli strumenti intellettuali più idonei per cogliere le metamorfosi continue della società nel suo contrappunto di omogeneo e diverso. L'antropologia dinamista scorge cioè nella transizione il carattere permanente delle società di ogni tipo. La dinamica assurge così a proprietà necessaria dei sistemi sociali e ogni società, osservata senza pregiudizi, si rivela un sistema approssimativo, privo cioè di strutture invariabili e ferme. * ★ Solo una illusione ottica impedisce di vedere che culture e società sono tutte cangianti e problematiche. Nulla è mai acquisito o assestato definitivamente, perché tutti gli assetti sociali sono, a guardar nel profondo, insidiati e scossi dalla precarietà. Soltanto le oleografie edeniche ci presentano, all'origine o al termine della storia, attardate immagini roussoiane di società immuni dall'approssimazione o indenni dalla precarietà. La sociologia e, soprattutto, l'antropologia, sono rimaste a lungo vittime di questi falsi storici e hanno troppo spesso dipinto quadri di maniera per un facile smercio ideologico. Ogni società, tradizionale o mobile, « fredda » o « calda », arcaica o futurista è, per Balandier, più un progetto che un dato. Essa dispone pur sempre di una certa latitudine di scelta o flessibilità di esistenza. In superficie può apparire impermeabile al tempo o assopita nel letargo della ripetizione. In profondità riscopriamo sempre il tempo e la storia, accumulatori potenti di novità imprevedibili. Modo sbrigativo di configurare la storia è quello di ritenere tradizione e continuità elementi delebili e provvisori. Fra tradizione e rivoluzione esiste invece una dialettica permanente. Gli organizzatori dell'avvenire e i gestori del passato non termineranno mai il loro più o meno tempestoso e scomodo colloquio. Che le cose stiano così lo scorgiamo chiaramente proprio nel terzo mondo africano ove le trasformazioni sociali e culturali avvengono, in larga misura, facendo ricorso anche a valori e miti tradizionali, a continuità da non sconvolgere impunemente. L'immaginazione antropologica creativa è sempre, nella vita e nella scienza, un equilibrio instabile fra passato e futuro. La coscienza storica che rifiuta e censura in blocco il passato relegandolo nell'inconscio, prepara a se stessa rovinosi conflitti. Se i paesi in via di mutazione presentano sempre forme ideologiche sincretistiche in cui la passione per l'Occidente industriale si unisce, in forma contestatrice, al cullo e al mito degli antichi valori fondamentali, non è a dire che le nostre società e culture possano compiere un balzo in avanti se sono divenute incapaci di riscoprire il senso di ciò che del loro passato vive ed è degno di vivere. La storia non è il bidone delle immondizie o il cestino dei rifiuti. In queste pagine di Balandier, lo studioso di gusti filosofici apprezzerà soprattutto l'ardito tentativo teoretico di costruire una scienza delle dinamiche sociali, l'antropologo si interesserà all'analisi comparata delle società non occidentali nell'avventura dello scontro-incontro con il mondo occidentale industrializzato, il sociologo rifletterà sulla prospettiva di civiltà inedite che rivendicano il loro « diritto alla differenza ideologica », deviando dagli schemi dell'evoluzionismo lineare che ancora crede in una storia come previsione e ripetizione. E' anche possibile osservare queste metamorfosi sociali con gli occhi dell'economista o del demografo. In realtà queste prospettive si incrociano e non vanno isolate. Per comprendere il nostro mondo precario e sfuggente le scienze sociali debbono coordinare i loro sforzi. Remo Cantoni
Persone citate: Balandier, Georges Balandier, Mendeleev
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