Cascate di poesia

Cascate di poesia Sereni e Gatto negli "economici,, Cascate di poesia Vittorio Sereni, Franco Francese: « Sei poesie e sei disegni », Ediz. Trentadue, pag. 32, L. 1000. Vittorio Sereni: «Poesie scelte », a cura di Lanfranco Caretti, Oscar Mondadori, pagine 128, L. 700. Alfonso Gatto: « Poesie », introduzione di Luigi Baldacci, Oscar Mondadori, pagine 200, L. 800. Cominciamo dal più sottile, un prelibato libretto che fa parte di una nuova collana diretta da Franco Boccardi: sei poesie di Vittorio Sereni e sei allusivi disegni di Franco Francese. Basta la prima poesia a darci tutto del nostro tempo, dei nostri rifiuti delle nostre ragioni dei nostri traumi: è la grazia dei veri poeti. Rammentate la casa che, nella venustà del lago di Garda, sorride di tutti i suoi sorrisi a Catullo che vi torna? E' la stessa: ma il poeta che vi abita oggi l'ha rifabbricata nel suo presente, a sua somiglianza, le ha dato tutte le sue apprensioni; e i sorrisi della casa sono ambigue minacce, molesti sospetti: « e catastrofe / nella casa dove sei / renuto a stare, già I abitate / dall'idea di essere qui ver morirci / venuto / — e questi che ti sorridono amici j questa volta sicuramente / stai morendo lo sanno e perciò / ti sorridono ». E poi, una rassegnata ossessione che riverbera dal « posto di lavoro » e trova tregua in una ossessione diversa, più simile a quelle nebbiose dei sogni: una casa « tra le acque », cultuale e segreta, marcescente di ombre squisite. Per Sereni — nato a Luino, sul Lago Maggiore, nel 1913, poeta fra i più notevoli del Novecento italiano — il discorso cade subito sul suo senso del presente e delle presenze, sull'assillo del tempo che vive: ha questo assillo in comune con William Carlos Williams, il poeta del quale ci ha dato traduzioni bellissime (e un campione c'è anche nell'Oscar che antologizza poesie scritte tra il 1935 e il 1965, tratte da varie raccolte): ma, mentre il poeta americano, che nella vita fu medico, ha un fervore diagnostico che spesso solennizza la sua poesia, Sereni lascia che le sue anamnesi si intrichino, con la delicatezza sfuggente della «volpe gentile » nei labirinti del mistero esistenziale. L'Oscar che qui indichiamo, racconta questa sua attenzione — stupefatta o mesta od ostinata — al presente, questa sua vigilanza a un paesaggio che « firira e passa »: di polvere e di sole come il vestito dell'« Italiano in Grecia » (Pireo, agosto 1942) o di « poco verde tra gli anditi bui » (Sidi-Chami, dicembre 1944) — Sereni, ufficiale di fanteria, fu durante la guerra nei Balcani e in Grecia: e, prigioniero, in Algeria ed in Marocco — finché il paesaggio fisico lascia il posto ad un paesaggio più intensamente dinamico perché appena fuori dell'esistenza: «... calce o cenere / pronte a farsi movimento e luce » (da una poesia apparsa ne Gli strumenti umani, 1945-65). Ci ha colpiti l'insistenza di una parola che ritorna in tutta la poesia di Sereni: questa parola è « verde ». In un « discorso in grado di esprimere compiutamente il presente » (sono parole di Marco Forti) questo colore sacro del fiume che scorre e colore simbolico di vita che si rinnova, ci è sembrato un inconscio esorcismo per proteggere lo scorrere, il ramificarsi della vita, dai fantasmi. E' presente quest'anno, anche con un Oscar, Poesie, Alfonso Gatto: le composizioni antologizzate vanno dal 1929, quando il poeta aveva venti anni — Gatto è nato a Salerno e vive a Roma; ha abitato a Milano e a Firenze —, al 1969. Parecchie fra queste sono le poesie che nell'immediato dopoguerra ci hanno presentato un Sud ripulito dai richiami di un certo rozzo cinema di quegli anni: riportato alla sua arcaicità incantata con una pietà alterata dalle irriverenze del surrealismo, dove « il palazzo che fugge ad altro rosa », la « fanciulla combinata a festa » e le mamme « pingui e rosee come il mare » (dalle raccolte Poesie d'amore e Amore della vita, scritte tra il '41 e il '49) sono pastose figure perse nei gorghi di un barocco biaccato e funebre che conserva, nella biacca, un sapore di latte d'infanzia e nelle architetture luttuose la festa di un carnevale dove la maschera più seducente è quella che traveste la morte. Gatto ha una sua sponda lucente, con una tavolozza gonfia, proterva: e una sponda tenebrosa, dove spettrali oggetti di scavo emergono tra figure di affreschi venerabili. Questi reliquiari si possono tingere di una sensualità perfino perversa: una creatura femminile, la fioraia di un affresco pompeiano, che nasconde ebbrietà inimmaginate è la morte. Luigi Baldacci, nella sua elegantissima prefazione, a proposito di quella condizione dello spirito che per Gatto è il colore — non si dimentichi che Gatto è anche pittore — osserva nella « storia interna della poesia di Gatto » un « lavoro di progressiva riduzione dell'elemento colore »: un lavoro che procede, dunque, « alla conquista di un colore più scorporato... un colore - musica, aereo; un colore che resta fuori del verso ». A noi, questo poeta piace particolarmente quando l'incanto del colore è più sottilmente inquietante che appassionato; e anche quando si abbandona — con un gusto rarissimo nel nostro Novecento — alle rime, alle ariette, in un disegno surrealista. Paese di lago, per esempio, con le sue rime e le sue goticherie alla Bierce, fa venire in mente un quadro di Roland Penrose, L'Isola invisibile, dove un paese lacustre nasce nella capigliatura di una splendida testa femminile capovolta e sospesa tra le nubi e la luna. Rossana Ombres

Luoghi citati: Algeria, Balcani, Firenze, Grecia, Luino, Marocco, Milano, Roma, Salerno