Matteotti, il delitto del regime

Matteotti, il delitto del regime LE PRIME VISIONI SULLO SCHERMO Matteotti, il delitto del regime Il film di Florestano Vancini che ha inaugurato la recente rassegna di Venezia; una lezione antifascista Il delitto Matteotti di Florestano Voncini, con Franco Nero, Mario Adorf, Riccardo Cucciolla, Umberto Orsini, Gastone Moschin, Vittorio De Sica. Italia, colori. Romano. (s. c.) Trenta maggio 1924: il deputato socialista Giacomo Matteotti, alla Camera, attacca direttamente il governo presieduto da Benito Mussolini e denuncia senza paura i brogli commessi dai fascisti nelle elezioni avvenute poche settimane prima. Undici giorni dopo Matteotti è prelevato da una "squadracela" capeggiata da Amerigo Dumini ed ucciso. I sicari, troppo zelanti pare avessero soltanto il compito di dare una dura lezione allo scomodo avversario. Il brutale delitto scatena un'offensiva democratica che pone sotto accusa il duce, i suoi collaboratori e tutto il partito fascista. Da questi fatti prende l'av¬ vio il film di Florestano Vancini per condurre una attenta indagine storico-politica dei drammatici mesi che precedettero la definitiva presa di potere del fascismo e la fine delle libertà costituzionali. Il 3 gennaio 1925 Mussolini pronuncerà il discorso che prelude la sua tirannia dopo aver eliminato, messo in carcere, o costretto all'esilio i più pericolosi oppositori. Ricostruita con diligente cura, la vicenda costituisce « una perentoria lezione di antifascismo opportuna in questi tempi », come ha scritto Leo Pestelli nella recensione del film che inaugurò di recente le « Giornate » veneziane. « Vancini è di quei registi che producono relativamente di rado — scrive ancora Pestelli — ma sempre avvedutamente, con una totale affezione ai soggetti e con seria preparazione. Nell'intarsio, che è fittissimo, del suo film, quella preparazione è scoperta; e se va un po' a scapito del calore e del rilievo, se assume un tono alquanto asciutto e livellato, in compenso chi alla retorica dei sentimenti e delle idee preferisce l'informazione, trova il fatto suo in questa ultraparticolareggiata cronistoria che rende implacabilmente ragione, attraverso una lucida analisi di raggiri complicità e debolezze, del perché un feroce delitto che doveva segnare la fine del fascismo ne assicurasse invece lo stabilimento per altri quindici anni». Un lavoro di raccolta documentaria che trova nel film compiutezza, ordine ed efficacia drammatica offrendo agli spettatori « ai giovani soprattutto una preziosa quantità di dati, una logica esattezza di raccordi » utile per capire le ragioni dì una grande tragedia politica come per riconoscere ed eventualmente combattere i sintomi di un « ritorno » storico. « Avendo voluto trattare la materia così di faccia si para al regista la difficoltà di dare volti e gesti cinematografici ai personaggi, sacri nel bene e nel male, alla memoria degli italiani. Vancini ha superato bene la difficoltà, offrendoci una galleria persino sovraccaricata di figure ormai storiche che entrarono in quella vicenda fatale: e l'ha superata cominciando dal soggetto piii difficile, Mussolini », incarnato con giusta misura da Mario Adorf, che non cede alla tentazione del ridicolo. Tra gli altri bravi interpreti: Franco Nero presta il suo volto a Giacomo Matteotti, Riccardo Cucciolla sottolinea la cadenza sarda nei panni di Gramsoi, Umberto Orsini è il duro Dumini, Moschin rifa Turati e Damiani Amendola.

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