Per una nuova società

Per una nuova società Per una nuova società Lo si è appreso proprio in questi giorni: un magistrato genovese è stato sottoposto a procedimento disciplinare per una lettera indirizzata tre mesi prima ad un quotidiano della sua città, particolarmente impegnato nella difesa della propria indipendenza. La lettera esprimeva, da un lato, solidarietà ai giornalisti in questione e giustificava, dall'altro, siffatta solidarietà richiamandosi all'importante contributo che l'intervento della stampa libera e quello connesso dell'opinione pubblica hanno sovente dato ad « inchieste scabrose e fastidiose per certi potenti ». Nel momento in cui si apre il XV Congresso dell'Associazione Nazionale Magistrati, interamente dedicato al tema dei rapporti tra « giustizia ed informazione », la notizia che giunge da Genova potrebbe assumere, se non fosse per la sua amara realtà concreta, il sapore di un apologo, tanto essa appare emblematica di una situazione tuttora ben lontana da quella sottintesa come ideale dal tema del Congresso. Inquisizione? Per sottolineare quanto sia profondo il distacco che in materia continua a separare l'essere dal dover essere, nonostante certi innegabili progressi degli ultimi anni, qualcuno ha detto, con straordinaria efficacia e puntualissima valutazione, che il rapporto tra « giustizia ed informazione » è in realtà un rapporto tra « inquisizione e disinformazione ». Fornirne la dimostrazione costituisce un compito molto semplice. L'inquisizione è alla base del segreto istruttorio che, stando alle norme vigenti, vieterebbe qualsiasi pubblica informazione sull'andamento delle indagini prima del loro epilogo. L'inquisizione è addirittura alla base dei segreti politici, militari e di pubblico ufficio che impediscono allo stesso giudice di accertare la completa verità, necessaria per far giustizia. Sempre l'inquisizione è alla base dei tanti reati di opinione che sopravvivono al contesto storico-politico da cui è germogliata la loro incriminazione, ostacolando gravemente la libera circolazione delle idee. Ancora la inquisizione è alla base del severo trattamento al quale viene sottoposta, specie per quanto riguarda la figura del direttore responsabile, la diffamazione commessa con il mezzo della stampa, ivi compresi i troppi limiti che continua ad incontrare la prova liberatoria, cioè la prova della verità del fatto attribuito alla persona offesa. Ma non è tutto. Si ispira all'inquisizione persino la presunzione di conoscenza della legge, e in particolare della legge penale, che incombe su tutti i cittadini sin dal primissimo momento, nonostante la carenza di adeguati sistemi informativi. Esemplare — e strettamente collegato al nostro tema non solo sotto il profilo generale, ma anche per la specifica natura del suo contenuto — il caso della norma che ha messo fuori gioco la televisione via cavo: fu fatta entrare in vigore senza che nessuno fosse messo in grado di conoscerne immediatamente l'esistenza. Lo strumento della Gazzetta Ufficiale, usato isolatamente, si rivela sempre più anacronistico, a causa anche di un servizio postale sceso ormai al livello delle vecchie diligenze a cavalli. Tolleranza Il risultato a cui approda questa serie di fattori negativi uniti ad altri di rilievo non minore anche se di portata non giuridica (concentrazione delle testate, incidenza dei gruppi di potere, povertà di mezzi per troppe persone, eccetera), trova appunto la sua sintesi precisa nella parola «disinformazione». Con il che tutti i valori tipici di una società veramente democratica rimangono pregiudicati in partenza: a soffrirne non è soltanto il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con ogni mezzo di diffusione, la stampa in primis, ma anche, e più ancora, il diritto di partecipare effettivamente all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese nei molteplici modi previsti dalla Costituzione. Viene a risultarne sacrificato, se ben si guarda, lo stesso fondamento della concezione repubblicana, imperniata sull'appartenenza della sovranità al popolo e sull'amministrazione della giustizia nel di lui nome. Fino a che i cittadini saranno informati poco e ma¬ le delle cose della vita pubblica, e di quelle giudiziarie in particolare, resterà pura finzione l'indicare la collettività come la fonte prima dell'esercizio dei poteri statuali. Per capovolgere i termini del binomio «inquisizione - disinformazione» e realizzare il binomio «giustizia - informazione», si impone un netto mutamento di rotta: nelle leggi, nel costume, nella mentalità. Le esigenze della nuova società, che chiede di veder realizzate le prospettive tracciate nel 1948, incalzano sempre più. Il Congresso ha dinanzi a sé un vasto ambito di azione: sul piano del costume e della mentalità, il contributo c'è già, e notevolissimo, nella stessa scelta del tema, nelle relazioni fortemente impegnate, nei non pochi interventi scritti diffusi o annunciati; sul piano delle riforme legislative, molto dipenderà dalla concretezza della discussione. Nelle relazioni e negli interventi scritti le indicazioni di rimedi più o meno radicali non mancano di certo. Dal loro confronto, con l'ulteriore arricchimento dei contributi orali, dovrebbe scaturire, se non la selezione, la scelta da portare innanzi, all'esame degli organi competenti. Il confluire delle esperienze dei magistrati, e più in generale dei giuristi, con le esperienze dei giornalisti, e più in particolare di quelli professionisti, dovrebbe facilitare il contemperamento delle rispettive esigenze. Il miglior argomento in favore deU'indilazionabilità di riforme consistenti lo fornisce una constatazione di ordine sociologico: l'attuale normativa in materia di informazione è talmente insoddisfacente che, soprattutto per quanto concerne il segreto istruttorio, essa viene sovente disapplicata o parzialmente aggirata. Per dirla con Alberto Dall'Ora, certe norme sono diventate motivo di ipocrisia. Il fenomeno non sorprende: il proibizionismo fuori posto ha sempre generato il contrabbando, la complicità o la tolleranza, quando non addirittura la corruzione. La nuova società dev'essere a viso aperto: è anche una questione morale. Giovanni Conso Il programma La cerimonia inaugurale del congresso avrà inizio oggi pomeriggio alle 17, nel salone di Palazzo Madama. Parlerà il ministro di Grazia e Giustizia, Zagari, quindi il procuratore generale Colli porgerà il saluto dei magistrati torinesi ai colleghi di tutta Italia. Saranno presenti, tra le autorità il sottosegretario Pennacchini, il presidente della Corte Costituzionale Bonifacio, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Bosco, il presidente di Cassazione Stella Richter; per i giornalisti, il presidente della Federazione nazionale della stampa, Falvo.

Persone citate: Alberto Dall'ora, Colli, Falvo, Giovanni Conso, Pennacchini, Stella Richter, Zagari

Luoghi citati: Genova, Italia