Il Presidente non s'è arreso

Il Presidente non s'è arreso ALLENDE PERSONAGGIO ATIPICO PER IL SUD AMERICA Il Presidente non s'è arreso Per trovare un precedente di tanto disperata decisione nella terra dei "golpes", bisogna rifarsi al suicidio del brasiliano Getulio Vargas - Era più simile a un raffinato borghese di fine secolo che al leader populista di cui spesso assumeva le pose - Sognava di interpretare un ruolo storico, rivelandosi capace di conciliare la rivoluzione con la democrazia - Ha rispettato di massima le libertà d'espressione, compresi gli scioperi che hanno finito per travolgerlo Tra bagliori d'incendi, rovinare di muri frantumati dai cannoni Salvador Attende è uscito di scena come nell'ultimo atto di una tragedia intrìsa di sangue. Si è ucciso? Lo hanno ucciso? Per ora, la notizia diffusa dai generali parla di suicidio. Per trovare un precedente di tanto disperata decisione in America Latina bisogna tornare indietro di quasi vent'anni, quando all'alba del 24 agosto 1954 Getulio Vargas, presidente del Brasile, si sparò al cuore per non cedere all'imposizione dei generali di lasciare il potere e andarsene. Si pensava che quel caso non sì sarebbe ripetuto in America Latina, dove i golpes militari si realizzano con economia di vite umane; Salvador Attende, anche col sacrificio proprio, ha voluto dimostrare che il Cile sta a sé nel panorama politico del Subcontinente. Cominciò medico Già. lui stesso era un personaggio atipico nella galleria dei politici sudamericani, più simile a un raffinato borghese di fine secolo che non al rivoluzionario populista dì cui, spesso, assumeva le pose. Era nato a Valparaiso il 26 luglio 1908, si era laureato in medicina, ma la dimensione in cui sentiva di potersi realizzare pienamente era l'attività politica. Militò sempre nel partito socialista, di cui fu uno dei fondatori nel 1933, e ne divenne segretario dieci anni dopo. Da allora la sua milizia politica fu pressoché ininterrotta, deputato e senatore in numerose legislature, candidato alla presidenza della repubblica in tre riprese, riuscì ad imporsi alla fine nelle elezioni dell'ottobre 1970, quando ottenne il 36 per cento dei suffragi contro il 33 per cento dell'esponente nazionalista Alessandri ed il 27 per cento del democristiano Tomie. Divenne presidente della repubblica grazie ai voti della democrazia cristiana, che in cambio pretese da lui lo impegno senza riserve di rispettare la legalità costituzionale e le libertà democratiche, un impegno che Attende avrebbe avuto difficoltà a rispettare se intendeva realizzare quella « via cilena al socialismo » ch'era stata la sua bandiera durante la campagna elettorale. Ma Salvador Attende non badava alle contraddizioni, né al rispetto assoluto degli impegni se di mezzo c'erano lui ed il suo programma politico. Ricordo la definizione che mi aveva dato il signor Castillo Velasco, ex ministro della Giustizia nel governo di Eduardo Frei: « Allende, mi aveva detto, è nato presidente, ed intende rimanerlo per sempre. Egli non è un teorico, né un pragmatico; non è marxista, né reazionario; egli è innanzitutto Allende, cioè convinto di interpretare un ruolo storico ri¬ velandosi capace di conciliare la rivoluzione con la democrazia ». C'era in Allende un'indubbia inclinazione ad essere sempre protagonista, perennemente alla ribalta, anche per recitare le scene patetiche di padre del popolo. Buon parlatore, un po' all'antica, incline alla rettorica ed alla commozione, aveva intuito da tempo che cosa i cileni delle classi più povere, i rotos, cioè coloro che avevano sempre votato per lui, amavano sentirsi dire. E quando el companero presidente li convocava per opporre il numero dei suoi fedeli alle dimostrazioni organizzate dall'opposizione, essi accorrevano in massa, certi di ascoltare da lui uno di quei discorsi che li avrebbe commossi fino alle lacrime. C'era però anche l'Allende colto, raffinato, amante dei begli abiti, della buona tavola, della buona compagnia, di una certa marca di whisky. Quest'altro Allende si rivelava soltanto con chi gli era congeniale e con lui si esprimeva liberamente, spesso per paradossi. «Sono il solo presidente, disse una volta, che da oltre trenta¬ due anni sia marxista e massone». Accordare le due posizioni politico ■ filosofiche può sembrare arduo, ma Allende era andato ancora oltre rivelandosi, una volta presidente, anche buon cattolico. Il giorno in cui fu insediato nella sua alta carica fu ricevuto nella Cattedrale, che ha una sua storia di preti ribelli e rivoluzionari, dal card. Raul Silva Enriquez che celebrò un fastoso Te Deum di ringraziamento a Dio per aver assegnato al Cile un presidente come el companero Allende. Era sincero Si presentava, perciò, come marxista, massone e cattolico, una serie di contraddizioni che non lo spaventavano; anzi, sembrava provasse piacere ad affrontare le situazioni più complesse. Era certamente un sincero democratico, nel senso che, almeno fino al momento della sua morte, egli ha rispettato di massima tutte le libertà di espressione, fino ad affrontare scioperi impopolari e disastrosi, come quello dei minatori del rame, che pure votavano per lui, e quello degli autotrasporti, settore indispensabile all'economia cilena dove tutto, anche il grano per il pane, dev'essere trasportato con gli autocarri: scioperi che alla fine lo hanno travolto. Probabilmente non ha voluto stroncare gli scioperanti con la forza temendo quello che poi è accaduto, l'intervento delle forze armate. Nonostante tutte le sue manifestazioni di energia, gli atteggiamenti un po' gladiatori, egli doveva sentirsi piuttosto insicuro. Già subito dopo la sua nomina a presidente egli prese alcune decisioni che lasciarono perplessi i cileni. Da oltre un secolo i portoni del Palazzo della Moneda, la residenza di lavoro del presidente, erano sempre spalancati, i cileni di Santiago andavano e venivano attraverso i cortili come se percorressero una via qualsiasi. Attende li fece chiudere. Tutti i presidenti che lo avevano preceduto, oltre a vivere nelle loro abitazioni private come presidenti svizzeri, avevano alla porta un solo carabiniere. Allende, appena eletto, fece alzare di parecchio i muri di cinta della sua villa nel viale Thomas Moro, nel quartiere residen- ziale di Colon, e oltre ad un nutrito plotone di carabinieri che sorvegliavano l'ingresso circolavano nel giardino alcuni giovanotti dalle spalle di lottatore che i cileni avevano subito chiamato Gap, cioè Gruppo di Amici Personali, che in realtà erano la guardia privata ed armata del presidente. Democratico, marxista, ma con molte cautele; gli attentati, il pericolo di essere ucciso, come era accaduto nell'ottobre del 1970 al generale Schneider, capo delle forze armate, assassinato nella sua auto in pieno centro di Santiago da un gruppo di reazionari che volevano impedire l'elezione di Attende alla suprema carica, erano sempre presenti. Egli temeva i cospiratori di destra, ma temeva non meno quelli di estrema sinistra, soprattutto quelli del Movimiento Izquierda Revolucìonaria, il Mir, che dopo essersi messi su posizioni di attesa dopo la sua elezione, gli avevano tolto la fiducia e lo consideravano ormai un momio, cioè un uomo contento deJJ'establishment. Ha dovuto sempre muoversi in un campo minato, con pochi amici e nemmeno quelli troppo sicuri. I socialisti, cioè il suo partito, non gli perdonavano quel temporeggiare di fronte alla rivoluzione e lo stesso segretario, Carlos Altamirano, non nascondeva i suoi rapporti con quelli del Mir che trattavano Allende da traditore perché, dicevano, non pensava affatto a fare la rivoluzione e dare il potere al popolo, mirava soltanto a instaurare il capitalismo di Stato secondo la regola moscovita imposta dai comunisti. Nell'agosto 1972, la polizia cilena scoprì un complotto organizzato da guerriglieri stranieri ospiti del Cile, di estrema sinistra e sostenuti dal Mir, che volevano eliminare il presidente perché, dissero, « aveva tradito la rivoluzione». Alleati infidi Minacciato dai suoi alleati, doveva guardarsi ancor più dalle organizzazioni di estrema destra, soprattutto dalla parafascista « Patria e Libertà », che si addestrava quasi scopertamente alla guerriglia in attesa del momento di rovesciare il presidente, dissolvere il governo frontista di Unità popolare, sbarrare per sempre la «via cilena al socialismo». Nonostante tutto, Allende ha resistito, ha superato persino la prova di un piccolo golpe, il 29 giugno scorso, subito abortito, che forse era la prova generate del golpe definitivo. « Ma alla fine chi vince sono io », aveva detto Allende, ed ancora dopo il golpe del giugno espresse la certezza di concludere interamente il mandato nel 1976. Se avesse davvero fiducia nei generali che comandano le forze armate non si può dire; pubblicamente dimostrava di averne, li aveva persino chiamati a far parte del governo frontista di Unità popolare per dare ai cileni, soprattutto a quelli dell'opposizione, la prova della sua buona volontà di rima¬ nere nei limiti della Costituzione. Intimamente, però, doveva avere la certezza che qualcosa di irreparabile stava per accadere. Ma era un uomo che, se pur si guardava dal pericolo e dagli attent'iti, e prendeva le sue brave precauzioni, aveva poi il coraggio delle proprie azioni. Quando Vanno scorso ottenne il 43,3 per cento dei voti nelle elezioni parziali, registrando un indiscutibile successo, credette di essere saldamente in sella, e liquidò i tre generali che aveva chiamato nel governo. Fu una decisione greve di future conseguenze. Personalmente non amava i militari, soprattutto se mischiati alla politica; preferiva saperli impegnati nelle loro attività di caserma. Poiché era un democratico, aveva la certezza che i generali, nonostante le molte difficoltà in cui si dibatte il Cile, avrebbero rispettato la neutralità delle forze armate. Si è sbagliato, ma con la sua morte egli ha probabilmente avviato un nuovo processo storico per il suo paese. Prima di uccidersi, Getulio Vargas aveva scritto rivolgendosi ai brasiliani: « Non posso darvi più nulla, se non il mio sangue ». / brasiliani scesero nelle vie a piangere «papà Getulio», ma non si mossero. Non so se Allende ha lasciato qualche testamento, ma è possibile che, pur senza incitamenti, i cileni non accettino passivamente che l'esperimento del companero Allende si concluda così, col suicidio del presidente ed i generali al potere. Francesco Rosso Santiago. II presidente Allende con la moglie: un'immagine di tempi sereni che sembrano ormai remotissimi (Foto Grazia Neri)