Stewart, re sulla pista discusso uomo d'affari di Michele Fenu

Stewart, re sulla pista discusso uomo d'affari Stewart, re sulla pista discusso uomo d'affari Lo scozzese ha conquistato domenica a Monza il suo terzo titolo - Ha 34 anni, è sposato, ha due figli - Gli si rimproverano attaccamento al denaro e la spregiudicatezza nel trattare le questioni dei piloti Con la conquista del terzo titolo mondiale di Formula 1 Jackie Stewart si conferma come uno dei più grandi piloti di tutti i tempi. Lo scozzese, che ha 34 anni, è sposato ed è padre di due bimbi, ha raccolto l'eredità di Jim Clark. Anzi, questo piccoletto con l'aria del capellone ha saputo toccare traguardi che il suo connazionale non era riuscito a raggiungere: tre campionati contro due, 27 successi in Grandi Premi contro 25. E se Fangio conserva il record dei caschi « iridati » (cinque volte « re » del volante), nessuno ha mai vinto tante corse come Stewart. Domenica a Monza, nel Gran Premio d'Italia, lo scozzese è stato preceduto da Peterson e Fittipaldi, con le Lotus, e da Revson, con la McLaren. Eppure, il protagonista della gara è stato lui. La folla, delusa per l'oscura prova della Ferrari e fredda di fronte alla solitaria cavalcata degli uomini Lotus, ha palpitato per l'orgogliosa rimonta di Stewart, ha forse sperato in una sua vittoria. E il fatto che il quarto posto gli bastasse per la conquista del titolo ha provocato un moto d'entusiasmo fin troppo irruento. Non succedeva, nel nostro autodromo, dal trionfo di Clay Regazzoni con la Ferrari nel 1970. Stewart ha veramente dato la misura della sua classe ed esperienza, sorrette da una determinazione e da un temperamento che lo aiutano in ogni occasione. Nei Grandi Premi, ormai tirati sul filo dei centesimi, una sosta al box per un controllo o per cambiare un pneumatico — come appunto è accaduto domenica allo scozzese — diventa determinante. Un minuto fermi, e la competizione è perduta. Molti, dopo, continuano per onor di firma, ad un ritmo blando. Stewart, invece, è di quelli che non s'arrendono mai: il pubblico ha pagato il biglietto, lui ha dei contratti da rispettare e un nome da difendere. Giù il piede sull'acceleratore, quindi, fino in fondo. E' un vero professionista, un uomo che si è sempre sforzato di analizzare minutamente ogni aspetto delle corse e che lascia poco al caso. Correre — dice — è un mestiere troppo serio e pericoloso pei prenderlo alla leggera. Ho studiato tutti i parametri della sicurezza, non per paura, ma per aumentare le mie possibilità di sopravvivenza. E penso che la miglior dote di un pilota sia il conoscere esattamente i propri limiti ». Ogni anno Stewart vola per 250 mila chilometri spendendo 60 mila dollari. Corse, allenamenti, prove, appuntamenti: è un pilota ed un uomo d'affari, con un'organizzazione commerciale alle sue spalle, segretarie, autista per portarlo dalla residenza di Clayton House, che s'affaccia sul lago di Ginevra, all'aeroporto internazionale. Al campione del mondo non piace guidare su strade normali, che considera più pericolose delle piste. Quello della sicurezza è uno dei temi preferiti da Stewart (l'altro è il guadagnare), che da alcuni anni si distingue in questa battaglia portata avanti dai piloti fra mille compromessi ed interessi. Lo scozzese ha visto morire alcuni amici, come Piers Courage e Rindt, e ne è rimasto sconvolto. Con il peso del suo prestigio e l'appoggio più o meno diretto di finanziatori forti come la Ford e la Goodyear ha guidato la Grand Prix Drivers Association contro gli organizzatori, chiedendo circuiti meno pericolosi. Eppure, Stewart, il « paladino » della sicurezza, si è reso protagonista di azioni e decisioni perlomeno dubbie. All'inizio della stagione, in Sud Africa, fu richiamato per aver sorpassato alcuni rivali mentre erano esposte le bandiere gialle per l'incidente di Regazzoni; a Montecarlo s'è detto soddisfatto delle misure prese dagli organizzatori, acconsentendo ad un tracciato che si snoda tra nastri d'acciaio e case; a Monza ha dato il suo determinante « sì » alle due varianti, che molti suoi colleghi giudicavano strette e insidiose. Stewart è un « ras », un « padrino » del mondo della Formula 1, con amici potenti e protezioni sicure. Nessuno vuole inimicarselo, in primo luogo i proprietari dei circuiti. Se lo scozzese ha qualcosa da ridire, si rischia di non vedere i piloti. La posizione del neo campione mondiale è discussa e criticata da molti, lo stesso Ickx non lesina parole dure nei suoi confronti. E i tifosi britannici non approvano l'eccessivo attaccamento al denaro di Stewart, che del suo lavoro di pilota ha approfittato per costruirsi un impero pubblicitario. Tuttavia, come pilota Stewart non è criticabile. E' un vero, autentico asso del volante, un « ragioniere » do tato di temperamento. Ed è per questo motivo che s'attende con notevole interesse la sua decisione sui prò grammi 1974. Si ritira o non si ritira? A 34 anni lo scozzese ha ottenuto dalle corse successo e guadagni come nessun altro pilota. Pensa alla famiglia e, siamo sinceri, alla possibilità di lasciare le competizioni in tempo, prima di un incidente o di un patetico decadimen to, come Graham Hill. Dal l'altra, è difficile abbandonare un'attività così ricca di soddisfazioni in ogni senso e anche amata, perché non si corre e non si rischia, specie all'inizio, se non c'è la passione. Michele Fenu Jackie Stewart, tre volte campione, visto da Franco Bruna

Luoghi citati: Ginevra, Italia, Montecarlo, Monza, Sud Africa