L'esercito decapitato di Jacques Guillermaz

L'esercito decapitato DOPO IL X CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA CINESE L'esercito decapitato Il vecchio "leader" Mao Tse-tung ha trionfato di tutti i suoi avversari, ma ha dovuto sacrificare le Forze armate - Ciu En-lai, emerso come il numero 2 ma non designato ufficialmente come successore, ha ancora molti avversari nelle Forze armate - Il giornale del partito ammonisce : "La lotta non è finita" - Il momento della verità, forse, si avrà solo quando il carismatico e indiscusso capo Mao si ritirerà Il decimo congresso del partito comunista cinese dividerà probabilmente gli specialisti in due scuole. Per la prima, segnerà il trionfo di Ciu En-lai e l'inizio d'un regime a un tempo rinnovato e ringiovanito, guidato da un partito riabilitato e riunifìcato che non conserverà del radicalismo della Rivoluziono Culturale altro che l'espressione verbale; un regime che condurrà finalmente verso una seconda Cina Popolare, resa ragionevole, cosciente dell'urgenza dei problemi concreti che le si pongono e pronta a dare la priorità alle esigenze dello sviluppo economico e alle realtà internazionali. Per la seconda, il decimo congresso non farà che confermare l'esistenza, al vertice della gerarchia, d'un equilibrio tanto più precario dal momento che la base sembra ancora attraversata da correnti diverse. Tutta l'abilità di Ciu En-lai non saprà prolungarlo oltre la morte di Mao Tse-tung, che segnerà l'ora della verità. L'ombra di Mao Tra queste diverse opinioni, i documenti (comunicato finale, rapporto politico di Ciu En-lai, rapporto di Wang Hong-wen sugli statuti del partito, composizione delle diverse istanze) sono importanti perché danno un'idea del momento e fanno conoscere temi, stile e volti. Ma vorremmo andare al di là e proporre alcune riflessioni sul potere politico in Cina e i suoi rapporti con la società cinese. Come non cominciare col presidente Mao Tse-tung? Ufficialmente la sua formidabile statura è intatta e, nella misura in cui la sua visione ideologica serve come punto di riferimento e tutto si fa in suo nome, resta ancora l'incarnazione del potere. Per questo, in così pochi anni, ci sono stati molti errori e quanti insuccessi, anche per chi accetta il principio e le ragioni della Rivoluzione Culturale. Se il suo intervento diretto nel caos dell'estate 1967 ha potuto evitare il peggio, esso non ha potuto dare alla « ribellione » e alle « prese di potere » il corso ordinato ch'egli sperava. Il suo sostegno deciso, sincero e totale a Lin Piao, l'accettazione del culto del suo pensiero, non possono essere messi in dubbio. Nei mesi di agosto e settembre, in occasione del dodicesimo plenum del nono comitato centrale, incitato ad accettare un compromesso e alla fine a scegliere tra Lin Piao e Ciu En-lai, abbandonerà il suo « più vicino compagno d'armi» e con lui Chen Po-ta, dopo Yenan esegeta della sua Teoria rivoluzionaria e a tal punto coinvolto nell'inizio della Rivoluzione Culturale da presiedere il gruppo che aveva questo nome. Nelle stesse circostanze Mao Tse-tung rigetterà su Lin Piao la « teoria del genio », che non aveva certo mai riconosciuto esplicitamente, ma sulla quale si fondava largamente il suo prestigio agli occhi delle masse. L'intervento tumultuoso e spesso malvisto di sua moglie nelle peripezie della Rivoluzione Culturale ha provocato la reazione di alcuni veterani del partito e, servendo da esempio ad altri dirigenti, spiacevolmente confuso legami familiari e legami politici. Per evidenti ragioni di Stato, ma anche perché Ciu En-lai e i suoi alleati non potevano fare a meno dell'appoggio e dell'approvazione di Mao Tse-tung, nulla doveva diminuire esteriormente la sua autorità e il suo prestigio. Il rapporto politico di Ciu En-lai al X congresso rende oggi ufficiale la tesi d'un tentativo per creare un comitato centrale rivale e quella d'un complotto fallito, confermando inoltre ciò che sapevamo già dalla stampa di Taiwan e Hongkong, alimentata da calcolate « fughe » di notizie. Il presidente Mao Tse-tung domina ancora la vita politica e ideologica della Cina, la sua scomparsa sconvolgerà i cinesi. Ma, oggi come dopo i « Cento fiori » e il « Grande balzo in avanti », deve lasciare ad altri il compito di assicurare la gestione quotidiana degli affari. Quanto a Ciang Cing, sua moglie, rimarrà all'ufficio politico — non poteva essere diversamente —, ma non farà parte del gruppo permanente dei «Nove » (non più di Yao Wenyuan, che si dice parente di Mao Tse-tung); si può pensare che le sue ambizioni politiche si fermeranno qui. Ancora all'ombra immensa di Mao, il partito è ritornato a essere la sede vera ed esclusi- va del potere. Tale era in teoria la situazione durante il nono congresso, anch'esso definito « congresso dell'umili». In realtà, Lin Piao s'appoggiava contemporaneamente su alcuni elementi di questo partito, sullo stato maggiore generale e su una fazione dell'esercito, per non parlare della clientela che poteva derivargli dalla sua qualità di crede designato. Ciu Enlai era sostenuto da ciò che restava dell'apparato statale che, come primo ministro, non aveva mai cessato di controllare dal 1949. Chen Po-ta traeva la sua forza dalla carica di presidente del gruppo della Rivoluzione Culturale, dagli elementi più radicali del partito e anche da larghi strati della gioventù rivoluzionaria in parte organizzata in « guardie rosse ». L'eliminazione e l'esclusione di Lin Piao e dei capi di Stato maggiore che l'avevano seguito, quella di Chen Po-ta, la ricostituzione progressiva del partito a tutti i livelli, hanno profondamente modificato la situazione. Ormai il partito è il solo campo della vita politica che conti, cioè, almeno virtualmente, il centro di tutte le tensioni e di tutti i conflitti. Ciu En-lai ha detto; « // crollo della cricca antipartito di Lin Piao non significa la fine della lotta tra le due linee in seno al partito. Tutti i nostri nemici, nel Paese e all'estero, sanno che è dall'interno che le fortezze si espugnano più facilmente ». Quattro giorni Da molti indizi si può riconoscere che il nuovo ufficio politico è il risultato d'un compromesso cosi bene messo a punto che il congresso è potuto durare soltanto quattro giorni (il nono era durato ventiquattro giorni e l'ottavo, dodici). La rimonta di Ciu En-lai è spettacolare se si paragona il posto che occupa oggi con quello che occupava tra Lin Piao e Chen Po-ta nel 1969, e se si nota che i quattro capi di stato maggiore epurati con Lin Piao e sua moglie, non sono stati sostituiti con altri militari. Non è meno vero che Ciu En-lai non è né il successore designato né il solo vicepresidente. Lin Piao è morto, non ci sarà un nuovo Lin Piao. Se Yao Wen-yuan non è nel gruppo permanente, neppure Li Hsien-nien, collaboratore rico-1 nosciuto di Ciu En-lai, ne fa più parte. Invece, Teng Hsiaoping, Tan Chen-lin, Wang Chiaohsiang, Ulanfu, devono al primo ministro il loro ritorno al comitato centrale. Moltiplicare gli esempi e le ! verifiche sarebbe fastidioso, ma j 1 Nanchino (che coprono la Man ciuria e la Cina dell'Est) con rivelerebbe abbastanza la diversità dei gruppi: veterani quasi novantenni, collaboratori di Ciu En-lai, clan di Shangai, responsabili civili o militari di numerose province. Wang Hong-wen costituisce da solo un mistero. Amalgama, giustapposizione? Più probabilmente sistema in equilibrio. In provincia L'esercito, il vero potere dal 1967 al 1970, si trova oggi in una situazione sorprendente. Decapitato nel settembre 1971 con l'eliminazione del suo ministro della Difesa nazionale e del suo stato maggiore, Io è rimasto fino a oggi. Il vecchio maresciallo Yeh Cien-ying ne assicura il controllo e la direzione generale, ma in qualità di vicepresidente del comitato centrale del partito, la cui supremazia e la cui diffidenza si trovano così affermate. Malgrado tutto, sotto il titolo di primi segretari o di segretari del partito, i militari continuano a controllare più di due terzi delle province, dove con l'aiuto dei vecchi quadri, hanno ampiamente eliminato i responsabili nati dalla Rivoluzione Culturale. Due forti personalità, Cen Hsi-lien e Hsu Shi-yu, i comandanti delle regioni militari di Shanyang e di ! tinuano a far parte dell'ufficio j politico. Grazie a Mao Tse-tung, la testa del regime non ha mai cessato d'essere politica, ma l'esercito rappresentava uno strumento rivoluzionario potente e. in caso di grave crisi, un ricorso efficace. E' così che, agli ordini di Lin Piao, ha potuto, dal 1967 al 1970, salvaguardare l'unità politica, sostituirsi agli apparati statali che venivano meno, e, dovunque era necessario, ricreare nuove strutture, comitati rivoluzionari poi comitati di partito; questo ruolo di tutela spesso ancora utile spiega il posto ch'esso continua a occupare nella maggior parte delle province. In un Paese in cui l'appartenenza a uno stesso partito politico, a una stessa ideologia, una stessa esperienza nata dalle guerre civili e dalla guerra di resistenza al Giappone, contribuiscono a cancellare le differenze tra le gerarchie civili e militari, una tale situazione non è molto inquietante. Invece, privato della sua direzione suprema, forse sensibile all'influenza di alcuni dei suoi responsabili regionali particolarmente dinamici, l'esercito non sarebbe senza dubbio più in condizione d'intervenire con la stessa risolutezza, la stessa compattezza e gli stessi risultati in caso di nuova crisi, una crisi di successione che porterebbe a una crisi di regime, per esempio. Dal punto di vista politico, l'esercito cinese d'oggi è un certo numero di alti responsabili militari profondamente ostili ai disordini di rivoluzioni culturali passate o future, legati alla politica effettivamente moderala di Ciu En-lai nella misura in cui essa assicura un ordine e una disciplina di cui nessuna difesa nazionale può fare a meno. Jacques Guillermaz Copyright di « Le Monde » e per l'Italia de « La Stampa » Pechino. Ciu En-lai e Ciang Cing, moglie di Mao Tse-tung

Luoghi citati: Cina, Giappone, Italia, Nanchino, Pechino, Shangai, Taiwan