Tolkien e i draghi di Lorenzo Mondo

Tolkien e i draghi La morte d'un grande eccentrico Tolkien e i draghi Con John Ronald Reuel Tolkien è scomparso, a 81 anni, il più eccentrico degli scrittori inglesi, uno dei più letti nel mondo anglosassone da quando il suo capolavoro ha sfiorato la pratica e il rituale delle generazioni beat. La trilogia del « Signore degli Anelli », The Lord of the Rìngs, è u~ racconto sterminato, 1300 pagine fitte nell'edizione italiana: uscito tra il 1954 e il 1955, noto e discusso fin da prima per le ghiotte anticipazioni, aveva richiesto dodici anni per la stesura e altri sei per la revisione. E' la storia, apparentemente gratuita e anacronistica, ma subito seducente, fino alla cattiva coscienza, di un malefico anello che dona uno straordinario potere a chi lo tiene, ma finisce anche per intristirlo, fiaccarne la volontà, corromperlo. Appartenuto un tempo a Sauron, il Nemico, re della Terra di Mordor, è caduto per una serie di circostanze avventurose nelle mani di Frodo, della razza degli Hobbitt. Mezzi elfi e mezzi uomini, gli Hobbitt sono amanti della quiete e delle loro campagne ben coltivate, inclini al gioco e agli ozi, timidissimi e ritrosi in presenza di estranei, ma all'occorrenza coraggiosi, irriducibili. Sembra di cogliere in essi i tratti di certa provincia inglese, insulare, agiata, nobilmente conservatrice. Quando Sauron aduna eserciti e nembi per riconquistare l'anello, Frodo, accompagnato da altri campioni della Terra di Mezzo, si accinge alla sua folle impresa nel cuore del territorio nemico. Nella composita eco di Beowulf, dei poemi cavallereschi, delle saghe nibelungiche, egli combatte con ibridi e terrificanti guerrieri, con draghi e alberi canuti che imprigionano i viandanti nel sonno: non con le seduzioni muliebri. In questo paesaggio verdissimo o dirupato di altre ere, di nitida miniatura, dove lampeggiano prodigi e spaventi, eroi vagamente androgini si misurano con l'assoluto. All'occhio di Sauron che rade l'orizzonte, alle innumerevoli pattuglie dei suoi scherani, Frodo riuscirà a sfuggire proprio perché rinuncia, incredibilmente, a servirsi dei poteri dell'anello, perché tende soltanto a scaraventarlo nel vulcano dove fu plasmato. Così raccontato, il romanzo può sembrare uno dei tanti sottoprodotti cui ha dato origine, creando un vero e proprio genere spurio, la « fantasia eroica ». Va tuttavia precisato che Tolkien è un filologo e linguista assai noto in Inghilterra, uno dei più eminenti studiosi di quella letteratura medioevale. Tutto nacque, a suo dire, dall'abitudine, in lui precocissima, di inventare lingue arcaiche e defunte, che a u:. certo punto esigevano di essere giustificate, via via, da una serie di documenti «apocrifi», da un particolare contesto storico e mitologico. E' una « fantamitologia » che raggiunge esiti di pieno candore, ma dove Tolkien esercita i suoi consumatissimi sotterfugi, variando registro stilistico a seconda che passi da un materiale sassone ad uno arturiano o carolingio. Ed al termine di un volume cosi ricco di rifrangere e richiami, non escluso il Gordon dei fumetti, egli offre una densa appendice, spiritosissima, in cui compaiono annali di re e gover- natori, genealogie e calenda- ri, elementi di scrittura e fo- r.etica, relazioni etnografiche: tutto un apparato erudito e critico su un mondo che appartiene soltanto all'immaginazione. A tutta prima scoraggiante per la mole, « Il Signore degli Anelli » riesce dunque a prendere varie specie di lettori, a suggerire le interpretazioni più difformi. Gabriele Baldini, che da noi fu tra i primi ad accorgersi di Tolkien, metteva in risalto, nel capolavoro di questo « filologo rabescante », la « categoria del puro intrattenimento, addirittura distensivo », poggiando sui riferimenti della critica inglese ad Ariosto, Malory, Spenser. Al contrario Elémire Zolla, presentando la prima traduzione integrale dell'opera in Italia, insisteva sul significato perenne dei suoi archetipi, sul corroborante richiamo, in un mondo avulso dal sacro, aKa presenza tortuosa del male. A ben vedere, il fascino di Tolkien risiede proprio in questa ambiguità: nella favola che fiorisce sul cimento accademico, nell'irresponsabilità che s'incrina di sollecitudine morale e religiosa, nello humour effuso e sviante di un vecchio signore che ha trascorso la vita a filar letteratura dalla letteratura. Di questa la sua opera vuole essere, oltre una punta | d'irrisione l'ambizioso, ai | "ssimo elogio. Lorenzo Mondo Il romanziere ed erudito Tolkien, di Levine (Copyright N. V. Rcvlcw of Uooks, Opera Mundi c per l'Italia La Stampa)

Luoghi citati: Inghilterra, Italia