Farmaci e malattie mentali

Farmaci e malattie mentali Scienziati di tutto il mondo a Milano e Pavia Farmaci e malattie mentali In occasione del primo centenario della scoperta di Golgi (la struttura della cellula nervosa) un grande convegno discuterà i progressi della moderna neurologia - Un bilancio di ciò che è stato ottenuto nel campo degli psicofarmaci - Il lavoro futuro Dal 9 al 12 settembre si terrà a Pavia-Milano un vasto convegno di cultori di scienze basali connesse con il sistema nervoso e vi parteciperanno molti tra i più insigni studiosi in argomento, provenienti da tutto il mondo. Il congresso è inteso a celebrare la ricorrenza centenaria della scoperta con cui Camillo Golgi mise per la prima volta in evidenza la struttura della cellula nervosa, con le molteplici, sottili ramificazioni che da essa si dipartono, per prendere contatto con diramazioni similari di altre cellule nervose. Un maestro Quando Cesare Lombroso presentò a Bizzozzero, che aveva bisogno di un assistente, il Golgi, glielo raccomandò — da buon israelita — dicendo: «E' un bravo ragazzo, ma ha una testa dura e delle idee...!». Quelle strane idee forse non dispiacquero al Bizzozzero che tenne per qualche tempo il Golgi con sé. Ed è probabile che si sia trattato di un periodo fecondo per la preparazione del Golgi, che si è sempre mostrato legato da gratitudine e da devozione al Bizzozzero, sempre chiamandolo maestro, sebbene fosse un suo coetaneo. Ma ben presto il Golgi (che aveva troppo spirito d'indipendenza e troppi interessi per fare una carriera regolare!) si allontanò dall'università, adducendo «evidenti motivi finanziari», e passò a dirigere l'Ospedale per cronici d'Abbiategrasso, dove, nella cucina del suo piccolo appartamento, trasformata in laboratorio, portò a termine il suo famoso metodo dell'impregnazione argentica, capace di mostrare, nell'organizzazione della cellula nervosa, quello che prima nessun altro aveva visto mai. Dall'ospedale di Abbiategrasso, ottenuto il risultato scientifico previsto e sospirato, il Golgi tornò poi, come maestro, all'Università di Pavia, dove rimase tutta la vita. Ma che cosa egli aveva cercato ad Abbiategrasso?! Veramente l'indipendenza finanziaria o, forse ancor più, una piena indipendenza di ricerca?! Leggendo un discorso che il Golgi tenne in Senato, nel 1913, a favore degli assistenti universitari, sembra di sentire un'eco dei contrasti interni che lo debbono aver agitato nei suoi primi anni di carriera. Diceva il Golgi, in quel discorso di sessant'anni fa, che i medici degli istituti di ricerca debbono avere dei compensi adeguati se si vuole che non passino tutti alle cliniche e debbono avere adeguati mezzi di lavoro, e piena libertà di lavoro e debbono trovare un ambiente dove i maestri aspirino, come a motivo di orgoglio, ad essere superati dai loro discepoli! Un discorso di sessant'anni fa, ma che andrebbe utilmente riascoltato oggi e che ci permetterebbe anche di sorridere — non senza una punta di amara ironia — quando il Golgi insiste perché i provvedimenti per gli assistenti vadano presi « con urgenza ». La formula «cucina più libertà» sembra aver funzionato con fortuna per la grande scoperta del Golgi. Ma nel suo discorso al Senato, egli sembra ammonirci che anche i grandi laboratori, con le specializzatissime apparecchiature moderne, potrebbero giovarsi di una maggiore libertà che vi circolasse dentro. Libertà anche nella scelta degli argomenti. Vi sono anche oggi degli uomini superdotati che possono occuparsi bene di molte cose. Il Golgi non ha lavorato soltanto nel campo delle strutture nervose. Nel campo per esempio della malaria, a lui si deve la conoscenza dei diversi cicli vitali sia del piasmodium della «quartana», sia di quello della «terzana», e si deve ancora l'osservazione che l'attacco febbrile è dovuto all'entrata massiva in circolo degli .«porozoiti dai globuli rossi sfasciati, e l'indicazione infine a somministrare il chinino prima dell'insorgenza dell'attacco febbrile. Con la stessa «reazione nera» con cui riuscì ad evidenziare tutta la rete delle neurofibrille, vide entro le cellule nervose il famoso «apparato reticolare interno» che oggi la microscopia elettronica ci mostra in tutti i suoi particolari, e rappresenta uno dei costituenti normali delle infrastrutture cellulari, destinato a «raffinare» molti dei prodotti elaborati dalle cellule dei vari tessuti. L'apparato reticolare interno viene oggi in tutto il mondo individuato soltanto con un nome: «il Golgi». Ma il congresso che tra poco si inaugurerà a Pavia avrà anche nuove aperture. Non è più soltanto l'Anatomia: ma saranno pure la Fisiologia e la Farmacologia lieto di riconoscere a Golgi la prima paternità delle colossali conquiste a cui si è giunti, nei ri¬ smvcavdncvstiigscdtprrsptcaMdcdm spettivi settori, in questi ultimi tempi. E qui lo spirito critico e severo di Golgi sarebbe da invocare anche sotto un altro aspetto: per condannare deviazioni ingiustificate e paradossali, che si notano in alcune correnti della nostra psichiatria e che trovano alle volte eco, pure in giornali destinati al grande pubblico. Ho letto per esempio recentemente con qualche stupore in un quotidiano un articolo intitolato: «La "droga" consigliata dal medico», nel quale si sostiene come il vero pericolo, per l'equilibrio psichico degli uomini di oggi, non stia tanto nell'uso di sostanze proibite, e che sarebbero in realtà innocue, come la marijuana, quanto invece nell'uso e nell'abuso dei farmaci psicotropi, i quali, questa volta sì!, sarebbero davvero pericolosi. E si arriva addirittura a concludere che «la Scienza Medica dovrebbe essere posta sotto accusa». Direi che dell'articolo anzidetto anche più pericolosa che la formula assolutoria della marijuana è la condanna indiscriminata dei farmaci psicotropi. Tutti sanno infatti come nei popoli, in cui l'uso della marijuana è diffuso (Afghanistan per esempio), molte delle persone da noi considerate di mezza età appaiano già intellettualmente incapaci (e l'atrofia cerebrale da marijuana è d'altra parte ben riproducibile anche sperimentalmente). La tendenza invece a denigrare quello che non si conosce e il sospetto verso i farmaci in generale, anche i maggiormente benefici, è assai facile che possa far presa. Purtroppo di giudizi impressionistici in questo campo ne sentiamo da mattina a sera: essi formano il substrato comune di quella superficialità tanto diffusa nel nostro cosiddetto pubblico colto. L'ambiente Le malattie mentali non sono, come si vorrebbe far credere, uno specifico appannaggio della nostra civiltà, ma esistono e sono esistite, se pur individuate con diversa sensibilità diagnostica a seconda delle varie culture, in tutti i popoli, in tutti i climi, e in tutti i tempi. Se pensiamo anzi alla complessità delle strutture cerebrali e alla molteplicità delle sostanze di cui si serve l'organismo per equilibrare lo stesso tono del nostro umore e della nostra affettività, dovrebbe sembrare addirittura strano che le malattie del sistema nervoso encefalico non siano anche più frequenti. Secondo alcune tendenze di odierni psichiatri, le malattie psichiche, come frutto dei sistemi repressivi della nostra civilizzazione, non si dovrebbero curare con farmaci. Bisogna invece modificare l'ambiente che le procura! Pur ammettendo che le condizioni di ambiente, anche in senso sociale, vadano il più possibile migliorate con indubbio beneficio dello psichismo normale e patologico, il dare un po' di sonno a chi non riesce a dormire, il calmare un agitato, o l'aiutare un depresso a vedere in maniera meno dolente tutte le cose, sembra pur rispondere agli alti compiti tradizionali della Medicina di venire in aiuto della sofferenza. Ragionando diversamente, si dovrebbe negare la penicillina a un polmonitico perché l'insorgenza di quella polmonite è stata favorita da una corrente d'aria. Non si dovrebbe dare la vitamina D a un rachitico, perché si sarebbe dovuto invece pensare prima a non fargli mancare la luce ultravioletta. Tantomeno sarebbe lecito curare chirurgicamente un traumatizzato della strada, perché i traumi più gravi non si avrebbero qualora si rinunciasse alla civiltà dell'automobile per andare tutti in bicicletta o a piedi. Non si capisce d'altra parte perché le medicine del cervello debbano essere tanto più pericolose di quelle che possono essere utili in malattie epatiche o renali. Di molti farmaci psicotropi noi conosciamo a fondo anche il meccanismo d'azione e sappiamo in quale modo essi influiscano su quelle sostanze mediatrici del tono psichico e dell'umore alle quali accennavamo più sopra. Io direi che, se c'è un motivo di giusto orgoglio per la Medicina moderna, è proprio quello di aver fatto dei passi da gigante nel campo della Neuropsicofarmacologia. Emilio Trabucchi Direttore Istituto di Farmacologia e di Terapia - Università di Milano

Luoghi citati: Abbiategrasso, Afghanistan, Milano, Pavia