Sono tre le vittime a Bari

Sono tre le vittime a Bari Sono tre le vittime a Bari (Segue dalla V pagina) stenendo che vi sono state «odiose discriminazioni e speculazioni operate da parte di certi settori delle strutture sanitarie pubbliche nella distribuzione delle dosi di siero. Si è agito con sistemi clientelari: ora per fortuna il fenomeno sembra superato». Il siero arriva, anche se per immunizzare tutti gli abitanti della provincia di Bari (un milione 800 mila persone) mancano ancora parecchie migliaia di fiale. E' stata però superata la crisi delle prime giornate, quando la gente si ammassava davanti agli ambulatori per farsi vaccinare. Ero andato dalle 21 alle 23 di domenica in giro per la città con il fotoreporter Luca Turi. Avevamo due fiale di vaccino. In piazza Chiurlia, all'ufficio d'igiene, la gente gridava, spingeva. All'ambulatorio della Croce Verde, una ragazza era svenuta e il medico aveva dovuto interrompere le iniezioni per prestarle soccorso. Al «Carrassi», in corso Sicilia, una sposa in stato interessante da pochi mesi si era fatta vaccinare. Appena saputo che era pericoloso, s'è sentita male e le donne gridavano in dialetto: «Il bambino, il bambino». Ci eravamo recati allora al centro traumatologico. Il custode, però, su ordine del direttore sanitario, spiegava a tutti che non era possibile essere vaccinati perché mancava l'autorizzazione del medico provinciale. Bisognava poi avere un registro su cui scrivere nome e cognome, data dell'intervento. Stessa risposta al policlinico e al «Di Venere». Alle 23,30 il medico provinciale dottor Barnaba, sconsolato per questa «prova d'inefficienza e di ignavia», sostenendo di non poter intervenire ci suggeriva per telefono di recarci al reparto infettivi, dove sono ricoverati i colerici. Qui potevamo essere vaccinati grazie alla buona volontà del professor Schiraldi e dei suoi assistenti. «Ora queste cose non succedono più — spiega Scamarcio —. Bitonto ha offerto il suo ospedale per gli ammalati di colera, qualora dovessero aumentare; il "Cotugno" di Na¬ poli ha ricevuto 2500 dosi di vaccino per l'immunizzazione: medici infermieri sono in attesa del pubblico. Noi abbiamo chiesto la vaccinazione in massa della popolazione e il potenziamento delle strutture igieniche: più acqua, più spazzini, più disinfettanti e qualcosa è già stato fatto». Palazzo comunale; sono dal sindaco avvocato Vernola. Lo aggredisco con una domanda: «Tutti danno la colpa del colera alle cozze, ma i sacchetti ! a perdere della nettezza urba- j na hanno trasformato le strade di Bari in un letamaio». Vernola, alto, occhi azzurri, , erre francese, non batte ciglio: «Non sono i sacchetti a I lordare le vie, ma la scarsa educazione dei cittadini. Noi non ci arrendiamo: il sistema ha funzionato in altre città, dovrà andar bene anche nella nostra. Entro un mese, i condomìni saranno dotati di trespoli per la raccolta dei rifiuti negli androni o nei cortili. Ma sono i cittadini che devono evitare di creare immondezza lungo i marciapiedi». Quale danno economico ha subito la città dal colera? «Impossibile ora fare un calcolo — risponde Vernola —. Decine di miliardi per il rinvio della Fiera del Levante, per la riduzione delle attività, per le spese nelle attrezzature sanitarie e nei medicinali. Per le categorie commerciali danneggiate, soprattutto per i venditori di frutti di mare bloccati dall'ordinanza, abbiamo chiesto al governo una sovvenzione; ci sono stati promessi dieci milioni. Attraverso l'Eca stiamo poi provvedendo a distribuire gratis mezzo chilo di limoni prò capite ai ricoverati negli istituti dì assistenza e agli indigenti». La situazione sanitaria come si presenta? «Nel complesso buona — dice Vernola —. Ci sono stati sbandamenti, ammetto, ma il morbo ci ha colti di sorpresa, senza alcuna preparazione specifica in questo settore. Abbiamo dovuto mettere in moto la macchina organizzativa tra sabato e domenica senza alcun preavviso: abbiamo retto allo sforzo. Non vi sono stati gravi incidenti ». In via Francesco Crispi, un asilo dell'Opera nazionale ma- ternità e infanzia ha chiuso i battenti, come tutte le scuole, i cinema, le chiese e le sale da ballo. Ma sulla porta spicca un cartello firmato dalla direzione sanitaria: «Data la scarsa erogazione d'acqua e la precaria situazione igienicosanitaria della città, si dispone la chiusura di questo nido». A pochi passi c'è la sede della Camera del lavoro. Vado a parlare con uno dei segretari: Di Corato. «Noi abbiamo chiesto l'erogazione dell'acqua in tutte le ore della giornata — mi spiega — per ottemperare all'invito del sindaco a rendere più pulita la città. Ma sinora l'acqua è limitata, dalle 7 alle 18, quando c'è. Chi arriva a casa dal lavoro come può lavarsi? Se ha il bagno avrà fatto riempire la vasca, se non ce l'ha avrà casseruole, pignatte, mastelli pieni. Ma l'acqua cor¬ rente non c'è. La stessa situazione avviene in metà della provincia, nell'altra metà l'acqua arriva due ore al giorno e spesse volte un giorno sì e l'altro no. Non si può fare un appello all'igiene quando anche i cicli produttivi delle fabbriche — spiega Di Corato — sono ridotti per mancanza d'acqua. La Cisl, la UH e la Cgil hanno ancora una vertenza aperta sul problema idrico delle Puglie col governo. I dirigenti dell'acquedotto dicono che se danno maggiore erogazione a Bari la devono però togliere alla provincia e viceversa, ma acqua sembra ve ne sia, mancherebbero le tubazioni». Secondo Di Corato anche la vendita delle cozze, che avrebbe provocato i focolai di colera, sarebbe dovuta a una sfasatura nell'organizzazione sanitaria, p. cer.

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