L'Iva e il Consiglio di Stato

L'Iva e il Consiglio di Stato LETTERE D'AFFARI L'Iva e il Consiglio di Stato Alcuni lettori ci chiedono di precisare se anche la Pubblica Amministrazione è tenuta o no a rimborsare l'Iva in relazione agli acquisti da essa effettuati ed alle prestazioni da essa utilizzate. Il nostro esperto risponde. La risposta è positiva In ogni caso In quanto, anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, cesslonarla di un bene o committente di un servizio, deve essere esercitata la rivalsa dell'Iva. Il numero 7 dell'art. 5 della Legge 9 ottobre 1971, n. 825 (portante delega legislativa al Governo per la riforma tributarla) prevede tra i principi e criteri direttivi al quali deve essere informata la disciplina dell'Iva, l'obbligo del contribuente di indicare distintamente l'Imposta nella iattura e di rivalersene nei confronti del cessionario del bene o dell'utilizzatore del servizio. In ossequio a tale disposizione, l'art. 18 del Decreto istitutivo dell'Iva dispone espressamente: « Il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente ». Né la legge delega né il Decreto istitutivo prevedono eccezione alcuna, neppure nel confronti delle Amministrazioni Pubbliche ed in particolare delle Amministrazioni Statali, le quali saranno quindi tenute al rimborso dell'Iva nei confronti di coloro che ad esse cedono beni o prestano servizi. Non possono rappresentare una deroga al principio generale ora enunciato gli artt. 49 e 62 del K.D. 23 maggio 1924, n. 827 portante il regolamento sulla contabilità generale dello Stato. Infatti l'art. 49 si limita a stabilire che nei contratti con lo Stato non si può convenire esenzione da qualsiasi specie di imposte o tasse vigenti all'epoca della loro stipulazione, mentre, in base all'art. 62, le spese di copia, bollo e le altre inerenti al contratti sono a carico dell'appaltatore o del contraente con l'Amministrazione dello Stato, a meno che, per casi speciali d'interesse esclusivo dello Stato, e per esplicita convenzione, le spese predette siano da sostenersi dallo Stato medesimo ed i relativi atti si debbano redigere e copiare in carta libera. L'introduzione dell'Iva nel nostro sistema fiscale ha, evidentemente, superato le norme di cui al Regolamento della contabilità generale dello Stato che non potrà essere applicato all'imposta sul valore aggiunto, non solo sulla base del primo comma dell'art. 18 del Decreto istitutivo (che Impone la rivalsa nei con¬ fronti del cessionario o del committente), ma anche in base al terzo comma dell'articolo stesso il quale sancisce la nullità di ogni patto contrarlo alla disposizione del primo comma. Anche se i principi esposti non ammettono deroghe, apprendiamo la notizia dell'emanazione del parere n. 154-73 della III Sezione del Consiglio di Stato in data 28 febbraio 1973, 11 cui contenuto appare in palese contrasto con le norme del Decreto Istitutivo dell'Iva. Infatti, nel dare parere favorevole al Provveditorato Generale dello Stato presso il ministero del Tesoro per l'acquisto di manchine da scrivere occorrenti alle Amministrazioni statali, 11 Consiglio di Stato ha posto la « condizione che l'obbligo del versamento dell'Iva non venga assunto dall'Amministrazione ». Tale affermazione viene espressamente fatta in quanto « in base ai principi fissati dalla legge di contabilità dello Stato, tutti gli oneri fiscali inerenti al contratti stipulati con lo Stato sono a carico dei privati contraenti ». Pertanto giustificata e pienamente legittima appare la reazione del ministero delle Finanze che, con nota 26 giugno 1973, numero 502911, ha negato la sua adesione al parere suddetto. Gianfranco Gallo-Orsi

Persone citate: Gianfranco Gallo-orsi