Il maggior uso degli impianti tema dell'autunno sindacale

Il maggior uso degli impianti tema dell'autunno sindacale Una questione di fondo per l'economia del nostro Paese Il maggior uso degli impianti tema dell'autunno sindacale Fra i settori più interessati quello dell'automobile,, che deve fronteggiare una serrata concorrenza internazionale - Perché il prezzo della bistecca può salire se nelle fabbriche i macchinari sono scarsamente utilizzati - La situazione della Fiat a paragone con le aziende estere - I problemi della ripresa dopo le ferie Tra i temi dell'autunno sindacale, nell'area torinese come in sede nazionale, emerge quello dell'utilizzazione degli impianti. L'altro giorno il presidente della Federazione industriali tedeschi dell' auto, Diekmann, ha dichiarato: «La produzione dell'industria automobilistica tedesca nei primi sette mesi di quest'anno è aumentata del 5,9 per cento e il settore è abbastanza fiducioso per guanto riguarda il futuro». A fronte di questa dichiarazione c'è, per quanto riguarda la massima azienda italiana del settore, il bilancio che la Fiat ha reso noto alla fine di luglio con la (detterà agli azionisti»: «Nel primo semestre di Quest'anno — diceva il testo — la produzione di autovetture è diminuita del 18,5 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso e l'esportazione è diminuita del 21,22 per cento». Pur tenendo conto che il calo di produzione alla Fiat è stato determinato in parte dagli scioperi per il rinnovo del contratto di lavoro siglato in aprile, il confronto tra le due situazioni indica il problema di fronte al quale si trovano il mondo produttivo torinese e nazionale alla ripresa dell'attività dopo la pausa delle vacanze estive: l'esigenza di un rapido sviluppo della produzione attraverso una migliore utilizzazione degli impianti. Dà anche la misura degli sforzi che saranno necessari per risalire la china e concorrere al risanamento dell'economia nazionale per il quale sta operando con energia il governo. Esportazioni Non sono coinvolti soltanto i 200 mila lavoratori della Fiat o le parecchie centinaia di migliaia di persone che operano nei settori collegati all'industria automobilistica. Al discorso sulla utilizzazione degli impianti — che potrebbe essere ripetuto per altre aziende di altre aree del Paese — è interessata, come componente della collettività nazionale, anche la massaia di Palermo, per citare a caso una delle città più lontane dalla «capitale dell'auto». Infatti, se dalla Fiat escono meno macchine (lo stesso ragionamento vale per qualsiasi altra industria), la massaia di Palermo, e con lei tutte le massaie italiane, pagherà di più la bistecca. Producendo ed esportando meno di quanto potremmo, si cede spazio ai concorrenti degli altri Paesi, non soltanto sui mercati internazionali ma anche all'interno. Di conseguenza il valore della lira scende e, per restare all'esempio della carne, dovremo spendere più lire per acquistare all'estero le quantità di carne di cui abbiamo bisogno, cioè il prezzo della bistecca sale. E' vero che la quotazione della lira è legata a parecchi altri fattori, comprese le manovre speculative sui capitali che il governo sta combattendo con estremo vigore e con successo, però uno dei pilastri resta la produzione. Dire che il costo della vita e l'inflazione si combattono producendo di più e utilizzando meglio gli impianti corrisponde all'interesse generale. Nell'interesse generale sarà anche compito primario impedire che i frutti derivanti dalla maggiore produzione vengano poi risucchiati da speculazioni di ogni genere e dal parassitismo a scapito delle riforme, o dispersi in impieghi non produttivi, mentre i sindacati e tutto il Paese indicano la «centralità» dello sviluppo del Mezzogiorno. Sul calo di produzione alla Fiat nei primi sei mesi hanno influito, come abbiamo detto, gli scioperi e il «perdurante assenteismo». E' stato un periodo difficile, ma anche estendendo l'analisi a un arco di tempo molto più ampio i dati di fondo del problema non mutano. E' noto che la produzione di ognuna delle maggiori fabbriche d'automobili del mondo — così come quella complessiva mondiale — è aumentata costantemente in ciascuno degli ultimi anni: solo quella italiana si è arrestata. Eppure gli investimenti della Fiat e delle altre Case italiane, nell'ultimo quadriennio, sono stati tra i più intensi, molto più alti che negli anni precedenti, proporzionalmente maggiori di quelli delle Case concorrenti. Investimenti Negli ultimi quattro anni, per esempio, gli investimenti, nella sola Fiat, sono stati di oltre 670 miliardi (pari a circa il 50 per cento in più del quadriennio precedente) per il rinnovo degli impianti e per creare nuovi posti di lavoro (30 mila nel Meridione con il primo piano e il secondo già programmato). Gli investimenti nel Sud — come ricorda la «lettera agli azionisti Fiat» — con il secondo piano di sviluppo, ammonteranno a 500 miliardi in sei anni. I dipendenti, che erano 170 mila nel 1969, sono saliti a circa 200 mila. L'utilizzazione degli impianti, che nel 1969 era dell'82,2 per cento è scesa al 76,8 per cento nel 1972, ed è stata del 69,3 per cento nel primo semestre di quest'anno. Nel 1969 le ore di lavoro teoriche per persona avrebbero dovuto essere 2022 all'anno, ma quelle reali furono 1800, con un assenteismo complessivo (compresi cioè gli scioperi) dell'll per cento. Nel 1972, in applicazione del contratto, le ore teoriche vennero ridotte a 1886 all'anno e quelle effettivamente prestate scesero a 1650, pari a una media di 33 ore settimanali, con un assenteismo globale (cioè comprensivo degli scioperi) pari a circa il 14 per cento. Per bilanciare le riduzioni dell'orario di lavoro contrattuali e gli altri fattori negativi, l'azienda, attraverso la costruzione di nuovi stabilimenti, i rinnovamenti tecnologici, l'estesa automazione e l'aumento del numero dei dipendenti, ha portato gli impianti ad una capacità produttiva di oltre due milioni di vetture all'anno, se potesse utilizzarli sullo standard degli altri concorrenti europei. Invece la produzione realizzata è rimasta ferma sul milione e mezzo di vetture all'anno, esattamente 1 milione 536 mila nel 1972. Preoccupazioni E' chiaro che producendo meno l'incidenza percentuale degli investimenti su ogni unità prodotta cresce. A questo male — che incide sui costi — se ne aggiungono altri che proiettano inquietanti ombre sul futuro. Se in Europa si costruissero più auto di quante se ne vendono la crisi riguarderebbe tutte le aziende ed una ripresa non ci troverebbe svantaggiati. Invece, il mercato «tira», all'estero come in Italia, e il cliente, se non trova la Fiat, l'Autobianchi o l'Alfa Romeo, acquista un'altra vettura. Gli effetti di questa situazione emergono dalle statistiche: nel 1968 la Fiat copriva il 72,1 per cento delle autovettu-1 re e veicoli industriali venduti in Italia; oggi la quota è scesa al 62 per cento. In Europa è caduta da circa il 20 al 15,3 per cento. Poiché ogni Casa tende a favorire il cambio della vettura vecchia con una nuova della stessa marca, gli esperti di mercato affermano che recuperare i clienti che non hanno acquistato una vettura Fiat o Alfa Romeo perché non c'era, sarà poi molto difficile. Alla fine di giugno il presi- !dente della Federmeccanica iEmilio Mazzoleni, in un'inter- vista a La Stampa, ha solleva- to il problema della utilizza- zione degli impianti a nome di tutte le aziende metalmec-1caniche italiane. «Non inten-1 1 do polemizzare con nessuno — dichiarò in quell'occasione — però è mio dovere esporre dei fatti che ritengo meritino la più attenta considerazione e che richiedono, a mio giudizio, risposte rapide e precise dalle quali potrà dipendere, in larga misura, l'avvenire di tutti per i prossimi anni». I sindacati La questione è stata dibattuta anche nei congressi sin ! dacali che si sono tenuti pri i ma delle vacanze estive ed è riemersa in queste settimane, La posizione dei rappresen tanti dei lavoratori non è cer to «morbida». I sindacati di1 fendono la «rigidità» dell'ora1 rio di lavoro nelle fabbriche del Nord come mezzo per costringere le imprese a creare nuovi impianti nel Meridione e contestano agli imprenditori, compresa la Fiat, l'uso «selvaggio» degli straordinari. Anche la sede nella quale, a giudizio dei sindacati, sarebbe più utile una discussione sulla utilizzazione degli impianti (nazionale, tra le confederazioni o azienda per azienda) non è ancora ben definita. Comunque sarà essenziale che le parti si accingano a un confronto aperto e concreto nella ricerca, certamente non facile, di soluzioni che tengano conto delle esigenze dei lavoratori senza «mortificare» quelle della produzione. Nel quadro delle questioni sindacali d'autunno il tema dell'utilizzazione degli impianti appare anche collegato a parecchi altri elementi che potrebbero condizionarlo. Tra le incognite ci sono i piani nazionali di investimenti per il Mezzogiorno; le risposte che il governo potrà dare in materia di pensioni, assegni familiari e indennità di disoccupazione, per difendere «i redditi più deboli» come chiedono i sindacati; la vertenza che le confederazioni dei lavoratori si accingono ad aprire con la Confindustria; i risultati della lotta che il governo sta conducendo contro i prezzi; l'impostazione che i sindacati daranno al rinnovo dei contratti integrativi aziendali (tra i quali a Torino si prospettano quelli di alcune grandi aziende come la Fiat, la Riv-Skf e la Facis) e il modo come si potranno condurre queste trattative. Per la Fiat e altri grandi Gruppi, come la Pirelli e la Montedison, sono aperte infine discussioni sui piani di investimento, sulla ristrutturazione e sul «nuovo modo di lavorare». Sergio Devecchi Robot al lavoro nella prima linea di montaggio automatizzata alla Fiat Mirafiori

Persone citate: Diekmann, Mazzoleni, Sergio Devecchi

Luoghi citati: Europa, Italia, Torino