Brandt trascura l'Europa? di Tito Sansa

Brandt trascura l'Europa? POLEMICA Brandt trascura l'Europa? Secondo il ministro francese dell'Agricoltura, Bonn si curerebbe soltanto dell'Est (Dal nostro corrispondente) Bonn, 19 agosto. La «Ostpolitik» del governo di Bonn, che aveva avuto il consenso degli alleati occidentali e aveva fruttato a Willy Brandt il premio Nobel per la pace, è sul banco degli accusati. Essa, come ha detto la settimana scorsa il ministro francese dell'Agricoltura Chirac (un pupillo del presidente Pompidou), avrebbe indotto la Germania Federale a trascurare l'Europa, a distanziarsi da essa. Lo stesso presidente francese, in una conversazione privata con alcuni direttori di giornali, avrebbe dipinto a fosche tinte lo spauracchio di una futura Germania riunificata e neutralizzata, legata da «relazioni speciali» con l'Unione Sovietica e con i Paesi dell'Est. A Bonn, la pietra gettata nello stagno da Chirac ha sollevato grandi onde, i cui cerchi vanno allargandosi. Dopo una prima risposta ufficiale del governo che Bonn «dà la precedenza alla collaborazione europea», lo stesso portavoce Ruediger von Wechmar ha dovuto ammettere che la seconda fase dell'unificazione europea (decisa nel 1969 all'Aja su iniziativa del cancelliere Brandt) non potrà venire attuata il primo gennaio dell'anno prossimo perché « nel frattempo non è stata realizzata la necessaria integrazione monetaria, finanziaria e economica». Oggi, in un'intervista al domenicale «Welt am Sonntag», il cristiano sociale Franz Josef Strauss (da sempre un acerrimo nemico della «Ostpolitik») entra nella polemica con il tono di chi dice: «Avete visto? Vi avevo ammoniti». Secondo Strauss, la politica agricola comune del Mec (alla quale ha ribadito oggi fedeltà assoluta il ministro del l'Agricoltura tedesco Josef Erti) è «soltanto un pretesto» per mettere in luce la crisi reale esistente nella politica europeistica. « / francesi sono adirati — dice Strauss — perché Bonn non vuole andargli incontro e dubitano pertanto sulla lealtà europeistica del governo federale. In realtà essi notano che la Germania è trascinata nella scia della sua "Ostpolitik", la quale diventa sempre più inquietante per il futuro dell'Europa». I timori francesi (autentici o tattici che siano) hanno turbato il cancelliere Willy Brandt. Rivela il settimanale «Der Spiegel» nel suo numero di domani che mercoledì scorso, durante la riunione di governo, il cancelliere non ha nascosto il suo disappunto, risparmiando peraltro il presidente Pompidou. «Non m'importa nulla — avrebbe detto — di ciò che dice Chirac e di quali siano le sue ragioni. Il mio interlocutore è Pompidou». Quando gli è stato fatto presente che Chirac aveva avuto una conversazione privata di tre ore con il suo presidente e che probabilmente questi lo avrebbe sostenuto, Brandt — sempre secondo lo «Spiegel» — sarebbe sbottato: «In tal caso vi prego di prendere atto che io non permetto che si giochi con me e che posso diventare anche molto sgradevole». Nelle dichiarazioni pubbliche, naturalmente, il governo tedesco è assai cauto e conciliante con gli alleati di Parigi. Non così nei confronti dei tre Paesi del blocco orientale (Cecoslovacchia, Ungheria e Bulgaria) con i quali sono in corso negoziati per la ripresa delle relazioni diplomatiche. Proprio domattina a Bonn, il vice-ministro degli Esteri di Praga, Jiri Goetz, si incontrerà con il sottosegretario agli Esteri Paul Frank, per fissare gli ultimi dettagli che portino alla firma solenne del trattato ceco-tedesco, in programma a Praga per il 6 settembre. A Bonn si ritiene improbabile che la cerimonia avvenga alla data fissata. Infatti, su pressione di Mosca, Praga (e con essa Budapest e Sofìa) si rifiuta a concedere alle « persone giuridiche » di Berlino Occidentale quella assistenza consolare da parte di Bonn che viene concessa alle « persone fisiche » dell'ax capitale. Per la prima volta Bonn tiene duro. La linea rigida del ministro degli Este ri liberale Walter Scheel ha avuto il sopravvento sulla politica delle concessioni all'Est, adottata negli ultimi anni. Tito Sansa Brandt trascura l'Europa? POLEMICA Brandt trascura l'Europa? Secondo il ministro francese dell'Agricoltura, Bonn si curerebbe soltanto dell'Est (Dal nostro corrispondente) Bonn, 19 agosto. La «Ostpolitik» del governo di Bonn, che aveva avuto il consenso degli alleati occidentali e aveva fruttato a Willy Brandt il premio Nobel per la pace, è sul banco degli accusati. Essa, come ha detto la settimana scorsa il ministro francese dell'Agricoltura Chirac (un pupillo del presidente Pompidou), avrebbe indotto la Germania Federale a trascurare l'Europa, a distanziarsi da essa. Lo stesso presidente francese, in una conversazione privata con alcuni direttori di giornali, avrebbe dipinto a fosche tinte lo spauracchio di una futura Germania riunificata e neutralizzata, legata da «relazioni speciali» con l'Unione Sovietica e con i Paesi dell'Est. A Bonn, la pietra gettata nello stagno da Chirac ha sollevato grandi onde, i cui cerchi vanno allargandosi. Dopo una prima risposta ufficiale del governo che Bonn «dà la precedenza alla collaborazione europea», lo stesso portavoce Ruediger von Wechmar ha dovuto ammettere che la seconda fase dell'unificazione europea (decisa nel 1969 all'Aja su iniziativa del cancelliere Brandt) non potrà venire attuata il primo gennaio dell'anno prossimo perché « nel frattempo non è stata realizzata la necessaria integrazione monetaria, finanziaria e economica». Oggi, in un'intervista al domenicale «Welt am Sonntag», il cristiano sociale Franz Josef Strauss (da sempre un acerrimo nemico della «Ostpolitik») entra nella polemica con il tono di chi dice: «Avete visto? Vi avevo ammoniti». Secondo Strauss, la politica agricola comune del Mec (alla quale ha ribadito oggi fedeltà assoluta il ministro del l'Agricoltura tedesco Josef Erti) è «soltanto un pretesto» per mettere in luce la crisi reale esistente nella politica europeistica. « / francesi sono adirati — dice Strauss — perché Bonn non vuole andargli incontro e dubitano pertanto sulla lealtà europeistica del governo federale. In realtà essi notano che la Germania è trascinata nella scia della sua "Ostpolitik", la quale diventa sempre più inquietante per il futuro dell'Europa». I timori francesi (autentici o tattici che siano) hanno turbato il cancelliere Willy Brandt. Rivela il settimanale «Der Spiegel» nel suo numero di domani che mercoledì scorso, durante la riunione di governo, il cancelliere non ha nascosto il suo disappunto, risparmiando peraltro il presidente Pompidou. «Non m'importa nulla — avrebbe detto — di ciò che dice Chirac e di quali siano le sue ragioni. Il mio interlocutore è Pompidou». Quando gli è stato fatto presente che Chirac aveva avuto una conversazione privata di tre ore con il suo presidente e che probabilmente questi lo avrebbe sostenuto, Brandt — sempre secondo lo «Spiegel» — sarebbe sbottato: «In tal caso vi prego di prendere atto che io non permetto che si giochi con me e che posso diventare anche molto sgradevole». Nelle dichiarazioni pubbliche, naturalmente, il governo tedesco è assai cauto e conciliante con gli alleati di Parigi. Non così nei confronti dei tre Paesi del blocco orientale (Cecoslovacchia, Ungheria e Bulgaria) con i quali sono in corso negoziati per la ripresa delle relazioni diplomatiche. Proprio domattina a Bonn, il vice-ministro degli Esteri di Praga, Jiri Goetz, si incontrerà con il sottosegretario agli Esteri Paul Frank, per fissare gli ultimi dettagli che portino alla firma solenne del trattato ceco-tedesco, in programma a Praga per il 6 settembre. A Bonn si ritiene improbabile che la cerimonia avvenga alla data fissata. Infatti, su pressione di Mosca, Praga (e con essa Budapest e Sofìa) si rifiuta a concedere alle « persone giuridiche » di Berlino Occidentale quella assistenza consolare da parte di Bonn che viene concessa alle « persone fisiche » dell'ax capitale. Per la prima volta Bonn tiene duro. La linea rigida del ministro degli Este ri liberale Walter Scheel ha avuto il sopravvento sulla politica delle concessioni all'Est, adottata negli ultimi anni. Tito Sansa