Una pacifica marcia su Ajaccio contro i "fanghi rossi,, nel mare di Filiberto Dani

Una pacifica marcia su Ajaccio contro i "fanghi rossi,, nel mare I còrsi non vogliono gli scarichi della Montedison Una pacifica marcia su Ajaccio contro i "fanghi rossi,, nel mare Tremila persone hanno sfilato in modo civile per le vie della capitale dell'isola - Si temevano disordini - La tensione rimane forte - Accuse all'industria, ai governi italiano e francese (Dal nostro inviato speciale) Ajaccio, 12 agosto. Ha prevalso il buonsenso: nessun incidente ha turbato la manifestazione di protesta contro i « fanghi rossi » della Montedison di Scarlino. La marcia su Ajaccio, capitale della Corsica, si è svolta in modo ordinato, pacifico, civile. Ad essa hanno partecipato non meno di 3 mila persone, il che non è poco se si considera che la popolazione dell'isola non supera i 200 mila abitanti: una prova di forza, ma nello stesso tempo di reponsabilità che ha attenuato l'amaro ricordo dei gravi disordini scoppiati a Bastia nel febbraio scorso. I dimostranti sono giunti ad Ajaccio alle 18 del pome¬ riggio. Autovetture, pullman, treni speciali erano partiti dai quattro canti della Corsica di buon mattino, avevano fatto una prima tappa a Corte, nell'interno dell'isola, e una seconda tappa, per la colazione al sacco, nella stupenda foresta di Vizzavona, a 1150 metri d'altitudine sul livello del mare. Alle 14,30 il corteo si è rimesso in moto: tre ore di marcia sotto un sole inferocito, termometro a 35 gradi, poi ingresso ad Ajaccio, città di 70 mila abitanti, che in questi giorni ospita non meno di 50 mila turisti. Qui, tutti a piedi per sfilare lungo il Boulevard du Bois Jerome e quello di Sampiero, fino a Place des Palmiers, di ronte al mare. Non una bandiera francese, ma una marea dì bandiere còrse (testa di moro bendata in campo bianco), decine di cartelli e di striscioni con scritte in lingua francese, italiana e còrsa: « Tout le monde il est boue, la Montedison gagne des sous» (Siamo tutti infangati, la Montedison guadagna i soldi), «Diciamo no al fango capitalista ». Non un agente di polizia o un gendarme per le strade, tutti consegnati nei loro quartieri con l'ordine categorico di intervenire soltanto in caso di tumulti. Gli organizzatori della marcia di protesta avevano preso eccezionali misure di sicurezza. Alle 18,30 Place des Palmiers, dominata dalla statua d'un Napoleone dall'aria più corrucciata che imperiale, traboccava di folla. Unico oratore, un esponente del «Comitato anti-fanghi rossi». Sua prima preoccupazione è stata quella d'invitare i dimostranti alla calma (« la Francia, l'Italia, il mondo intero ci guarda»): l'atmosfera era carica di elettricità, gli animi eccitati, c'era il pericolo che un qualsiasi incontrollato scoppio di furore potesse costituire la scintilla per appiccare un incendio di gravi proporzioni. L'appello ha riscosso un fragoroso applauso, ma anche qualche fischio, seguito da un'alzata di pugni chiusi. Poi, l'oratore ha detto quello che doveva dire, e non è stato tenero con nessuno: se l'è presa con la Montedison che inquina il mare, con il governo italiano che l'autorizza ad inquinarlo, con il governo di Parigi che fa finta di niente perché, dal canto suo, lascia fare scarichi come quelli di Scarlino a due stabilimenti francesi (a Marsiglia e nel Canale della Ma nica) senza neppure pretendere la dispersione delle melme ipertossiche al largo delle coste. Concluso il comizio, il corteo ha ripreso la marcia, snodandosi fino al Cours Napo. léon, dove ha sede la prefettura. Mentre una delegazione veniva ricevuta dal prefetto, che è la massima autorità governativa dell'isola, i dimostranti hanno fatto un sit-in sulla strada, davanti ai cancelli sbarrati dell'edificio pubblico, intonando un antico canto còrso, triste e amaro, che parla di « santa libertà », di « fratellanza » e di « giustizia che un giorno verrà ». Poi, ancora lo slogan, scandito in coro, « Montedison assassin », e infine, erano le 19, l'uscita dalla prefettura della delegazione. « Abbiamo detto al pre. fetto — ha riferito al microfono ur. portavoce — che questa è soltanto la prima manifestazione di protesta del popolo còrso contro i "fanghi rossi" dei capitalisti». Filiberto Dani Una pacifica marcia su Ajaccio contro i "fanghi rossi,, nel mare I còrsi non vogliono gli scarichi della Montedison Una pacifica marcia su Ajaccio contro i "fanghi rossi,, nel mare Tremila persone hanno sfilato in modo civile per le vie della capitale dell'isola - Si temevano disordini - La tensione rimane forte - Accuse all'industria, ai governi italiano e francese (Dal nostro inviato speciale) Ajaccio, 12 agosto. Ha prevalso il buonsenso: nessun incidente ha turbato la manifestazione di protesta contro i « fanghi rossi » della Montedison di Scarlino. La marcia su Ajaccio, capitale della Corsica, si è svolta in modo ordinato, pacifico, civile. Ad essa hanno partecipato non meno di 3 mila persone, il che non è poco se si considera che la popolazione dell'isola non supera i 200 mila abitanti: una prova di forza, ma nello stesso tempo di reponsabilità che ha attenuato l'amaro ricordo dei gravi disordini scoppiati a Bastia nel febbraio scorso. I dimostranti sono giunti ad Ajaccio alle 18 del pome¬ riggio. Autovetture, pullman, treni speciali erano partiti dai quattro canti della Corsica di buon mattino, avevano fatto una prima tappa a Corte, nell'interno dell'isola, e una seconda tappa, per la colazione al sacco, nella stupenda foresta di Vizzavona, a 1150 metri d'altitudine sul livello del mare. Alle 14,30 il corteo si è rimesso in moto: tre ore di marcia sotto un sole inferocito, termometro a 35 gradi, poi ingresso ad Ajaccio, città di 70 mila abitanti, che in questi giorni ospita non meno di 50 mila turisti. Qui, tutti a piedi per sfilare lungo il Boulevard du Bois Jerome e quello di Sampiero, fino a Place des Palmiers, di ronte al mare. Non una bandiera francese, ma una marea dì bandiere còrse (testa di moro bendata in campo bianco), decine di cartelli e di striscioni con scritte in lingua francese, italiana e còrsa: « Tout le monde il est boue, la Montedison gagne des sous» (Siamo tutti infangati, la Montedison guadagna i soldi), «Diciamo no al fango capitalista ». Non un agente di polizia o un gendarme per le strade, tutti consegnati nei loro quartieri con l'ordine categorico di intervenire soltanto in caso di tumulti. Gli organizzatori della marcia di protesta avevano preso eccezionali misure di sicurezza. Alle 18,30 Place des Palmiers, dominata dalla statua d'un Napoleone dall'aria più corrucciata che imperiale, traboccava di folla. Unico oratore, un esponente del «Comitato anti-fanghi rossi». Sua prima preoccupazione è stata quella d'invitare i dimostranti alla calma (« la Francia, l'Italia, il mondo intero ci guarda»): l'atmosfera era carica di elettricità, gli animi eccitati, c'era il pericolo che un qualsiasi incontrollato scoppio di furore potesse costituire la scintilla per appiccare un incendio di gravi proporzioni. L'appello ha riscosso un fragoroso applauso, ma anche qualche fischio, seguito da un'alzata di pugni chiusi. Poi, l'oratore ha detto quello che doveva dire, e non è stato tenero con nessuno: se l'è presa con la Montedison che inquina il mare, con il governo italiano che l'autorizza ad inquinarlo, con il governo di Parigi che fa finta di niente perché, dal canto suo, lascia fare scarichi come quelli di Scarlino a due stabilimenti francesi (a Marsiglia e nel Canale della Ma nica) senza neppure pretendere la dispersione delle melme ipertossiche al largo delle coste. Concluso il comizio, il corteo ha ripreso la marcia, snodandosi fino al Cours Napo. léon, dove ha sede la prefettura. Mentre una delegazione veniva ricevuta dal prefetto, che è la massima autorità governativa dell'isola, i dimostranti hanno fatto un sit-in sulla strada, davanti ai cancelli sbarrati dell'edificio pubblico, intonando un antico canto còrso, triste e amaro, che parla di « santa libertà », di « fratellanza » e di « giustizia che un giorno verrà ». Poi, ancora lo slogan, scandito in coro, « Montedison assassin », e infine, erano le 19, l'uscita dalla prefettura della delegazione. « Abbiamo detto al pre. fetto — ha riferito al microfono ur. portavoce — che questa è soltanto la prima manifestazione di protesta del popolo còrso contro i "fanghi rossi" dei capitalisti». Filiberto Dani

Persone citate: Napo

Luoghi citati: Ajaccio, Corsica, Francia, Italia, Marsiglia, Parigi, Scarlino