Scenario, l'antica piazza

Scenario, l'antica piazza Scenario, l'antica piazza (Dal nostro inviato speciale) . Verezzi, 22 luglio,. I i i Per : dieci, .giorni all'anno l'antico borgo saraceno di Verezzi, piccola rustica perla dell'entroterra savonese, si anima e torna a vivere dal millenario letargo che lo ha spopolato. Sul finire di luglio si rappresenta, ormai da sette anni; uno spettacolo teatrale all'aperto nella piazzetta Sant'Agostino, su in cima al paese:, dopo Jacopone da Todi e Folgore da San Gimignano, Machiavelli e Molière, Shakespeare e Ben Johnson, stavolta è staio, scelto Goldoni e ieri sera la compagnia «Teatro del Girasole» (diretta da Giancarlo Cobelli) ha debuttato con «L'impresario delle Smirne», Nuvoloni neri come pece hanno fatto dubitare, e tremare, fino all'ultimo. Non sono riusciti a fermare lo spettacolo, ma hanno trattenuto a valle, nei dancing stracolmi del sabato sera, gli spettatori più titubanti. Anche se non piove, poi, il vento, si agita sempre impetuoso tra i portici e le pergole di Verezzi, s'infila a raffica tra le vie, piccole fessure che sembrano squarciare la calce grezza del borgo: venire quassù per uno spettacolo all'aperto è sempre un atto di fede, ed anche i più coraggiosi in maniche di camicia, ad un certo punto della sera indossano il golfino, immancabile indumento del balneare corredo, in. Riviera, Già un'ora prima.dellUnitio (sonfìi,lg. venti %tómta^è.mcoro chiaro) la gente sale a Verezzi: la strada da Borgio è un budello contorto, due auto che si incrociano sono costrette a pericolose acrobazie, i posteggi su in alto limitati e angusti. Sulla soglia di una casa, una vecchia e un cane. Lei sorride a chi passa, il cane abbaia. Si chiama Amelia Bianchi, ha 65 anni, è nata e cresciuta a Verezzi: le sue sere di fine luglio le trascorre tutte così. Per lei lo spettacolo «sono ì signori e le loro dame, che avanzano barcollando sui sassi, tutti ben vestiti, le donne con gli scialli e i tacchi alti». Poi, le. calerà davanti il sipario: «Qui, d'inverno, c'è solo tanto vento, e tanta solitudine». Restano i vecchi Ma giù, alla vecchia Società Operaia Cooperativa, davanti ad una bottiglia di «nostralino»; gli animi non sono così serenamente rassegnati. Si inveisce con furia contro il vincolo della Sovrintendenza, che vieta qualsiasi nuova costruzione a Verezzi e attorno. Mugugni di pensionati e critiche di giovani accompagnano l'allegra sfilata del pubblico sulla via. I giovani, però, alla fine fanno spallucce: loro lavorano giù, nelle industrie di Pietra' o. di Vado, e presto non salviamo (k-llarazzi neppure pe^ms^irS,,hVS99hi, nq, sono nati e moriranno qui. Eccoli: Attilio Tegola, 60 anni, Francesco Berruto, 71 anni, Angelo Maglio, 76 anni, Angelo Patrone, 70 anni. Berruto (con filosofica gravità): «E' bello, sì, che ci àia. questa manifestazione, perché le feste sono meglio che i funerali, ma a noi non ce ne viene in tasca nulla». Maglio (irruente): «L'interesse del ministro dello Spettacolo va bene, ma perché non si occupa di noi il ministro dei Lavori pubblici? Su, nella frazione Crosa e al Foggio, mancano le fognature, gli scarichi corrono nelle strade». Patrone: «Venga a vedere casa mia. Il terremoto dell'anno scorso l'ha crepata tutta, e io non ho i soldi per metterla a posto. Sono venuti a controllare in che condizioni era la chiesa, ma alle case di noi poveri -cristiani non hanno pensato». Tegola:. «E' assurdo mantenere il vincolo. D'accordo, il vecchio borgo va conservato perché dicono ch'è tanto antico e tanto bello, ma al di fuori si potrebbero benissimo costruire delle villette...». Berruto (interrompendolo): «Magari in stile antico...». Patrone: «Lo sa che tanti contadini qui hanno un sacco di terreni, ma muoiono di fame, perché più' che patate e carrube... Se invece lasciassero lottizzare, costruire...». Gli osceni palazzoni, che si scorgono laggiù ai piedi del loro intatto costone roccioso, evidentemente non li spaventano né li preoccupano. Anzi, sentono quasi come una atroce beffa il vincolo della Sovrintendenza, che ha colpito proprio soltanto loro, nella Liguria del caos urbano, delle speculazioni, della mafia edilizia. Quasi per «scusarsi», la provincia di Savona gli ha dato questo spettacolo all'aperto, ma loro non sanno che farsene e, ormai ridotti a un manipolo di duecentocinquanta (da mille e più che erano) battono il chiodo fisso: lasciateci costruire. Maglio (sentenzioso): «Il teatro è bello quando uno sta bene. Io poi, non so nemmeno chi è questo Goldoni...». Berruto: «Ma sì. dai, è un giovane». Patrone: «Non è vero, è morto. Mi pare una decina d'anni fa». Sono le ventidue, è buio e lo spettacolo può incominciare. Ci si guarda in giro: chi c'è? Si attendevano Visconti, Paolo Stoppa, Lina Morelli (cui si deve la prima e unica rappresentazione in epoca moderna de «L'impresario delle Smirne», nel 1957): si attendeva Valeria Moriconì con non si sa bene chi. si attendeva persino Liza Minnelli. che ha una vecchissima zia a Borgio Verezzi: non c'è nessuno di costoro. La scenografia di Giancarlo Bignardi (grandi bauli-camerino dentro cui si svolge la vita dei «virtuosi» protagonisti della • commedia) lascia intravedere il fondale naturale .dfiUa,phie^-e dei paioli.-Ma non abbastanza, secondo certi spettatori abituali di Verezzi: «Gli altri anni — dice Adele Panconi, che è venuta da Albissala con un gruppo di signore sue amiche — s'era rispettata di più la bellezza di questa piazza, che merita davvero uno spettacolo senza scene ». Disorientamento La regia di Giancarlo Cobelli (che ha trasportato il testo di Goldoni in un ambiente fin de siècle, dandogli un gusto sapido di pochade; disorienta non pochi: qualcuno, uscendo, penserà come i pensionati di Verezzi, che Goldoni è morto dieci anni fa. Dietro di me, quattro torinesi — Gina e Franco Bistagno, Patrizia e Giacomo De Michelis — borbottano e disapprovano la caricata recitazione imposta dal regista agli interpreti. Un brivido quando Aldo Reggiani (Pasqualino) si spoglia tutto, ma ha una calzamaglia color carne; un trasalimento quando Marilù Tolo (Lucrezia) compare in mutandine guèpière nera («Non sarà tanto brava, ma accidenti!» si mormora); applausi a scena aperta a Piera Degli Esposti (Annìna) che dà alla sua bolognese ì tratti più vivi e più simpatici; benevola comprensione per Tino Schirinzi (Ali) che recita seduto, con una caviglia' slogata e ingessata. Così, tra una ghignata e un sorriso, un poco di noia e un poco d'allegria, lo spettacolo scivola verso la fine. Carlo Sartori Scenario, l'antica piazza Scenario, l'antica piazza (Dal nostro inviato speciale) . Verezzi, 22 luglio,. I i i Per : dieci, .giorni all'anno l'antico borgo saraceno di Verezzi, piccola rustica perla dell'entroterra savonese, si anima e torna a vivere dal millenario letargo che lo ha spopolato. Sul finire di luglio si rappresenta, ormai da sette anni; uno spettacolo teatrale all'aperto nella piazzetta Sant'Agostino, su in cima al paese:, dopo Jacopone da Todi e Folgore da San Gimignano, Machiavelli e Molière, Shakespeare e Ben Johnson, stavolta è staio, scelto Goldoni e ieri sera la compagnia «Teatro del Girasole» (diretta da Giancarlo Cobelli) ha debuttato con «L'impresario delle Smirne», Nuvoloni neri come pece hanno fatto dubitare, e tremare, fino all'ultimo. Non sono riusciti a fermare lo spettacolo, ma hanno trattenuto a valle, nei dancing stracolmi del sabato sera, gli spettatori più titubanti. Anche se non piove, poi, il vento, si agita sempre impetuoso tra i portici e le pergole di Verezzi, s'infila a raffica tra le vie, piccole fessure che sembrano squarciare la calce grezza del borgo: venire quassù per uno spettacolo all'aperto è sempre un atto di fede, ed anche i più coraggiosi in maniche di camicia, ad un certo punto della sera indossano il golfino, immancabile indumento del balneare corredo, in. Riviera, Già un'ora prima.dellUnitio (sonfìi,lg. venti %tómta^è.mcoro chiaro) la gente sale a Verezzi: la strada da Borgio è un budello contorto, due auto che si incrociano sono costrette a pericolose acrobazie, i posteggi su in alto limitati e angusti. Sulla soglia di una casa, una vecchia e un cane. Lei sorride a chi passa, il cane abbaia. Si chiama Amelia Bianchi, ha 65 anni, è nata e cresciuta a Verezzi: le sue sere di fine luglio le trascorre tutte così. Per lei lo spettacolo «sono ì signori e le loro dame, che avanzano barcollando sui sassi, tutti ben vestiti, le donne con gli scialli e i tacchi alti». Poi, le. calerà davanti il sipario: «Qui, d'inverno, c'è solo tanto vento, e tanta solitudine». Restano i vecchi Ma giù, alla vecchia Società Operaia Cooperativa, davanti ad una bottiglia di «nostralino»; gli animi non sono così serenamente rassegnati. Si inveisce con furia contro il vincolo della Sovrintendenza, che vieta qualsiasi nuova costruzione a Verezzi e attorno. Mugugni di pensionati e critiche di giovani accompagnano l'allegra sfilata del pubblico sulla via. I giovani, però, alla fine fanno spallucce: loro lavorano giù, nelle industrie di Pietra' o. di Vado, e presto non salviamo (k-llarazzi neppure pe^ms^irS,,hVS99hi, nq, sono nati e moriranno qui. Eccoli: Attilio Tegola, 60 anni, Francesco Berruto, 71 anni, Angelo Maglio, 76 anni, Angelo Patrone, 70 anni. Berruto (con filosofica gravità): «E' bello, sì, che ci àia. questa manifestazione, perché le feste sono meglio che i funerali, ma a noi non ce ne viene in tasca nulla». Maglio (irruente): «L'interesse del ministro dello Spettacolo va bene, ma perché non si occupa di noi il ministro dei Lavori pubblici? Su, nella frazione Crosa e al Foggio, mancano le fognature, gli scarichi corrono nelle strade». Patrone: «Venga a vedere casa mia. Il terremoto dell'anno scorso l'ha crepata tutta, e io non ho i soldi per metterla a posto. Sono venuti a controllare in che condizioni era la chiesa, ma alle case di noi poveri -cristiani non hanno pensato». Tegola:. «E' assurdo mantenere il vincolo. D'accordo, il vecchio borgo va conservato perché dicono ch'è tanto antico e tanto bello, ma al di fuori si potrebbero benissimo costruire delle villette...». Berruto (interrompendolo): «Magari in stile antico...». Patrone: «Lo sa che tanti contadini qui hanno un sacco di terreni, ma muoiono di fame, perché più' che patate e carrube... Se invece lasciassero lottizzare, costruire...». Gli osceni palazzoni, che si scorgono laggiù ai piedi del loro intatto costone roccioso, evidentemente non li spaventano né li preoccupano. Anzi, sentono quasi come una atroce beffa il vincolo della Sovrintendenza, che ha colpito proprio soltanto loro, nella Liguria del caos urbano, delle speculazioni, della mafia edilizia. Quasi per «scusarsi», la provincia di Savona gli ha dato questo spettacolo all'aperto, ma loro non sanno che farsene e, ormai ridotti a un manipolo di duecentocinquanta (da mille e più che erano) battono il chiodo fisso: lasciateci costruire. Maglio (sentenzioso): «Il teatro è bello quando uno sta bene. Io poi, non so nemmeno chi è questo Goldoni...». Berruto: «Ma sì. dai, è un giovane». Patrone: «Non è vero, è morto. Mi pare una decina d'anni fa». Sono le ventidue, è buio e lo spettacolo può incominciare. Ci si guarda in giro: chi c'è? Si attendevano Visconti, Paolo Stoppa, Lina Morelli (cui si deve la prima e unica rappresentazione in epoca moderna de «L'impresario delle Smirne», nel 1957): si attendeva Valeria Moriconì con non si sa bene chi. si attendeva persino Liza Minnelli. che ha una vecchissima zia a Borgio Verezzi: non c'è nessuno di costoro. La scenografia di Giancarlo Bignardi (grandi bauli-camerino dentro cui si svolge la vita dei «virtuosi» protagonisti della • commedia) lascia intravedere il fondale naturale .dfiUa,phie^-e dei paioli.-Ma non abbastanza, secondo certi spettatori abituali di Verezzi: «Gli altri anni — dice Adele Panconi, che è venuta da Albissala con un gruppo di signore sue amiche — s'era rispettata di più la bellezza di questa piazza, che merita davvero uno spettacolo senza scene ». Disorientamento La regia di Giancarlo Cobelli (che ha trasportato il testo di Goldoni in un ambiente fin de siècle, dandogli un gusto sapido di pochade; disorienta non pochi: qualcuno, uscendo, penserà come i pensionati di Verezzi, che Goldoni è morto dieci anni fa. Dietro di me, quattro torinesi — Gina e Franco Bistagno, Patrizia e Giacomo De Michelis — borbottano e disapprovano la caricata recitazione imposta dal regista agli interpreti. Un brivido quando Aldo Reggiani (Pasqualino) si spoglia tutto, ma ha una calzamaglia color carne; un trasalimento quando Marilù Tolo (Lucrezia) compare in mutandine guèpière nera («Non sarà tanto brava, ma accidenti!» si mormora); applausi a scena aperta a Piera Degli Esposti (Annìna) che dà alla sua bolognese ì tratti più vivi e più simpatici; benevola comprensione per Tino Schirinzi (Ali) che recita seduto, con una caviglia' slogata e ingessata. Così, tra una ghignata e un sorriso, un poco di noia e un poco d'allegria, lo spettacolo scivola verso la fine. Carlo Sartori

Luoghi citati: Borgio Verezzi, Crosa, Liguria, San Gimignano, Savona, Smirne, Todi