La legge degli altri

La legge degli altri La legge degli altri Pochi mesi e la catena dei sequestri s'allunga: Tortelli di Vigevano, il bimbo Mirko di Bergamo, ora padre e figlia di San Marino. Pagati i riscatti, ì rapiti sono tornati alle famiglie rovinate, i criminali rimangono ricchi e sicuri fra noi. Il gioco diventa facile. Nei tre casi i parenti hanno chiesto alla magistratura e alla polizia di non intervenire, ai giornali e alla radio di tacere. Stato e informazione hanno abdicato al loro compito essenziale. E' giusto? La vita vale più d'ogni cosa. E ciascuno di noi forse sente di non essere un eroe come l'avvocato di New York al quale tempo fa rapirono il figlio. Si presentò alla tv dicendo: «Non verserò un soldo, ma se mio figlio sarà ucciso, darò tutte le mie sostanze per trovare e punire i colpevoli». Il ragazzo fu liberato la notte stessa. Un caso fortunato. In genere, e qui sempre, è la legge dei banditi che s'impone: nel fissare il prezzo, nel condurre la transazione con garanzia dell'impunità, nel decidere il rilascio, e certamente anche sul « dopo ». L'angoscia non si dilegua con la riavuta libertà, il ricordo delle minacce induce a confondere volti, voci e circostanze. In queste condizioni, cominciare le indagini « dopo » è come andare sulla Luna a piedi. Il sequestro di persona è reato complesso, esige tanti uomini addestrati e grandi mezzi per pedinare la vittima, studiare i luoghi, preparare il colpo ed eseguirlo. Un lavoro di mesi. Tutto questo non può passare inosservato. Polizia e carabinieri potrebbero forse iniziare le indagini «prima», ossia prevenire, ma è necessaria la collaborazione dei cittadini. Altrimenti la rabbia e l'orrore della società di fronte ad altri sequestri sarà inutile, e anche un po' ipocrita. Tino Neirotti mi le medicine, immediatamente, il dottore sta male, il mio compagno è morto». L'avvocato racconta: «Una telefonata terribile, forse di un morfinomane. Le donne sono andate in crisi, noi abbiamo cercato di tenere i nervi a posto. Come? Hanno già avuto i soldi del riscatto e invece di sparire se ne stanno Zi e telefonano chiedendo le medicine?». L'avvocato ha un lampo. Domanda: «La parola d'ordine». E spiega: «Avevamo stabilito con i banditi una parola di riconoscimento, ma non l'avevamo mai usata. Ormai ci conoscevamo. Lo sconosciuto ha ceduto di schianto: "Non la so", proprio come un bambino sor- preso a rubare la marmellata». II pazzo ritelefonerà sette volte e finirà per dire a Bonelli: «Vuoi due pallottole? Te le vengo a dare». Sette telefonate che hanno fatto morire sette volte madre e figlia. L'alba è vicina. In casa Rossini si è allo stremo: e se i banditi non mantenessero i patti? Le cinque e un quarto. Squilla il telefono. E' ancora Vicari che afferra il ricevitore. E subito un urlo che esce dalla villa e rimbomba nella campagna circostante. « Giò, Giò ». Si volta e grida a tutti: « Sono loro, sono salvi!». Dina Dominici si avvicina all'apparecchio e dice in un soffio: « Fa presto ». Forse dall'altra il marito non riesce nemmeno a sentirla, ma lei, non riesce a dire altro. Vicari è già saltato su un'Alfa 2000 con un amico di famiglia, Corrado Mularoni, perito in agraria, noto polemicamente fra i giornalisti come « il più cortese del posto di blocco », per i suoi modi bruschi. Ci sono due ore e trenta per arrivare a Poppi ed altrettante per tornare. Arriveranno verso le dieci. L'arrivo a San Marino — Don Decio Foschi, parroco di Chiesanuova appena raccoglie la voce che corre di bocca in bocca, si attacca alle campane. La vallata si sveglia e, senza bisogno di conferme, tutti si avviano verso la villa. Un corteo di donne, uomini e bambini: «Torna il dottore». Don Foschi apre la finestra della canonica e si sbraccia in un segno di gioia. La televisione e i fotografi glielo faranno ripetere decine di volte. Poi con voce commossa dice: « E' il più bel giorno di questi 28 anni trascorsi in parrocchia». Arrivano le auto. — Tre « Giulie » della Stradale che « violano » la frontiera, umiliando la burocrazia. Ma chi le fermerebbe? Non c'è l'Alfa: per la fretta ha « bruciato» i freni ed è stata abbandonata a Ponte Poggio, sulla via del ritorno. Il racconto — Il dottor Rossini e la figlia chiedono ai giornalisti almeno 24 ore prima di incontrarsi con loro. Sono sfiniti. Cosi il racconto che mettiamo insieme è scarno, ma ugualmente drammatico. « Per dodici giorni — ha detto durante il viaggio da Poppi a San Marino Rossella Rossini — siamo stati sempre nello stesso posto: una specie di macchia, eravamo accampati sotto alberi sui quali avevano teso una tela incerata». Una scena che richiama alla mente l'addiaccio dei pastori, la Barbagia sarda, altre storie di rapimenti e di banditi. « Per terra avevano steso della paglia ed avevamo qualche coperta. Così per dodici giorni, poi ci hanno trasferiti. Altri cinque giorni in un'altra zona, con spostamenti più. frequenti. Mangia- Mario Bariona San Marino. Rossella Rossini e suo padre sono tornati a casa. In alto: l'abbraccio tra il medico e la figlia Rossana. In basso: Rossella con un nipotino (Telefoto Ap) La legge degli altri La legge degli altri Pochi mesi e la catena dei sequestri s'allunga: Tortelli di Vigevano, il bimbo Mirko di Bergamo, ora padre e figlia di San Marino. Pagati i riscatti, ì rapiti sono tornati alle famiglie rovinate, i criminali rimangono ricchi e sicuri fra noi. Il gioco diventa facile. Nei tre casi i parenti hanno chiesto alla magistratura e alla polizia di non intervenire, ai giornali e alla radio di tacere. Stato e informazione hanno abdicato al loro compito essenziale. E' giusto? La vita vale più d'ogni cosa. E ciascuno di noi forse sente di non essere un eroe come l'avvocato di New York al quale tempo fa rapirono il figlio. Si presentò alla tv dicendo: «Non verserò un soldo, ma se mio figlio sarà ucciso, darò tutte le mie sostanze per trovare e punire i colpevoli». Il ragazzo fu liberato la notte stessa. Un caso fortunato. In genere, e qui sempre, è la legge dei banditi che s'impone: nel fissare il prezzo, nel condurre la transazione con garanzia dell'impunità, nel decidere il rilascio, e certamente anche sul « dopo ». L'angoscia non si dilegua con la riavuta libertà, il ricordo delle minacce induce a confondere volti, voci e circostanze. In queste condizioni, cominciare le indagini « dopo » è come andare sulla Luna a piedi. Il sequestro di persona è reato complesso, esige tanti uomini addestrati e grandi mezzi per pedinare la vittima, studiare i luoghi, preparare il colpo ed eseguirlo. Un lavoro di mesi. Tutto questo non può passare inosservato. Polizia e carabinieri potrebbero forse iniziare le indagini «prima», ossia prevenire, ma è necessaria la collaborazione dei cittadini. Altrimenti la rabbia e l'orrore della società di fronte ad altri sequestri sarà inutile, e anche un po' ipocrita. Tino Neirotti mi le medicine, immediatamente, il dottore sta male, il mio compagno è morto». L'avvocato racconta: «Una telefonata terribile, forse di un morfinomane. Le donne sono andate in crisi, noi abbiamo cercato di tenere i nervi a posto. Come? Hanno già avuto i soldi del riscatto e invece di sparire se ne stanno Zi e telefonano chiedendo le medicine?». L'avvocato ha un lampo. Domanda: «La parola d'ordine». E spiega: «Avevamo stabilito con i banditi una parola di riconoscimento, ma non l'avevamo mai usata. Ormai ci conoscevamo. Lo sconosciuto ha ceduto di schianto: "Non la so", proprio come un bambino sor- preso a rubare la marmellata». II pazzo ritelefonerà sette volte e finirà per dire a Bonelli: «Vuoi due pallottole? Te le vengo a dare». Sette telefonate che hanno fatto morire sette volte madre e figlia. L'alba è vicina. In casa Rossini si è allo stremo: e se i banditi non mantenessero i patti? Le cinque e un quarto. Squilla il telefono. E' ancora Vicari che afferra il ricevitore. E subito un urlo che esce dalla villa e rimbomba nella campagna circostante. « Giò, Giò ». Si volta e grida a tutti: « Sono loro, sono salvi!». Dina Dominici si avvicina all'apparecchio e dice in un soffio: « Fa presto ». Forse dall'altra il marito non riesce nemmeno a sentirla, ma lei, non riesce a dire altro. Vicari è già saltato su un'Alfa 2000 con un amico di famiglia, Corrado Mularoni, perito in agraria, noto polemicamente fra i giornalisti come « il più cortese del posto di blocco », per i suoi modi bruschi. Ci sono due ore e trenta per arrivare a Poppi ed altrettante per tornare. Arriveranno verso le dieci. L'arrivo a San Marino — Don Decio Foschi, parroco di Chiesanuova appena raccoglie la voce che corre di bocca in bocca, si attacca alle campane. La vallata si sveglia e, senza bisogno di conferme, tutti si avviano verso la villa. Un corteo di donne, uomini e bambini: «Torna il dottore». Don Foschi apre la finestra della canonica e si sbraccia in un segno di gioia. La televisione e i fotografi glielo faranno ripetere decine di volte. Poi con voce commossa dice: « E' il più bel giorno di questi 28 anni trascorsi in parrocchia». Arrivano le auto. — Tre « Giulie » della Stradale che « violano » la frontiera, umiliando la burocrazia. Ma chi le fermerebbe? Non c'è l'Alfa: per la fretta ha « bruciato» i freni ed è stata abbandonata a Ponte Poggio, sulla via del ritorno. Il racconto — Il dottor Rossini e la figlia chiedono ai giornalisti almeno 24 ore prima di incontrarsi con loro. Sono sfiniti. Cosi il racconto che mettiamo insieme è scarno, ma ugualmente drammatico. « Per dodici giorni — ha detto durante il viaggio da Poppi a San Marino Rossella Rossini — siamo stati sempre nello stesso posto: una specie di macchia, eravamo accampati sotto alberi sui quali avevano teso una tela incerata». Una scena che richiama alla mente l'addiaccio dei pastori, la Barbagia sarda, altre storie di rapimenti e di banditi. « Per terra avevano steso della paglia ed avevamo qualche coperta. Così per dodici giorni, poi ci hanno trasferiti. Altri cinque giorni in un'altra zona, con spostamenti più. frequenti. Mangia- Mario Bariona San Marino. Rossella Rossini e suo padre sono tornati a casa. In alto: l'abbraccio tra il medico e la figlia Rossana. In basso: Rossella con un nipotino (Telefoto Ap)

Luoghi citati: Bergamo, Chiesanuova, New York, Poppi, San Marino, Vigevano