Formula 1: secco "no" per l'Italia

Formula 1: secco "no" per l'Italia Formula 1: secco "no" per l'Italia I costruttori non porteranno le loro vetture a Monza ■ Protesta per il "caso Chapman" (nostro servizio particolare) Londra, 8 luglio. (r. s.) Dopo alcuni giorni di silenzio sono cominciate a trapelare a Londra «voci» (di solito molto attendibili) sulla riunione tenuta venerdì In un albergo presso l'aeroporto di Heatrow dal costruttori di Formula 1. Tema dell'Incontro, come noto, era 11 «caso Chapman», ossia l'incriminazione del costruttore Inglese da parte dell'autorità giudiziaria Italiana per la morte di Jochen Rindt. Le decisioni dell'associazione del costruttori sarebbero assai gravi. Essa avrebbe stabilito di non inviare le vetture del suol soci al Gran Premio d'Italia, e questo non per polemica verso Monza ma in generale verso la giustizia italiana. Quindi, no a Monza ma anche a Imola o Misano o Pergusa. I costruttori, sempre secondo autorevoli Indiscrezioni, avrebbero Inviato una lettera ufficiale all'Automobile Club d'Italia, alla Csal e agli organizzatori del Gran Premio spiegando il perché della loro decisione. «Siamo molto dispiaciuti di dover prendere questa decisione — sarebbe scritto nel documento —, da cui retrocederemo soltanto qualora ci fossero date dalle autorità competenti assicurazioni di un diverso trattamento ». La riunione, cui hanno partecipato Colin Chapman e Ken Tyrrell In persona, oltre rappresentanti della Brabham, McLaren, March, Brm e Ferrari (mancavano Surtees, F. Williams, Uop/Shadow ed Enslgn), è durata oltre cinque ore. I vari aspetti del «caso Chapman» sono stati dibattuti a lungo e, alla fine, 1 costruttori hanno votato per il «no» all'Italia. Pare che la decisione sia stata raggiunta all'unanimità, con l'astensione del delegato della Ferrari, Luca Montezemolo. Qui a Londra si attende ora una reazione delle autorità italiane, sportive e non. Forse, ci sarà qualche sviluppo, certo si ritiene che U veto dell'associazione del costruttori sia fermissimo. La decisione del costruttori di Formula 1 era nell'aria. Una settimana fa, a Le Castellet, in occasione del Qran Premio di Francia, avevamo raccolto le prime voci. I piloti erano d'accordo su Monza con le varianti del 72, ma ritenevano opportuno che i loro « patron » prendessero qualche iniziativa per scuotere l'opinione pubblica internazionale e le autorità sportive (e non solo sportive) sulla vicenda Chapman. Ne riepiloghiamo in breve i punti principali. Sabato 6 settembre 1970 l'austriaco Jochen Rindt esce di pista con la sua Lotus-Ford nel rettilineo che im- mette nella curva « parabolica ». / testimoni riferiscono di aver visto la monoposto sbandare e schiantarsi contro il guard-ratl. Il pilota muore quasi sul colpo. I rottami della macchina vengono sequestrati e il tribunale ne affida la perizia all'ing. De Riu, commissario tecnico della Csai. In base a questa perizia Chapman viene accusato di responsabilità dolosa nell'incidente, che sarebbe stato provocato da un guasto meccanico nell'avantreno. Chapman, ora, non mette più piede in Italia e il suo direttore sportivo Peter Warr aveva spiegato a Le Castellet l'atteggiamento della Lotus all'ing. Rogano, presidente della Csat. Adesso la « bomba » è scoppiata. Non è Monza sotto accusa, ma — anche se i costruttori di Formula 1 non lo dicono apertamente — la legge italiana e il modo di amministrarla. Potremmo dire che i britannici st sono uniti al coro generale. Che cosa ci rimproverano? Da quel che abbiamo appreso parlando a Le Castellet con alcuni managers, due cose: che la giustizia «non sportiva» debba interessarsi di un incidente avvenuto in una pista, soprattutto quando non sia coinvolto il pubblico; che dopo tre anni il caso di Chapman non sia stato ancora risolto e si sia appena arrivati ad una incriminazione. Nessun costruttore, visto quel che sta succedendo al patron della Lotus (e quello che in passato è capitato ad Enzo Ferrari), vuole più esporsi al rischio di mandare in Italia vetture di cui è responsabile. « E se a settembre nei Gran Premio succedesse un incidente — pensano Tyrrell e soci —, finirei anch'io sotto accusa. Perché? Meglio non andare a Monza o in altri circuiti italiani ». Un ragionamento piuttosto semplice, che però rischia di mandare all'aria il nostro sport del volante. E non ci sembrano possibili soluzioni alternative. L'associazione dei costruttori avrebbe scritto nella lettera inviata all'Aci di non voler retrocedere dalla sua decisione salvo particolari garanzie di un « diverso trattamento ». Diverso in che senso? La legge è quella che è e nessuna autorità sportiva o no potrebbe offrire garanzie del genere. Se ne deduce, salvo miracoli all'italiana, che non vedremo a settembre il Gran Premio d'Italia. Un'ultima nota. Risulterebbe, sempre alle « voci » londinesi, che la Ferrari si è astenuta al momento della votazione. Secondo noi, ha fatto benissimo: da un lato, probabilmente, avrebbe dovuto sottoscrivere il documento degli altri soci, dall'altro non ha dimenticato la sua italianità. Un compromesso, una volta tanto, da sottoscrivere. Michele Fenu Colin Chapman Formula 1: secco "no" per l'Italia Formula 1: secco "no" per l'Italia I costruttori non porteranno le loro vetture a Monza ■ Protesta per il "caso Chapman" (nostro servizio particolare) Londra, 8 luglio. (r. s.) Dopo alcuni giorni di silenzio sono cominciate a trapelare a Londra «voci» (di solito molto attendibili) sulla riunione tenuta venerdì In un albergo presso l'aeroporto di Heatrow dal costruttori di Formula 1. Tema dell'Incontro, come noto, era 11 «caso Chapman», ossia l'incriminazione del costruttore Inglese da parte dell'autorità giudiziaria Italiana per la morte di Jochen Rindt. Le decisioni dell'associazione del costruttori sarebbero assai gravi. Essa avrebbe stabilito di non inviare le vetture del suol soci al Gran Premio d'Italia, e questo non per polemica verso Monza ma in generale verso la giustizia italiana. Quindi, no a Monza ma anche a Imola o Misano o Pergusa. I costruttori, sempre secondo autorevoli Indiscrezioni, avrebbero Inviato una lettera ufficiale all'Automobile Club d'Italia, alla Csal e agli organizzatori del Gran Premio spiegando il perché della loro decisione. «Siamo molto dispiaciuti di dover prendere questa decisione — sarebbe scritto nel documento —, da cui retrocederemo soltanto qualora ci fossero date dalle autorità competenti assicurazioni di un diverso trattamento ». La riunione, cui hanno partecipato Colin Chapman e Ken Tyrrell In persona, oltre rappresentanti della Brabham, McLaren, March, Brm e Ferrari (mancavano Surtees, F. Williams, Uop/Shadow ed Enslgn), è durata oltre cinque ore. I vari aspetti del «caso Chapman» sono stati dibattuti a lungo e, alla fine, 1 costruttori hanno votato per il «no» all'Italia. Pare che la decisione sia stata raggiunta all'unanimità, con l'astensione del delegato della Ferrari, Luca Montezemolo. Qui a Londra si attende ora una reazione delle autorità italiane, sportive e non. Forse, ci sarà qualche sviluppo, certo si ritiene che U veto dell'associazione del costruttori sia fermissimo. La decisione del costruttori di Formula 1 era nell'aria. Una settimana fa, a Le Castellet, in occasione del Qran Premio di Francia, avevamo raccolto le prime voci. I piloti erano d'accordo su Monza con le varianti del 72, ma ritenevano opportuno che i loro « patron » prendessero qualche iniziativa per scuotere l'opinione pubblica internazionale e le autorità sportive (e non solo sportive) sulla vicenda Chapman. Ne riepiloghiamo in breve i punti principali. Sabato 6 settembre 1970 l'austriaco Jochen Rindt esce di pista con la sua Lotus-Ford nel rettilineo che im- mette nella curva « parabolica ». / testimoni riferiscono di aver visto la monoposto sbandare e schiantarsi contro il guard-ratl. Il pilota muore quasi sul colpo. I rottami della macchina vengono sequestrati e il tribunale ne affida la perizia all'ing. De Riu, commissario tecnico della Csai. In base a questa perizia Chapman viene accusato di responsabilità dolosa nell'incidente, che sarebbe stato provocato da un guasto meccanico nell'avantreno. Chapman, ora, non mette più piede in Italia e il suo direttore sportivo Peter Warr aveva spiegato a Le Castellet l'atteggiamento della Lotus all'ing. Rogano, presidente della Csat. Adesso la « bomba » è scoppiata. Non è Monza sotto accusa, ma — anche se i costruttori di Formula 1 non lo dicono apertamente — la legge italiana e il modo di amministrarla. Potremmo dire che i britannici st sono uniti al coro generale. Che cosa ci rimproverano? Da quel che abbiamo appreso parlando a Le Castellet con alcuni managers, due cose: che la giustizia «non sportiva» debba interessarsi di un incidente avvenuto in una pista, soprattutto quando non sia coinvolto il pubblico; che dopo tre anni il caso di Chapman non sia stato ancora risolto e si sia appena arrivati ad una incriminazione. Nessun costruttore, visto quel che sta succedendo al patron della Lotus (e quello che in passato è capitato ad Enzo Ferrari), vuole più esporsi al rischio di mandare in Italia vetture di cui è responsabile. « E se a settembre nei Gran Premio succedesse un incidente — pensano Tyrrell e soci —, finirei anch'io sotto accusa. Perché? Meglio non andare a Monza o in altri circuiti italiani ». Un ragionamento piuttosto semplice, che però rischia di mandare all'aria il nostro sport del volante. E non ci sembrano possibili soluzioni alternative. L'associazione dei costruttori avrebbe scritto nella lettera inviata all'Aci di non voler retrocedere dalla sua decisione salvo particolari garanzie di un « diverso trattamento ». Diverso in che senso? La legge è quella che è e nessuna autorità sportiva o no potrebbe offrire garanzie del genere. Se ne deduce, salvo miracoli all'italiana, che non vedremo a settembre il Gran Premio d'Italia. Un'ultima nota. Risulterebbe, sempre alle « voci » londinesi, che la Ferrari si è astenuta al momento della votazione. Secondo noi, ha fatto benissimo: da un lato, probabilmente, avrebbe dovuto sottoscrivere il documento degli altri soci, dall'altro non ha dimenticato la sua italianità. Un compromesso, una volta tanto, da sottoscrivere. Michele Fenu Colin Chapman